In Kazakistan una blogger aiuta le persone a mettersi in contatto dopo l’oscuramento di internet

Tempo di lettura 4 minuti
La blogger Kunekei Nurlan sta cercando di aiutare le persone a contattare i parenti nel mezzo di una interruzione di internet in Kazakistan.

Quando in Kazakistan sono scoppiate rivolte e scontri con la polizia, la celebre blogger Kunekei Nurlan ha scoperto con sorpresa che solo un esiguo numero di follower dall’estero stava vedendo le sue Stories. «Hanno cominciato a scrivere: ‘Il Kazakistan è come isolato dal mondo, non riusciamo a raggiungere i nostri parenti. Perché tu sei online?’» ha riferito Kunekei Nurlan a Euronews.

La blogger, per via della VPN sul suo telefono, non si era accorta che le autorità avevano chiuso internet nell’intero Paese. Ma gran parte dei kazaki si sono ritrovati nell’impossibilità di contattare i loro cari o di trovare informazioni su ciò che stava accadendo. «Mi sono resa conto che io avevo accesso alle informazioni, alle persone» ha detto Nurlan, che preferisce usare uno pseudonimo.

In connessione con mio fratello

Amici e conoscenti bloccati negli aeroporti in altri paesi hanno iniziato a contattare la blogger nel mezzo della crisi. «Mi chiedevano di chiamare amici e genitori perché i servizi di telefonia mobile e fissa in Kazakistan funzionavano», ha detto Nurlan. «Abbiamo usato i nostri numeri per chiamarli, per chiedere e dar loro messaggi come: ‘Marat ora è in Germania e non riesce a prendere voli’».

Ha iniziato a ricevere più messaggi sui social media, non solo da amici e conoscenti: «Non potevo fisicamente più chiamare tutti da sola. Ho finito i soldi sul telefono, le app e i terminali della banca non funzionavano, e stavamo tutti in casa, nessuno usciva». A Nurlan è venuto in mente di creare un gruppo su Telegram, una delle più famose app di messaggistica nel Paese. «Ho rapidamente annunciato che stavo cercando volontari muniti di accesso a internet per mettere in contatto le persone perché la cosa peggiore è quando non hai nessuna notizia», ha detto.

Le sono arrivate centinaia di candidature non solo dal Kazakistan ma anche da altri paesi: Russia, Uzbekistan, Turchia e stati membri dell’Unione Europea. In pochi giorni soltanto, è apparsa la comunità «Bauyrmen Bailanys», che in kazako vuol dire «in collegamento con un fratello». Nel momento in cui scrivevamo il canale Telegram aveva più di 13.000 iscritti.

‘Psicologicamente difficile’

La maggior parte dei messaggi contiene un nome, un numero di telefono e una richiesta di chiamare per vedere se la persona sta bene. «Molti dei nostri cittadini all’estero non riescono a contattarci perché alcuni non sanno come usare Skype, altri non sanno come usare varie app», dice Nurlan, che è di Almaty, la città più grande del paese. Solo venerdì 7 gennaio il gruppo ha ricevuto più di 3.700 richieste, e i volontari sono riusciti a contattarne la maggior parte.

Se il primo giorno a malapena trasmettevano notizie difficili, con l’afflusso delle richieste, la situazione ha iniziato a cambiare. «Oggi, ad esempio, siamo stati contattati da dei medici. Hanno detto che c’era un uomo in coma all’ospedale e che stavano cercando i suoi familiari», ha detto Nurlan. La squadra di Bauyrmen Bailanys adesso ha circa 50 volontari, ma Nurlan dice che è lei a gestire la maggior parte delle richieste difficili.

«Psicologicamente è dura perché ci sono messaggi di ogni genere. Diversi volontari hanno chiesto un aiuto psicologico», ha detto. Le proteste innescate dall’innalzamento dei prezzi del gas sono iniziate in Kazakistan occidentale il 2 gennaio e in una settimana si sono diffuse in tutto il Paese.

Decine di persone sono morte negli scontri, e centinaia ferite. La capitale economica, Almaty, dove abitano circa due milioni di persone, è stata particolarmente colpita dai disordini. Negozi, stazioni di benzina e terminali di banca hanno funzionato a fatica per giorni nella città a causa dei tumulti. «È molto triste vedere la tua città in tale stato. È molto dura, specialmente quando non sai cosa sta succedendo ai tuoi cari», ha detto a Euronews Irina, volontaria del progetto dalla Repubblica Ceca.

«Sono momenti difficilissimi per tutti noi, aspettiamo di avere la connessione quando qualcuno ci comunica tramite amici o parenti che sono riusciti ad arrivare da qualche parte Nurlan dice che lavorare per aiutare gli altri l’ha aiutata nel profondo. «Nei due giorni scorsi, ci sono stati talmente tanti messaggi con la frase ‘Dite che voglio bene a mamma, a papa, a tutti’. Gli tornano così tante parole di amore e supporto; è un’energia pazzesca», ha detto. «Quello che i volontari fanno quando chiamano è uno sforzo immane».

Intanto dopo 5 giorni di blackout, scrive BBC, ad Almaty la rete è tornata in funzione.

Traduzione di Sara Concato via euronews.com

Immagine di copertina via twitter.com/ladeegcake

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