Myanmar: Aung San Suu Kyi condannata a quattro anni di prigione
La Premio Nobel per la Pace è in carcere dal 1° febbraio, quando i generali hanno rovesciato il suo governo. Rischia molti anni di prigione.
L’ex leader del governo birmano, Aung San Suu Kyi, è stata condannata da un tribunale del Myanmar a quattro anni di prigione per incitamento al disordine pubblico e violazione delle norme sanitarie legate al COVID-19, come ha riferito un portavoce della giunta. Premio Nobel per la pace, deposta dall’esercito a febbraio, «è stata condannata a due anni di prigione ai sensi della sezione 505(b) e a due anni di prigione ai sensi della legge sulle catastrofi naturali», così ha dichiarato il generale Zaw Min Tun.
L’ex presidente Win Mynt è stato condannato alla medesima pena – ha anche detto – aggiungendo che per il momento non saranno condotti in prigione. «Dovranno affrontare altre accuse dai luoghi in cui attualmente soggiornano» nella capitale Naypyidaw – ha aggiunto – senza fornire altri dettagli.
#Myanmar: dura condanna per Aung San Suu Kyi. Le forze armate sono determinate a eliminare ogni forma di opposizione e a distruggere le libertà https://t.co/akappMuJHT
— Amnesty Italia (@amnestyitalia) December 6, 2021
Il governo britannico ha prontamente reagito, qualificando tale condanna come «terribile tentativo […] di soffocare e sopprimere la libertà e la democrazia». Il Regno Unito esorta il regime «a liberare i prigionieri politici, a intavolare il dialogo e a permettere un ritorno alla democrazia» – ha dichiarato la ministra degli Affari esteri Liz Truss.
La condanna di Aung San Suu Kyi «in un processo truccato con una procedura segreta davanti a una corte controllata dai militari non è altro se non politicamente motivata», ha ugualmente denunciato l’alto-commissario dell’Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, secondo la quale non è solo la negazione della libertà del Premio Nobel per la Pace, ma questa condanna «chiude anche una porta al dialogo politico».
Rischia decine di anni di prigione
Aung San Suu Kyi, 76 anni, è detenuta da quando i generali hanno rovesciato il suo governo all’alba del 1° febbraio, mettendo così fine a una breve parentesi democratica in Myanmar. Sotto processo da giugno, è imputata per una moltitudine di infrazioni: importazione illegale di walkie-talkie, sedizione, corruzione, frode elettorale… Diversi osservatori denunciano un processo politico che ha lo scopo di neutralizzare la vincitrice delle elezioni del 2015 e 2020.
La condanna per istigazione è legata alle dichiarazioni, pubblicate poco dopo il colpo di Stato, con cui il partito di Aung San Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia (LND), condannava la presa di potere dei generali. Il capo di imputazione relativo al Covid-19 è legato invece alle elezioni dell’anno scorso, che la LND ha stravinto, ma i dettagli non sono noti, dal momento che la giunta ha imposto il silenzio sui procedimenti giudiziari.
#Myanmar security forces rammed a vehicle into a peaceful protest on Sunday. The U.N. security council should support all possible ways to hold the Myanmar junta accountable for its crimes. (WARNING: Graphic Content) #WhatsHappeningInMyanmar pic.twitter.com/30NYkD0Rir
— Fortify Rights (@FortifyRights) December 6, 2021
Aung San Suu Kyi rischia decine di anni di prigione se viene riconosciuta colpevole di tutti i capi d’accusa. Il prossimo verdetto è atteso per il 14 dicembre, per un’altra infrazione alla legge sulle catastrofi naturali.
Sarebbe tuttavia sorprendente se fosse mandata in prigione.
I giornalisti non hanno il diritto di assistere ai dibattimenti del tribunale speciale nella capitale costruita dai militari, e agli avvocati di Suu Kyi è stato recentemente proibito di parlare ai media. Secondo una ONG locale in difesa dei diritti, più di 1.300 persone sono state uccise e più di 10.000 arrestate nel contesto di repressione della dissidenza a partire dal colpo di Stato.
Ieri alla Corte internazionale di giustizia Aung San Suu Kyi "ha cercato di minimizzare la gravità dei crimini commessi ai danni della popolazione rohingya. Questo tentativo di negare è deliberato, ingannevole e pericoloso”. (1/5)
— Amnesty Italia (@amnestyitalia) December 12, 2019
«Le pesanti pene inflitte a Aung San Suu Kyi sulla base di queste accuse fasulle sono l’ultimo esempio della determinazione dell’esercito a eliminare ogni opposizione e a soffocare le libertà in Myanmar», ha peraltro dichiarato in un comunicato Amnesty International, l’ONG che difende i diritti. «La decisione assurda e corrotta del tribunale è parte di uno schema devastatore di sanzioni arbitrarie che ha visto più di 1.300 persone uccise e migliaia di altre arrestate a partire dal colpo di Stato di febbraio».
Queste condanne «rientrano nella vendetta e nella dimostrazione di potere da parte dei militari», ha detto alla AFP Richard Horsey, esperto di Myanmar all’International Crisis Group. «Sarebbe tuttavia sorprendente se fosse mandata in carcere. È più probabile che sconti questa pena e le successive a casa o in una “guest house” di regime», ha aggiunto.
Traduzione di Sara Concato via lepoint.fr
Immagine di copertina via twitter.com/DDNewslive