“La tigre di Noto”: il coraggio e la determinazione di Anna Maria Ciccone
Pubblicato da Neri Pozza nel 2021, “La tigre di Noto” è il romanzo di Simona Lo Iacono che ricostruisce le vicende di Anna Maria Ciccone, tra le primissime donne a studiare matematica e fisica e a sviluppare un percorso professionale incentrato su queste materie.
La storia di Anna Maria Ciccone (chiamata anche Marianna) è narrata attraverso una scrittura poetica ed evocativa che mette al centro delle vicende non solo la ricercatrice ma anche la donna.
La vita della ricercatrice, come precisato in una nota finale, si àncora a fatti reali e documentati: i successi accademici della protagonista, il viaggio a Darmstadt e l’incontro con Herzberg (premio Nobel molti anni dopo) fino alla vicenda con i nazisti. Le vicende umane, invece, sono ricostruite e immaginate dalla sensibilità dell’autrice che riesce a dare vita a un personaggio assolutamente verosimile nel suo essere forte e fragile al contempo.
La narrazione è affidata a una prima persona, una voce – quella della protagonista – che lentamente sfoglia un libro di fotografie, le passa in rassegna, ne accarezza i bordi e ne indica i particolari. La mente, allora, vaga tra ricordi del passato, ne evoca gesti, voci, odori. E, soprattutto, la luce. La storia di Anna Maria Ciccone si dipana attraverso le pagine. La sua vita da bambina si intreccia, in un susseguirsi avanti e indietro di piani temporali, con quella di lei ragazza e poi donna, con gli studi e con le vicende della Storia che incombe.
Sapevo bene che disapprovavano la mia curiosità per i libri e per i numeri. Mia madre me lo diceva sempre: Marianna, meglio che impari a ricamare al telaio, piuttosto che consumare l’unico occhio buono con la lettura.
La giovane Marianna è decisa a non rimanere in Sicilia e a non farsi intrappolare nel destino già prescritto di moglie e madre.
Finita la scuola superiore si trasferisce a Roma per studiare matematica all’Università La Sapienza, unica donna. Determinata, ma anche figlia ferita da una madre anaffettiva e dalla decisione dei genitori di cancellarla dalla loro vita dopo la partenza per Roma.
Lei non mi prestava attenzione[…] Le trottavo dietro al mercato, in chiesa al camposanto. Ovunque andasse, assestavo il mio passo sul suo, raddoppiando per starle di fianco.
Mia madre non mi dava mai la mano.
L’autrice crea così un personaggio tanto delicato quanto determinato, una bambina, poi ragazza e poi donna che sempre bramerà le attenzioni di una madre che non ne concede.
E che capisce presto che “nascere uomo segnava un anticipo di fortuna. Per me invece era tutto difficile”.
Si lega così a figure “materne” in qualche modo suppletive: Rosa, la domestica di famiglia, e la Cate, la padrona della pensione in cui vive a Pisa.
Bellissima la scena in cui, scrivendo alla lavagna una serie di formule durante la dissertazione della tesi di laurea, dentro di sé recita una preghiera, quasi un incantesimo magico, e spera di trovare, voltandosi, i genitori tra il pubblico.
Il gesso correva veloce, lasciava cadere polvere bianca, una cenere che simulava tutto lo sfarinarsi della mia anima. Mamma. Mamma. Mamma. Ogni numero invocava quel nome, ogni formula era una richiesta di aiuto.
Nel frattempo, all’inizio del suo percorso universitario, scoppia la prima guerra mondiale e lei si trasferisce con una borsa di studio a Pisa. Si laurea prima in matematica e poi in fisica. È tra le prime a sostenere le tesi di Einstein. Tra le due guerre si reca in Germania, a Darmstadt, dove collabora con un futuro premio nobel, Gerhard Herzberg, e approfondisce gli studi in spettroscopia. Sono gli anni trenta, l’aria è impregnata di una tensione leggera ma sempre più tangibile. Il nazismo e le sue istanze si stanno affermando.
Marianna capisce presto l’importanza e la vulnerabilità di libri e biblioteche di fronte all’avanzata nazista.
Nel disegno di Hitler era ricompresa infatti anche la distruzione del patrimonio culturale ebraico: il primo passo per eliminare un popolo è distruggerne i libri. In questa operazione venivano presi di mira testi sacri, libri di salmi, codici antichi e molto molto altro. Verranno prelevati in quegli anni circa centomila volumi in diverse città d’Europa, la maggior parte dei quali mai ritrovata e probabilmente bruciata.
Così, quando capisce che l’arrivo dei tedeschi è inevitabile, porta via di nascosto molti libri dalla Biblioteca dell’Istituto di Fisica. Li nasconde e riesce così a salvare dalla razzia tedesca numerosi volumi che restituisce al mondo dopo la fine della guerra. Il rettore di Pisa le invierà qualche anno dopo una sentita lettera d’encomio.
Il titolo del romanzo si rifa all’epiteto con cui un ricercatore, che ha riportato brevemente questa vicenda in un suo articolo, si riferisce a questa donna silenziosa e straordinaria.
L’ha descritta infatti come una tigre in riferimento al coraggio dimostrato da Marianna Ciccone: unica del personale rimasta durante la guerra a presidiare l’Istituto di Fisica, affronta da sola un manipolo di soldati tedeschi che, dopo la razzia di libri e di strumenti scientifici, volevano far saltare in aria tutto l’edificio. Il suo coraggio l’ha impedito.
Il romanzo di Simona Lo Iacono (autrice anche di Il morso e L’Albatro, entrambi Neri Pozza, e Le streghe di Lenzavacche, con Edizioni E/O) è ben costruito nel suo intreccio e la scrittura riesce a rendere magici e poetici anche gli argomenti della ricerca scientifica di Ciccone. È un libro da leggere perché ci restituisce un pezzo di storia tra quelli forse meno conosciuti di quegli anni così dolorosi e crudeli (mettendoci tra l’altro in guardia da chi vuole attaccare i libri, anche nel nostro presente). E permette di ricordare la storia di una donna che merita di non essere dimenticata.