È nata la Repubblica di Barbados
Dopo oltre 50 anni dall’indipendenza britannica, arriva la definitiva “emancipazione”: Barbados diventa Repubblica Parlamentare e Sandra Mason ne è Presidentessa.
Nel Novembre del 1966 Barbados, brillante isola del mar dei Caraibi, conquistava l’indipendenza dalla Gran Bretagna dopo 396 anni di Regno. Lo scorso 30 Novembre, 55 anni dopo, Barbados ha festeggiato l’anniversario nel migliore dei modi: diventando Repubblica.
Barbados dice dunque addio alla Regina Elisabetta II, dismettendo vessillo e amministrazioni “Terre della Corona” e ribattezzando le piazze e le strade del Paese. E, soprattutto, salutando Sandra Mason come prima Presidentessa della Repubblica Parlamentare. La Mason, 72enne giudice di formazione e già governatrice del Paese – nonché rappresentante della Regina dal 2018 – è stata eletta ad Ottobre con l’appoggio di due terzi del Parlamento.
La neo-presidentessa si è insediata con parole di orgoglio quando ha spiegato che “I barbadensi hanno scelto una compatriota come capo di Stato: è affermazione di fiducia in noi stessi, in chi siamo e in cosa possiamo raggiungere”. La Mason ha inoltre indicato prospettive future nel sottolineare che “Adesso abbiamo il controllo della nostra nazione, cui dovremo dare spirito e sostanza”.
Barbados became a republic on Tuesday, cutting ties with Queen Elizabeth II and ending nearly 400 years of British rule. The island swore in its first president, Sandra Mason, at a ceremony attended by Prince Charles and Rihanna.https://t.co/7df327EP8u pic.twitter.com/MkRlA2URLF
— The New York Times (@nytimes) November 30, 2021
Barbados, 285 mila abitanti, si autoproclama Repubblica dopo una decisione unidirezionale comunicata alla Regina un anno fa. Tuttavia resterà nel Commonwealth. Del resto non si tratta di un gesto inatteso: già nel 1998 una Commissione costituzionale indicò all’isola la via repubblicana e nel 2015 l’allora premier Freundel Stuart aveva annunciato la transizione in un futuro prossimo. Ebbene: il futuro è oggi.
La capitale Bridgetown ha accolto la sfarzosa cerimonia di insediamento ed inizio del nuovo corso. Per la Gran Bretagna, come era presumibile, è atterrato in terra caraibica il Principe Carlo. “La schiavitù è stata un’atrocità che macchierà sempre la nostra storia”, è stato il suo commento sul fine corso. Quella dell’erede al trono è stata una presenza strategica e politica, ma certamente non gradita ad una folta parte della popolazione locale. Diversi, infatti, i gruppi di protesta che si sono mossi per l’occasione.
Tra questi, il Movimento Caraibico per la Pace e l’Integrazione. Il Segretario David Danny non ha usato mezzi termini a riguardo: “La famiglia reale ha beneficiato della schiavitù nelle Barbados. La visita di Carlo d’Inghilterra è un insulto irritante. Non chiediamo solo denaro – ha continuato – ma chiediamo scuse e aiuto concreto, perché la riparazione è necessaria per trasformare la nostra società”. Sulla stessa lunghezza d’onda si è presentato Trevor Prescod, presidente della Commissione Nazionale per le Riparazioni: “Auguro a Barbados la migliore fortuna e confido in che questo possa risvegliare la coscienza del Principe Carlo”.
Rihanna honoured as National Hero of Barbados by Barbados prime minister as Barbados becomes a republic after almost 400 years. pic.twitter.com/JUBtu2xaUb
— SIKAOFFICIAL🦍 (@SIKAOFFICIAL1) November 30, 2021
Il processo di riparazione è un concetto chiave nel rapporto tra stati sovrani ed ex colonie, e negli ultimi mesi ha goduto di forte propulsione ed appoggio grazie a Black Lives Matter. L’impegno che la Caricom Reparations Commission ricevette in passato dai diversi capi di governo caraibici contempla diversi punti: dalle scuse formali e la riabilitazione psicologica per i cittadini, all’intervento diretto per contribuire allo sviluppo, alla lotta all’analfabetismo, il trasferimento del know-how tecnologico e la cancellazione del debito. Obiettivi ancora in gran parte da raggiungere.
Ricordiamo che Barbados fu una delle prime colonie di schiavi d’Inghilterra: gli inglesi occuparono per la prima volta l’isola nel 1627, dove trasferirono in modo coatto persone dall’Africa rendendole, appunto, schiave. All’isola furono destinate circa 600 mila dei 12 milioni di deportati.
La schiavitù sostentò le piantagioni di zucchero: un indotto che ancora oggi, insieme a rum e turismo, sostanzia l’economia del paese. Il sistema schiavista fu abolito nel 1834 e il Paese divenne completamente indipendente nel 1966, come abbiamo visto. Ma un abominio perpetrato per così tanto tempo ha effetti che ancora oggi si fanno sentire: un forte dislivello socioeconomico tra la popolazione e un’economia con limitati canali di sbocco (l’agricoltura è basicamente monocoltura) che sono la causa per una forte emigrazione verso Stati Uniti, Canada e UK tra tutti.
Barbados segue l’esempio di Mauritius (1992), Trinidad e Tobago (1976), Dominica (1978) e Guyana (1970). Adesso l’attenzione è puntata sulla Giamaica, il cui premier Andrew Holness ha già messo in agenda l’addio alla Corona.
Immagine di copertina via twitter.com/annapykett