Awesome Mix – Vol. 3: canzoni per protesta o rivolta

Tempo di lettura 6 minuti
Terzo volume della nostra playlist settimanale, questa volta a tema rivoluzione e protesta con le canzoni per accompagnare al meglio un mood battagliero.

I più attenti e sentenziosi di voi in questo momento diranno: “Ma la rubrica non era settimanale? Ne hai saltata una!”. I menefreghisti non se ne saranno nemmeno accorti. I più comprensivi, invece, penseranno che ho saltato un appuntamento perché la rubrica della settimana scorsa sarebbe caduta precisamente in un giorno di festa. 

Volete la verità? Sarei d’accordo con tutte e tre le personalità elencate perché: non mi sono quasi accorto di aver saltato una settimana, quando me ne sono accorto mi sono autodenunciato al nostro editore e infine ho usato la scusa del ponte dei morti per non uscire la settimana scorsa, mio il gioco mie le regole!

Qualunque sia la motivazione, in ogni caso, torno questa settimana con gli interessi e una playlist di 20 canzoni tutte a tema ribellione e rivoluzione. 

Penserete che sia un tema un po’ esagerato e forse anche un po’ troppo politico e non avreste tutti i torti. La mia attenzione nelle ultime settimane, purtroppo, è stata fortemente rivolta verso più aspetti sociopolitici che mi hanno spinto a pensare a tutte quelle canzoni che in un modo o nell’altro hanno una propensione a voler rompere gli schemi sociali e dare una scossa. La musica è anche questo, non solo farci tanto divertire (una citazione per chi la riconoscerà). Perché ho pensato tanto alla politica? Provateci voi a non pensarci quando hai sotto casa una delle principali arterie di Roma chiusa a causa del G20!

Iniziamo questo viaggio nella lotta con una delle band che ha fatto della lotta e della critica politica forse un vero e proprio voto. I Rage against the machine per il secondo numero di fila entrano in playlist, questa volta con Know your enemy. Insieme a loro è giusto concedere di nuovo un posto in scaletta anche ai System Of A Down con la loro Genocidal Humanoidz. La band di Daron Malakian e Serj Tankian troppo spesso viene eccessivamente strumentalizzata, merito anche dell’iconicità di alcuni brani, ma la realtà è che sono sempre stati coinvolti pesantemente nel sociale e nella critica politica, oltre alla loro fortissima attenzione per la commemorazione e il ricordo del Genocidio armeno. Ebbene dopo 15 anni di assenza sono tornati proprio con 2 brani dedicati alla loro terra d’origine e alla sua storia.

Parliamo di critica sociale? Rabbia nei confronti del mondo? Potremmo mai scordarci un intero movimento musicale nato proprio per questo? Ovviamente no! Eccovi il punk britannico nudo e crudo con i Sex Pistols e Anarchy in the UK.

Parlavamo di artisti spesso eccessivamente strumentalizzati, in questo caso invece abbiamo un brano che dal 1984 è causa di incomprensione. Se ve lo state chiedendo, sì per la terza settimana metto un brano del Boss che posso farci? Born in the USA è un brano di forte critica sociale, parla dei veterani del Vietnam e del loro stato di abbandono da parte del governo, ma ogni volta viene visto come un inno patriottico, tanto da essere usato anche dai sostenitori di Donald Trump per “omaggiare” il proprio idolo politico, vabbé inutile continui a dilungarmi in merito.

Incomprensioni? Strumentalizzazioni? Pensate al prossimo brano usato ancora per ballare su diverse spiagge. Parlo di Caparezza e la sua Vieni a ballare in Puglia. Anche qui critica sociale su caporalato, morti bianche e inquinamento a Taranto in una canzone da molti fraintesa ed usata per divertimento. 

Forse mi sono fatto trascinare troppo dal sentimentalismo, perdonerete il momento rancoroso dei fraintendimenti musicali. In ogni caso Caparezza mi ha riportato in contesti sociali a tutti noti e quindi scendiamo un po’ nelle origini del concertone del primo maggio e mettiamo una bella doppietta perfetta per piazza San Giovanni. Modena City Ramblers e CCCP, rispettivamente con Mia dolce rivoluzionaria e Curami.

Chiudiamo questa parentesi italiana e passiamo al Regno Unito. Se si pensa al senso di rivoluzione possiamo non pensare al ‘68? E allora ecco qui che i John Lennon con i Beatles vuole dire la sua su tutto il discusso fermento di quell’anno con la loro Revolution

Dici di volere una rivoluzione, bene, tutti vogliamo cambiare il mondo. Ma quando parli di distruzione, sappi che non puoi contare su di me

E se i SOAD hanno cantato degli eccidi armeni, un’altra band in Europa si è fatta portavoce di un’altra triste parentesi di storia contemporanea, gli U2 con la loro Sunday Bloody Sunday ci raccontano dei tristi eventi della manifestazione di Derry degli unionisti irlandesi.

Facciamo un nuovo passaggio oltreoceano, affacciandoci su un genere che per molti anni è stata la voce delle minoranze, l’hip-hop. Ci sarebbero tantissime voci da poter inserire qui in scaletta, però ho voluto scegliere proprio questi artisti per primi per due motivazioni. La prima è che sarebbe impossibile non menzionarli. La seconda è che insieme agli apripista di questo volume hanno formato una superband, che prende parte alla nostra “battaglia” come con una fusione in Dragon Ball. Le due band sono i Public Enemy e i Cypress Hill, rispettivamente con Fight the power e Rise Up. E se li uniamo con i Rage Against the Machine otteniamo i Prophets of Rage, band composta proprio da Tom Morello, Tim Commerford e Brad Wilk dei RATM, Chuck D e DJ Lord dei Public Enemy e B-Real dei Cypress Hill. Strength in numbers trova quindi il suo angolino nella playlist di questo numero.

Voi penserete che abbiamo esaurito il tema hip-hop visto che abbiamo rialzato i chitarroni con i Prophets. Vi sbagliate di grosso! Perché una menzione la meritano anche gli N.W.A. con la loro Fuck tha police.

E se al genere aggiungiamo un artista che per la sua capacità di scrittura si è aggiudicato anche un pulitzer? Bene otteniamo Alright di Kendrick Lamar diventata un vero e proprio emblema per il movimento Black Lives Matters.

Sembra che i ganci tra un brano e l’altro mi venga naturale, però se vogliamo parlare di rap e tornare al nostro Paese Willie Peyote mi offre un passo naturale con la sua Io non sono razzista ma… direi che non ho bisogno di spiegarmi ulteriormente.

Parliamo di rivolta sociale, di critica, di impegno. Non potevo mancare di citare una band che per anni ha provato a dare voce a storie non a tutti conosciute, cercando di dare forza ad un attivismo sempre più in ombra. E allora io do voce ai Teatro degli orrori con Lavorare Stanca.

Abbassiamo un attimo i toni e passiamo per la voce di Davide Toffolo con i Tre allegri ragazzi morti con Il nuovo ordine.

Se vi chiedessi invece Siete nati per subire voi? La risposta ve la danno gli Zen circus appunto con Nati per subire.

Mentre stilavo la lista quasi me li scordavo, eppure sapevo che erano lì da qualche parte e allora cercavo un modo per dargli quello che meritavano, ma la realtà è che gli Afterhours avrebbero il diritto di essere con larga parte della loro produzione. Allora metto uno dei brani che più ascolto di recente tra i loro lavori: Il mio popolo si fa.

Siamo arrivati alla fine, una band che io personalmente troppo volte metto da parte per poi ritrovare in qualche angolo della mia testa e ricordarmi che devo dargli maggiore peso, e pensare che sono stati tra gli ultimi artisti che ho visto live prima della pandemia. A volte non so nemmeno io che combina la mia testa con gli ascolti, e presto vi farò capire che intendo. Chiudiamo con i Management e La rapina collettiva dall’album McMao.

E voi come rappresentereste la vostra “ribellione”?

 

Se volete recuperare il secondo volume andate qui.

Cristiano Tofani

Qui sotto la playlist sul nostro account Spotify:

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