Awesome Mix – Vol. 2: fasi di musica e di scoperta
Seconda settimana insieme e allora diamo spazio a quelli che sono o sono stati i miei ascolti per lunghi tratti del mio “percorso musicale”, con scoperte a volte fortuite a volte cercate.
Non voglio fingere, non sarebbe onesto, visto le premesse del primo volume uscito la settimana scorsa. Avevo detto che ogni playlist avrebbe avuto un mood centrale o un tema che ne tracciasse una sorta di percorso. Anche questa volta sarà così, sia chiaro, ma non sarà un mood a collegare i pezzi né un reale tema. L’idea originale di questo numero doveva essere legato a quei pezzi che senza apparente motivo entrano di diritto nelle proprie playlist senza uscire per settimane o a volte per mesi. Alla fine, siamo sinceri, abbiamo tutti uno scheletro nell’armadio e anche il più rude dei metallari si può ritrovare inspiegabilmente a cantare Adele sotto la doccia (e se sei tra quei più rudi metallari che in questo momento sta leggendo queste parole non sentirti giudicato, sappi che hai la mia più totale comprensione e anzi hai appena trovato un compagno per il prossimo concerto di Adele se vuoi). E allora dopo tutto questo tergiversare su che è basata la playlist della settimana? Su di me. Egocentrico? Forse un pelo, ma alla fine sono io che scrivo no?
In ogni caso, non sono io il tema della playlist o almeno non in senso stretto. Il tema sono quelle che personalmente definisco delle “fisse musicali” che inspiegabili o meno ti portano a sentire lo stesso artista, lo stesso album o solo lo stesso pezzo per lunghi tratti della propria vita. Considerando che non posso essere dentro ognuno di voi, devo per forza ripercorrere quelli che sono stati i miei ascolti e magari riuscire in un modo o nell’altro ad influenzarvi, perché come esistono i “metallari” che ascoltano Adele possono esistere i fedeli di Adele che si riscoprono amanti dei Pantera. E allora chissà che questo mio percorso non possa influenzare anche il vostro?
Personalmente faccio partire questo mio percorso nel 2008, non perché nei precedenti 16 anni di vita io non abbia ascoltato musica, ma perché reputo gli ascolti precedenti più disinteressati e generalisti. Ascoltavo ma senza la giusta passione e il giusto interesse. EÈ stato il 2008 l’anno in cui ho interagito di più con la musica direttamente e forse il modo migliore per un geek come me di entrarci in contatto è stato proprio tramite i videogiochi. Mi regalarono per la Nintendo Wii un controller a forma di chitarra ed un gioco della saga di Guitar hero, il gioco era incentrato su una sola band per me “nuova”, gli Aerosmith. Se ve lo state chiedendo ero così generalista da non sapere nemmeno chi fosse l’artista che ascoltavo e pur avendoli già sentiti ovviamente, per me la band statunitense era una nuova scoperta. Con loro posso affermare di aver iniziato il mio “viaggio” musicale ed è per questo che sono al primo posto in questa playlist con Love in an elevator, forse una delle canzoni più divertenti da “suonare” di tutto il gioco.
Un po’ come con i propri piatti preferiti, una volta assaggiato il primo boccone non ti stanchi mai di mangiarne. Mi sono riscoperto un fan dell’hard rock a 16 anni e da quel momento non me ne sono staccato per tanto tempo e dopo gli Aerosmith c’è stata una sola band che è rimasta in tutti i diversi iPod che ho avuto e che da qualche mese è anche entrata nella mia piccola collezione di vinili: i Guns N’ Roses. Giustamente penserete che è semplice il collegamento tra le due band e come si possa arrivare da una all’altra, lo riconosco. Ma pensate sempre che ero un ascoltare non attento che si stava appassionando al genere, per me sono stati una totale novità. Paradise City è un classicone che ascoltato da un novellino del genere accoglie gran parte dell’essenza del genere. Passano gli anni e la rabbia e il fermento dati dalla fase adolescenziale vanno via via calmandosi. Internet mi ha aiutato sicuramente molto nella scoperta di nuovi e vecchi brani, ma non pensiamo alla diffusione di oggi con Spotify. Ed è proprio così che entrai in contatto con quello che tutt’ora definisco il mio artista preferito. Bruce Springsteen è talmente onnipresente nei miei ascolti da talmente tanto tempo che non saprei nemmeno dove collocarlo in questo racconto e allora mettiamolo qui in alto al terzo posto che sicuramente non sbagliamo, questa volta con Candy’s Room.
Avevo detto che rabbia e fermento adolescenziali sarebbero andati a scemare? Sbagliato. Qualche piccola briciola, diciamocelo, rimangono sempre. E allora i Rage Against the Machine aiutano sempre a sfogare qualsiasi stato d’animo, sono utili anche quando siete in palestra per una intensa sessione, oppure se volete coprire i rumori dei lavori di ristrutturazione nell’appartamento accanto, metti Guerrilla Radio a tutto volume e sfida le martellate.
Cosa succede se l’esplorazione sfocia nel progressive? Di tutto. Potresti finirne estasiato, come annoiato. Però una cosa è certa: con Maynard James Keenan non ti annoi mai. Con i Tool ho conosciuto una parte di musica sempre nuova e che ancora non sono riuscito completamente ad esplorare. Lateralus, tratta dall’omonimo album, è probabilmente il pezzo che non mi stancherei mai di ascoltare.
Le prossime due scelte in scaletta le racconto insieme. Era il 2013, quando sono andato fino a Milano per un evento che vedeva sul palco 3 band. Due di loro sono in questa playlist, una già ampiamente conosciuta e apprezzata dal sottoscritto, l’altra seppur già molto nota in giro per il mondo, per me era una totale novità. E il bello degli eventi live è proprio questo: far scoprire band e artisti nuovi a chi non li conosce. Certo non andresti mai ad un concerto di un artista non conoscendolo (però se volete un consiglio fatelo! Ne uscireste probabilmente sorpresi), ma in apertura del concerto della tua band preferita ci sarà probabilmente una band che potresti non conoscere e di cui potresti innamorarti allo stesso modo del protagonista di serata. Così è stato per me. Nel 2013 a Milano ho visto per la prima volta dal vivo i System of a Down e prima di loro sullo stesso palco si sono esibiti i Deftones, ed eccoli in ordine inverso inseriti qui con Lost in Hollywood e Acid Hologram.
Vi starete chiedendo sicuramente (o forse no, ma spero comunque di sì): ma tra tutti questi ascolti solo all’estero e niente in italia? Risposta veloce: Si. Risposta più articolata, musica italiana l’ho sempre ascoltata, ma con lo stesso disinteresse che raccontavo all’inizio. Fino ad arrivare ad un momento non precisamente identificato in cui ho scoperto il mondo dell’underground italiano, che poi si sarebbe convertito nell’attuale scena Indie in un modo o nell’altro. Il primo gruppo che ho conosciuto in questo mondo sono stati i Nadar Solo, trio torinese di cui mi sono letteralmente innamorato. I tuoi orecchini me la ritrovo ogni tanto a canticchiare senza apparente motivo.
Dalla band torinese, faccio un ponte in questo universo indipendente, per merito proprio di una collaborazione aggancio i Teatro degli Orrori con La canzone di Tom e penso non serva altra descrizione per loro.
Resto a Torino (sarà un po’ presente in questa playlist da questo punto in avanti), questa volta con un cantautore che ho avuto modo più volte di vedere anche dal vivo. Bianco e la sua Raccontami li ho scoperti nello stesso momento in cui ho conosciuto Nadar Solo. Da allora per diversi mesi la loro discografia non se n’è andata per un bel po’.
Stessa città, periodo di scoperta sicuramente diverso, ma non per questo meno importante, Willie Peyote riesce ad unire al rap quell’universo cantautoriale scoperto con gli artisti citati prima e allora usiamo la sua Portapalazzo per rappresentare una città che sto così tanto sfruttando.
Scendiamo un po’ più a centro Italia, a Perugia con i Fast Animals And Slow Kids con Calci in faccia hanno colmato quel gap che sentivo di avere tra i miei ascolti “esteri” e quelli italiani. Da quel momento molti loro concerti, ascolto prolungato, quattro vinili in libreria. E nonostante abbiano abbandonato le tonalità delle prime uscite, mi sembra quasi di evolvere insieme a loro senza accusarne veramente i cambiamenti.
Torniamo a Torino, un amico ha l’idea di presentarmi due artisti particolari, che hanno un power duo che sul palco dà l’anima. E così dopo un po’ di ascolto su Spotify, vado una sera a Le Mura per un loro concerto. Quel duo sono gli Anthony Laszlo, il loro nome a qualcuno sarà saltato agli occhi dopo la vittoria dei Maneskin allo scorso Festival di Sanremo, ma non entreremo nel merito della faccenda già sciolta dagli artisti stessi. È amore a prima vista, un concerto intenso pur se breve per cause non legate né al locale né alla band: una clochard di zona ha deciso di irrompere nel locale ballando e denudandosi a centro sala. In ogni caso il loro unico disco omonimo è ancora meglio visto live e forse il pezzo a cui sono più legato è Solo se fossi.
Cado un po’ nello stesso cliché della scorsa settimana e inserisco lo stesso artista due volte in versione diversa. Così dopo gli Anthony Laszlo inserisco in playlist Andrea Laszlo de Simone, che dal batterista scatenato nel power duo diventa un cantautore attento, leggero, in grado di toccare i più profondi degli animi. Chi mi segue avrà visto che l’ho seguito un po’ ovunque e ho avuto modo di parlare con lui diverse volte. In questo caso vi lascio solo ascoltare Gli uomini hanno fame.
Lasciamo Torino. Questa band entra ed esce dai miei ascolti in periodi imprecisi, mi hanno accompagnato durante sessioni di allenamento, giornate lavorative, lunghi viaggi in macchina e sicuramente in altre occasioni che non ho ora a memoria. E allora ecco qui i Verdena con Ovunque.
Non sarei onesto con me stesso se non chiudessi con due artisti che come i Verdena entrano ed escono dagli ascolti, ma in maniera sicuramente meno marcata della band bergamasca. E allora chiudiamo questa settimana prima con Ghemon e poi con Salmo, rispettivamente con Criminale Emozionale e Hellvisback.
E se doveste ripercorrere il vostro viaggio nella musica che band e pezzi inserireste?
Se volete recuperare il primo volume andate qui.
Qui sotto trovate la playlist caricata su spotify!