La Spagna riconosce il diritto di accesso alla procreazione assistita alle persone trans

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Il diritto alla procreazione medicalmente assistita, riconosciuto anche a tutte le donne indipendentemente dall’orientamento sessuale, era stato eliminato dall’ultimo governo del Partito Popolare.

La ministra della Salute, Carolina Darias, ha firmato a inizio novembre il decreto ministeriale con il quale viene nuovamente riconosciuto alle donne single, lesbiche, bisessuali e trans il diritto di accesso alla Procreazione medicalmente assistita (Pma) che l’ultimo governo PP aveva abolito.

La firma è stata apposta nella sede del Ministero alla presenza della direttrice generale del Dipartimento del Sistema Sanitario Nazionale, Patricia Lacruz, della presidentessa della Federazione Nazionale di Lesbiche, Gay, Trans e Bisessuali (Felgbti+), Uge Sangil, e di diversi rappresentanti dei collettivi LGBTI, femministi e giovanili. Darias ha così firmato il decreto ministeriale rendendo partecipi coloro ai quali è stato restituito questo diritto.

Quali sono i precedenti di questo decreto ministeriale?

La legge per la procreazione medicalmente assistita approvata nel 2006 dal Governo di José Luis Rodríguez Zapatero stabiliva che le procedure di procreazione assistita rientravano nel sistema pubblico “in presenza di una diagnosi di sterilità o una specifica indicazione clinica” e aggiungeva che “le donne potevano accedervi indipendentemente dal proprio stato civile o orientamento sessuale”.

Originariamente chi era incluso nella Legge di Procreazione assistita?

La legge si rivolgeva a tutte le donne single, lesbiche e bisessuali, ma non venivano prese in considerazione le persone trans con capacità procreativa, cioè le persone nate con l’apparato di riproduzione femminile che si riconoscono però in una identità di genere maschile, uomini che sono nati donna ma che hanno cambiato ufficialmente sesso.

Cosa ha previsto la riforma voluta dal Partito Popolare?

Nel 2014, durante il primo mandato di Mariano Rajoy, Ana Mato, allora titolare della Salute, annunciò che la legge del Governo Zapatero vigente dal 2006 sarebbe stata modificata per stabilire come condizione necessaria problemi di fertilità, il che lasciava fuori sia le donne lesbiche e bisessuali sia le donne single che avrebbero desiderato farsi carico da sole della maternità. La legge aveva così finalità unicamente terapeutiche per persone con problemi di fertilità, mirava a prevenire la trasmissione di malattie gravi o a proteggere la fertilità in situazioni associate a patologie particolari.

Ne nacquero forti polemiche che la ministra della Salute troncò affermando che “la mancanza di un uomo non è un problema medico”.

Quali Comunità autonome riconoscevano già questo diritto?

Il decreto ministeriale voluto dal Governo Rajoy, poiché da un punto di vista legislativo era di un rango minore rispetto al decreto del 2006, consentiva alle Comunità autonome di decidere se conformarsi o meno.

Di fatto, molte regioni come Andalusia, Canarie, Paesi Baschi, Extremadura, Catalogna e la Comunità Valenciana, hanno deciso di non applicarla. Al contrario di Asturie, Murcia e delle città autonome di Melilla e Ceuta.

La firma del decreto ministeriale arriva dopo che Darias, in occasione del 40° Congresso del PSOE del 16 ottobre scorso a Valencia, aveva annunciato che il Governo avrebbe ampliato quanto prima l’applicazione della procreazione assistita nel sistema pubblico. Il precedente ministro della Salute, Salvador Illa, aveva già anticipato a febbraio 2020, prima della pandemia, il decreto nel corso della prima riunione della Commissione Salute della camera dei Deputati presentando le linee principali di lavoro del suo governo.

Durante il suo intervento la titolare della Salute ha così ribadito il suo “impegno” e la suadeterminazione” nel “cambiare le cose e andare avanti” e ha avuto l’occasione di ringraziare tutte le persone che “lungamente hanno combattuto senza arrendersi” per raggiungere questo traguardo “costato tempo e lavoro”. Ha anche ribadito la sua volontà nel “proseguire con il percorso di consolidamento dei diritti in materia di salute pubblica universale, salute mentale, lotta alla discriminazione per HIV, sospensione delle cure, aborto libero e sicuro e affinché le persone trans smettano di essere considerate malate”.

La ministra ha terminato il suo intervento dichiarando un sentimento di “orgoglio nazionale” di fronte alla costruzione di una Spagna “solidale, responsabile, degna, che offre protezione e tolleranza”. Uge Sangil ha celebrato nel suo intervento l’alleanza del movimento LGBTI, delle organizzazioni femministe, delle organizzazioni giovanili e delle autorità pubbliche sul tema e, guardando al futuro, ha affermato che questo sarà “il primo di altri diritti che vedremo riconosciuti quest’anno”, facendo riferimento alla “legge trans”.

Anche l’attivista transgender Carla Antonelli ha partecipato alla cerimonia con un video registrato in cui ha parlato di “traguardo storico” dal momento che “come donna transgender e democratica, resistente e resiliente al fascismo in tutte le sue forme, credo che ogni momento sia quello giusto per celebrare la diversità”.

Traduzione di Valentina Cicinelli da elmundo.es

Immagine di copertina via Pixabay

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