“Il luogo della parola”: il femminismo raccontato da Djamila Ribeiro

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La filosofa e giornalista femminista brasiliana ne “Il luogo della parola” mette in luce lotte e resistenza delle donne nere e/o latine.

Il luogo della parola di Djamila Ribeiro, pubblicato in Italia da Capovolte, è il primo libro della collana brasiliana Femminismi plurali (nella versione originale) che nasce con l’idea di far circolare la produzione intellettuale delle donne nere e/o latine mettendone in luce le lotte e la resistenza al tentativo di delegittimarne il sapere e il pensiero filosofico. Femminismi plurali intende decolonizzare il sapere dentro e fuori le università e i luoghi di formazione istituzionali volendo far circolare testi e saggi tra gruppi di persone non elitari e a prezzi più accessibili.

Come spiegato dalla filosofa e giornalista femminista nell’introduzione al saggio, Il luogo della parola è pensato per il grande pubblico e vuole far riflettere sul femminismo nero per superare le differenze che talvolta sovrastano il pensiero della nostra società disuguale e poter quindi immaginare e pensare un nuovo modello di società. È un tentativo concreto e necessario di divulgare la produzione intellettuale delle donne nere, le quali sono da sempre “soggetti ed esseri attivi che storicamente hanno prodotto resistenza e ri-esistenze”.

Ribeiro spiega e analizza riprendendo dalla filosofia di Simone de Beauvoir il concetto secondo il quale tra uomini e donne vige una relazione di sottomissione di queste ultime e di dominazione da parte dei primi poiché le donne vivono una concezione di malafede e si lasciano attrarre dagli uomini che le vedono e le desiderano solamente in quanto oggetto. Simone de Beauvoir fonda la categoria dell’altro beauvoiriano considerando il dualismo stesso/altro.

il luogo della parola

Per migliorare davvero l’indice di sviluppo umano di una città e/o di un paese è necessario migliorare l’indice di sviluppo umano di quei gruppi di popolazione cosiddetti vulnerabili, tra i quali sono annoverate le donne nere, che sono parte di una società che produce disparità. Allo stesso modo è importante analizzare e segnalare le differenze che esistono anche tra le donne di una stessa società affinché questi gruppi di persone siano visti, e non privati di uno sguardo politico che possa davvero migliorarne lo stile e la qualità della vita.

“Se non si dà nome a una realtà, nemmeno si penserà a dei miglioramenti per una realtà che resta invisibile!”

Patricia Hill Collins nelle sue analisi del femminismo nero si rifà all’importanza per le donne nere, e per il movimento femminista tutto, di autodefinirsi per meglio determinarsi nel mondo. La Collins fa suo il concetto di outsider within riconsiderando questa terminologia come “significato sociologico del pensiero femminista nero”. Attraverso la definizione di forestiero interno si può meglio comprendere il significato di ciò che è il luogo della parola e di quello che questa parola rappresenta nel mondo e all’interno di un più ampio movimento femminista. Definendo l’outsider within la Collins vuole spiegare che tale è la definizione della donna nera in quanto soggetto politico nella società e che è ancora più importante imparare a sfruttare questa posizione da outsider. Le outsider within sono riuscite nel tempo a mettere in luce nuove forme di socialità che seguono, e devono seguire, il racconto di quelle che sono state le oppressioni, diventate poi endemiche e strutturali, da parte della società nel corso degli anni.

Un’altra grande femminista è Audre Lorde, la quale sottolinea che non bisogna concedere lo spazio della legittimazione al potere che si vuole condannare. La Lorde scrive un saggio dal titolo Gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone nel quale si sottolinea che è necessario “uccidere il ruolo dell’oppressore dentro di noi”. In questo discorso pronunciato da Audre Lorde nel 1979 alla New York University, la femminista sottolinea anche l’importanza per le donne di acquisire una maggiore responsabilità nella lotta al riformismo e nell’impegno a voler vedere in atto una profonda trasformazione della società.

Perché scrivo?

Perché devo.

Perché la mia voce

in tutti i suoi dialetti

è stata silenziosa per troppo tempo.

Jacob Sam – La Rose

Nella parte centrale del saggio, quella che spiega il discorso analizzando il luogo della parola, la Ribeiro introduce il capitolo ragionando su quale sia il luogo sociale che le donne nere occupano nella società e in quale modo esso possa essere utile alla società stessa. L’autrice spiega il discorso secondo la nozione di Foucault e cioè come “un sistema che struttura un determinato immaginario sociale”, dal momento che l’analisi che caratterizza il discorso ragiona sempre e comunque anche di potere e di controllo. La nozione di discorso viene definita da Foucault come segue: “Suppongo che in ogni società la produzione del discorso è insieme controllata, selezionata, organizzata e distribuita tramite un certo numero di procedure che hanno la funzione di scongiurare i poteri e i pericoli, di padroneggiare l’evento aleatorio, di schivarne la pesante, temibile materialità”.

Nel suo libro Djamila Ribeiro vuole spiegare al lettore il concetto di “luogo della parola” così come inteso da altre filosofie e da altri filosofi come l’avanzare di un discorso portato avanti da gruppi minoritari e senza voler svuotare di significato la militanza del mondo virtuale, pur avendo bene in mente che molto spesso concetti importanti vengono svuotati di senso in virtù della velocità e dell’urgenza generata dai social network.

Partendo dalla teoria femminista viene spiegata la teoria per la quale il femminismo nero può avvalersi del luogo della parola che necessita dell’identificazione di coloro che propongono tale luogo della parola, soprattutto al fine di capire tutte quelle realtà minoritarie le cui istanze sono rimaste inascoltate, data l’imposizione della norma egemonica.

Il capitolo centrale del saggio prosegue con una critica al pensiero di Hekman così come spiegato dalla Collins in un articolo del 1997 dal titolo Commento all’articolo di Hekman “Verità e metodo: la teoria del feminist standpoint rivisitata: dov’è il potere?. Secondo la Collins la teoria femminista va discussa e spiegata a partire dalle localizzazioni dei gruppi nelle relazioni di potere. Questi gruppi minoritari dovrebbero essere intesi come elementi della struttura sociale che favoriscono una differenziazione all’interno del tessuto sociale e che non distinguono le identità usate soprattutto per etichettare gli individui per creare una gerarchia tra gruppi maggioritari e gruppi minoritari.

Citando nuovamente Collins, Ribeiro spiega in che modo la segregazione razziale negli Stati Uniti abbia creato una netta distinzione nella maggior parte degli ambiti della società, a partire dai quartieri segregati, nell’educazione, nel tempo libero, nel sistema sanitario fino alla possibilità di accesso alle università. Collins ci spiega anche che “è la localizzazione sociale comune nelle relazioni gerarchiche di potere a creare gruppi e non il risultato di decisioni collettive prese da individui all’interno di questi gruppi”. Ciò sta a significare che pur esistendo varie forme di organizzazione politica, culturale e intellettuale, mancano invece le giuste condizioni sociali che permettono a tutti la stessa visibilità, possibilità di accesso e legittimità.

La domanda posta dalla Ribeiro è se e quante possibilità vengano effettivamente offerte ai neri: quanti autori neri vengono studiati o letti nelle classi, quanti professori o professoresse nere abbiamo avuto la fortuna di incontrare durante il nostro percorso scolastico, quante e quanti giornalisti neri conosciamo nelle redazioni, sia piccole e alternative sia grandi e mainstream.

È risaputo che alla popolazione nera è impedito l’accesso a certi spazi. È qui che la Ribeiro ritiene che si possa parlare del luogo della parola proprio partendo dal feminist standpoint, sempre a partire dagli studi della Collins ne Il pensiero nero femminista: conoscenza, consapevolezza e politica dell’empowerment.

Vale a dire che, mancando l’accesso a certi spazi per alcuni gruppi, manca anche la produzione e l’epistemologia di tali gruppi in questi stessi spazi. Se questi gruppi non sono presenti dentro le università, nei gruppi politici, nei mezzi di comunicazione, ciò impedisce ai singoli individui di esprimere la propria voce. Lo stesso vale per coloro che hanno un accesso più ampio a internet. Il parlare viene visto come luogo nel quale poter esistere. Poter parlare, avere questo luogo di parola nel quale esistere permette ad esempio di rifiutare la storiografia tradizionale e, allo stesso modo, rifiutare la gerarchizzazione dei saperi risultante dalla gerarchia sociale. È da qui che nasce l’idea secondo la quale dovrebbe esistere per tutti un locus sociale che darebbe a tutti il diritto di vivere in modo dignitoso avendo ognuno una propria voce. Allo stesso tempo Ribeiro ricorda che la Collins non nega affatto la dimensione individuale e che “occupare lo stesso luogo nelle relazioni di potere gerarchiche non implica per forza l’avere le stesse esperienze“. Ci si riferisce qui a una discussione che dovrebbe essere definita strutturale e non post-moderna.

L’agire in modo archetipicamente post-moderno implica che tutte le azioni vengano poste sul piano dell’esperienza individuale, mentre al contrario bisognerebbe riflettere ancora e meglio sul concetto di locus sociale. Un esempio molto concreto che il lettore troverà ne Il luogo della parola è quello che spiega benissimo che, rispetto a quanto si potrebbe erroneamente pensare, non tutte le persone nere hanno piena contezza o piena consapevolezza di quelle che sono le conseguenze del razzismo, né tutte riescono a riflettere su questi concetti sviluppando un pensiero critico e filosofico. Ci sono persone che potrebbero arrivare a dire di non essere mai state discriminate, di non avere esperienza di razzismo e di non averlo mai subito. Ma il fatto che queste persone dicano di non aver mai subito episodi di razzismo non vuol dire che queste persone abbiano avuto effettivamente le stesse opportunità e gli stessi diritti di altri gruppi per lo più dominanti da un punto di vista sociale e/o politico.

 

Poesia nei panni della donna

Quando ho visto le donne sul palco

Alla Convenzione per il Suffragio della Donna,

l’altro giorno,

Ho pensato,

Che tipo di riformiste siete voi?

Con le ali d’oca in testa,

come se foste pronte ad alzarvi in volo,

vestite in modo così ridicolo,

parlando di riforma e di diritti delle donne?

Sarebbe meglio che vi riformaste prima voi stesse

Ma Sojourner è un vecchio corpo,

che presto se ne andrà da questo mondo

e quando arriverà in quell’altro,

vorrà solo dire

Signore, ho fatto il mio dovere,

ho detto tutta la verità,

senza tralasciare nulla.

Sojourner Truth

 

Il luogo della parola
Djamila Ribeiro
Capovolte
Pag.112 – € 12,00

Maria Laura Canori

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