Gabriel Boric è il nuovo presidente del Cile

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L’ex leader studentesco ha vinto il secondo turno delle elezioni con il 55,9% dei voti, davanti al candidato di estrema destra José Antonio Kast. Promette di andare verso uno Stato sociale ma non sarà un compito facile, senza maggioranza sufficiente in Parlamento.

Dai primi risultati di domenica sera, centinaia poi decine di migliaia di persone hanno iniziato a convergere nel centro di Santiago, sotto i colori delle bandiere del Cile, dei popoli autoctoni e di quelle della comunità LGBTQ+. «El pueblo unido jamás sera vencido», grida la folla aspettando il futuro presidente, Gabriel Boric, il più giovane della storia del Cile.

Poco prima delle 22, eccolo apparire sull’Alameda affollata, proprio quel viale in cui, con altri parlamentari della sua generazione, si è fatto conoscere dieci anni fa, in testa alle manifestazioni per l’istruzione gratuita.

«La nostra generazione è entrata nella vita politica esigendo che i nostri diritti siano riconosciuti come tali e non trattati come beni di consumo», ricorda, dopo aver salutato i suoi sostenitori nella lingua autoctona del popolo mapuche, il principale popolo indigeno del Cile (9,6 % della popolazione). Il presidente trentenne elenca le sue proposte di riforme sociali, concernenti la sanità, le pensioni e l’istruzione. Settori che sono stati interamente o parzialmente privatizzati sotto la dittatura del generale Pinochet (1973-1990), che ha imposto riforme neoliberiste nel paese. «Non vogliamo che qualcuno continui a fare affari con le nostre pensioni», assicura il neoeletto, in riferimento al sistema pensionistico privato a capitalizzazione. «Difenderemo un sistema pubblico, autonomo, non a scopo di lucro e senza fondi pensione privati», conclude acclamato dalla folla.

Se i sondaggi realizzati nelle ultime settimane davano per la gran parte Gabriel Boric vincitore delle elezioni, la distanza con il rivale sembrava ridotta negli ultimi giorni. Il deputato del Frente Amplio («fronte ampio»), alleato con il partito comunista e sostenuto dalla sinistra tradizionale, alla fine ha staccato di molto il candidato di estrema destra José Antonio Kast (44,1 %), difensore storico della dittatura e del neoliberismo, ultraconservatore sulle questioni sociali.

Un successo tanto più netto poiché accompagnato da una un’altissima partecipazione, un record da quando è stato istituito il voto volontario nel 2009. Un’affluenza del 55,6 %, contro il 47 % del primo turno.

Superato da José Antonio Kast il 21 novembre, Gabriel Boric è riuscito a smuovere consensi fra i due turni grazie a un’intensa campagna sul campo. «Ha incluso nella sua squadra profili più moderati, economisti socialdemocratici e la presidente dell’ordine dei medici», aggiunge per Libération Claudio Fuentes, ricercatore in scienze politiche all’università Diego-Portales di Santiago. In contrasto dunque con il discorso del suo rivale di estrema destra, che assicurava che il futuro del Cile nel corso di queste elezioni si sarebbe giocato fra «la libertà o il comunismo».

«Gabriel Boric sembra essere riuscito a mobilitare particolarmente i giovani, gli elettori delle grandi città e le classi da medie a popolari», analizza Claudio Fuentes. Il voto delle donne è stato probabilmente significativo, dato che José Antonio Kast è apertamente ostile al diritto all’aborto (anche in caso di stupro) e che precedentemente al primo turno proponeva di cancellare il ministero della Donna e dare aiuti sociali alle donne sposate piuttosto che a quelle nubili.

Nel centro di Santiago, Rosa Maria Ahumada, 65 anni, è venuta a festeggiare la vittoria del suo candidato. Questo mandato «è l’opportunità di concretizzare la nuova Costituzione» la cui redazione è iniziata a luglio e di cui Gabriel Boric è un fervente difensore. «E di cambiare il nostro paese, perché il Cile è troppo inegualitario», denuncia Rosa Maria Ahumada.

In Cile l’1% degli abitanti più ricchi percepisce circa il 30% dei redditi del Paese. È una delle ragioni che ha portato all’insurrezione dell’ottobre 2019 poi all’elezione di un’assemblea costituente quest’anno. Il nuovo testo sarà sottoposto a referendum l’anno prossimo e potrebbe sostituire la costituzione attuale, ereditata dall’era Pinochet.

Malgrado la netta vittoria, l’impresa di Gabriel Boric, finora deputato di Punta Arenas in Patagonia, non sarà facile. Il Parlamento eletto il mese scorso è molto frammentato. Né la coalizione che va dalla destra all’estrema destra né i partiti dell’unione della sinistra hanno una chiara maggioranza. Il futuro presidente, che entrerà in carica l’11 marzo, dovrà quindi negoziare con l’opposizione per mettere in pratica le sue riforme chiave. Rischia di essere atteso al varco su sicurezza e immigrazione, i temi di campagna che hanno fatto il successo di José Antonio Kast al primo turno.

Anche sul piano economico il futuro capo dello Stato cileno dovrà convincere. Per l’anno prossimo la crescita si preannuncia debole, intorno al 2,5 % secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale, e il bilancio statale sarà in calo del 22,5 % rispetto al 2021. Sapendo di essere molto atteso su questo fronte, domenica Boric ha anche assicurato di rimanere «fiscalmente responsabili».

 

Traduzione di Sara Concato via liberation.fr

Immagine di copertina via twitter.com/FerdinandoC

 

NB: il titolo originale dell’articolo di Libération è “Presidenziali in Cile: il candidato di sinistra Gabriel Boric eletto con affluenza storica”

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