Far East Film Festival 24: ritorno alla “normalità” per la rassegna cinematografica d’oriente

Tempo di lettura 7 minuti
Gelso d’oro al film coreano “Miracle: Letters to the President”, ma le vere sorprese arrivano dalla Cina. Premio alla carriera per il leggendario Takeshi Kitano.

“Ritorno alla normalità” in grande stile, per la rassegna cinematografica orientale più amata in Europa. Il Far East Film Festival giunge all’edizione numero 24 facendo ritorno al Teatro Nuovo Giovanni da Udine e registrando un discreto successo in termini di pubblico e qualità delle pellicole in concorso e non.

Connessioni

Malgrado le difficoltà legate alla pandemia da COVID-19, il FEFF è riuscito a mantenere vive le varie “Connessioni” stabilite nel corso di 24 anni. Questo il messaggio di fondo che pervade l’edizione del 2022, lo si evince anche dal progetto grafico che appare sul manifesto. Connessioni tra Oriente e Occidente; connessioni tra management, filmmakers e audience; connessione tra pubblico in sala e utenti web.

Nel 2020 il Far East Film Festival è stato costretto a reinventarsi, dando vita a un’edizione sperimentale svoltasi interamente online, grazie al supporto dell’ormai storico media partner MyMovies. Una scelta decisamente coraggiosa e innovativa: si è trattato del primo festival che ha scelto di percorrere questa strada, successivamente intrapresa dall’organizzazione di altre rassegne cinematografiche.

Nel 2021 il FEFF si è presentato con una modalità ibrida: capienza ridotta in sala a causa delle restrizioni legate al COVID-19, modalità online quasi per intero (eccezion fatta per 4 film, visibili solamente “in presenza”).

Nel 2022 il Far East Film Festival riapre i battenti al pubblico in totale sicurezza, facendo tesoro dei preziosi insegnamenti dei due anni precedenti: accesso in sala con Super Green Pass e mascherina FFP2, prenotazione online dei posti in sala (scelta “green” che ha smaltito efficacemente le code riducendo notevolmente il consumo di carta), modalità online su MyMovies in formato ridotto.

La partnership con MyMovies è ormai consolidata: quest’anno gli accessi online sono stati oltre 10.000 e questa modalità verrà mantenuta anche nei prossimi anni. Una ghiotta occasione per seguire il festival anche da casa, per recuperare i film che per qualche motivo non si è riusciti a vedere al Teatro Nuovo o, più semplicemente, il modo migliore per aprirsi a quanti non conoscevano il festival. Il tutto grazie anche all’abbonamento cumulativo MymoviesOne  che offre la possibilità di seguire altri canali tematici, come il “K-Vision” (del Florence Korea Film Fest), il “Biennale Cinema Channel” (del Festival di Venezia) o lo stesso “Fareastream” (dai creatori del FEFF). Attendiamo solo un’app per smartphone e smart tv!

Ultima connessione, non meno importante, riguarda l’Ucraina. La festival bag di quest’anno, infatti, riporta il claim “Ukraine is my home” e raffigura un’opera dell’illustratrice ucraina Grasya Oliyko. Scelta solidale del Far East Film Festival, come già accaduto dopo la tragedia di Fukushima del 2011 e dopo il tifone nelle Filippine del 2013.

I 72 film presentati al 24° Far East Film Festival

Negli ultimi due anni, la pandemia da COVID-19 ha condizionato il regolare svolgimento di qualunque tipo di attività. Ciò ha avuto enormi ripercussioni sull’industria cinematografica: i cinema di tutto il mondo hanno registrato un notevole calo negli accessi, molte produzioni sono state interrotte per questioni di sicurezza, alcuni film sono usciti solamente online, altri sono stati messi in stand-by in attesa di tempi migliori.

Ciononostante, l’edizione numero 24 del Far East Film Festival ha ricevuto oltre 400 adesioni. Tra queste sono state selezionate 42 pellicole, provenienti da Corea del Sud (10), Giappone (8), Cina (7), Hong-Kong (8), Filippine (3), Thailandia (2), Taiwan (2) e Malesia (2).

Ben 30, invece, le proiezioni fuori concorso: 5 documentari, 7 classici restaurati, 5 film per la rassegna “Visions of Manila”, 4 per l’ormai consueta selezione “Odd Couples”, cui si aggiungono 7 capolavori recenti del cinema asiatico.

Tutti i premi del Far East Film Festival 2022

Dopo 4 anni, il Gelso d’oro ritorna in Corea del Sud. La platea del Teatro Nuovo Giovanni da Udine, infatti, ha premiato il film “Miracle: Letters to the President” di Lee Jang-hoon, che si è piazzato sul gradino più alto del podio con una media di 4,48 voti. Opera seconda del talentuoso regista coreano, già ospite del FEFF nel 2018 con il commoventissimo “Be with you”.

Anche stavolta Lee Jang-hoon ha raccontato una storia molto toccante, ispirata a un fatto di cronaca reale e molto peculiare. Anni ’80, piccolo villaggio di montagna in una zona centrale della Corea del Sud, nessun collegamento ferroviario per questa comunità: gli abitanti sono costretti a viaggi di 5 ore per andare a scuola o al lavoro. Jun-gyeong è un ragazzo molto intelligente, figlio di un ferroviario: capisce che l’unica soluzione è quella di costruire una stazione ferroviaria all’uscita del villaggio, peraltro attraversato da ferrovia. Si prenderà la briga di scrivere al Presidente della Repubblica di Corea, sperando nel miracolo.

La Corea del Sud ha portato a casa anche il Gelso Viola, ossia il premio degli utenti web di MyMovies. In questo caso si tratta di un film d’ambientazione più spiccatamente politica: Kingmaker” di Byun Sung-hyun.

Chiaramente ispirato a fatti realmente accaduti (malgrado i nomi fittizi), “Kingmaker” è una pellicola molto avvincente che racconta la parabola politica di Kim Woon-bum (personaggio nel quale non si fatica a riconoscere il XV presidente Kim Dae-jung) e del suo spin doctor Seo Chang-dae (interpretato da uno straordinario Lee Sun-kyun, conosciuto per la sua partecipazione nel pluriacclamato “Parasite”). Quando Kim incontrerà il suo “Kingmaker” Seo, la sua fortuna politica comincerà a girare per il verso giusto. Tuttavia si percepirà un’evidente tensione tra i due protagonisti, che costituisce il motivo centrale di tutto il film.

A nostro avviso, le sorprese più interessanti di quest’edizione del Far East Film Festival arrivano dalla Cina, che non a caso occupa gli altri due gradini del podio. Il Gelso d’Argento è andato a “Return to Dust”, indubbiamente uno dei film più memorabili di quest’edizione. La pellicola di LI Ruijun ha ottenuto una media di 4,44 voti e si è aggiudicato anche il Black Dragon Award, ossia il “premio della critica”.

Gelso di Bronzo e Gelso Bianco per la miglior Opera Prima sono andati all’esilarante “Too Cool to Kill” di Xing Wenxiong, che ha ottenuto una media di 4,42 voti e il riconoscimento dalla giuria presieduta dai Manetti Bros e da Vanja Kaludjercic.

“Return to Dust” e “Too Cool to Kill” sono due film molto belli, seppur molto diversi tra loro. Il primo è stato il film rivelazione all’ultima edizione della Berlinale, il secondo è un fulminante esordio cinematografico.

“Return to Dust” è ambientato nella Cina rurale e narra una commovente storia d’amore tra Cao Guiying e Ma Youtie, due persone di mezz’età che si trovano al margine della società e si ritrovano frettolosamente uniti in matrimonio per decisione delle rispettive famiglie. La timida estraneità iniziale diventa un intenso rapporto di devozione e reciprocità tra due persone che non hanno mai ricevuto affetto in vita loro, in uno scenario desolante come quello del Gansu (terra natia del regista Li Ruijun), parecchio lontano da quell’urbanizzazione incombente che rischia di travolgere le vite semplici ma straordinariamente umane dei due protagonisti.

Profondamente umano è anche Wei, il protagonista di “Too Cool to Kill”. Una geniale commedia degli equivoci, che narra le vicende di un ragazzo che ha fatto la comparsa per tutta e che finalmente verrà scritturato per un ruolo da protagonista per un gangster movie, ritrovandosi a sua insaputa in una messinscena per ingannare dei gangster veri. Un film profondamente “umano, toccante e divertente, pur mantenendo un’altissima qualità estetica e cinematografica.”, come ha sottolineato la giuria del White Mulberry Award per la miglior Opera Prima.

“Return to Dust” e “Too Cool to Kill” confermano l’ottimo momento del cinema cinese, di cui avevamo parlato in precedenza. Tre anni fa elogiavamo il secondo posto di un bellissimo film di denuncia quale “Dying to survive”, quest’anno Wen Muye ci ha riprovato con “Nice View” (il cui protagonista è autore di un’ottima prestazione come già lo fu quando recitò in “Better Days”, vincitore al FEFF 22 e poi entrato nella cinquina Best International Feature Film agli Oscar 2021).

In questo caso la denuncia sociale si trasforma in una celebrazione del miracolo economico cinese, in una Shenzen teatro delle sfortunate vicende di personaggi che vivono al margine della società. Che però riusciranno a coronare il proprio “China Dream”. Benché possa sembrare paradossale, non possiamo far altro che commentare: “peccato”. Eccezion fatta per la scena finale “Nice View” era un ottimo film drammatico, capace di raccontare una storia familiare molto toccante, con un ampio focus su tematiche sociali importanti e persino qualche momento piuttosto gradevole e divertente.

Vale la pena di segnalare l’ottimo film di animazione I Am What I Am”, semplicemente straordinario sotto il profilo tecnico e molto gradevole dal punto di vista narrativo. Una storia di bullismo e riscatto sociale sullo sfondo di una tradizione culturale molto popolare in Cina, quella della Danza del Leone – raffigurata sul catalogo del FEFF 24.

Conclude il palmares il nuovissimo Gelso Bianco per la miglior sceneggiatura, incomprensibilmente assegnato al film giapponese “Love Nonetheless” di Jojo Hideo. Il riconoscimento è stato assegnato da una giuria composta dagli sceneggiatori Massimo Gaudioso, Silvia D’Amico, Doriana Leondeff e Francesco Munzi, che hanno valutato una selezione di 9 pellicole tra quelle presentate alla ventiquattresima edizione del Far East Film Festival.

Secondo quanto affermato dalla giuria, il premio è stato attribuito “per l’originalità e la freschezza del racconto”. Il riconoscimento ci trova abbastanza in disaccordo, a nostro avviso altri candidati avrebbero meritato molto fi più. Tanto per citarne uno, il gradevolissimo “Leonor will never die”, della giovane regista filippina Martika Ramirez Escobar – che non a caso ha vinto il premio speciale della giuria all’ultima edizione del Sundance Film Festival.

Premio alla carriera al leggendario Takeshi Kitano

Last but not the least: il mitico Takeshi Kitano! Il grandissimo regista nipponico ha ricevuto il Gelso d’Oro alla Carriera, presente in videoconferenza alla consegna del riconoscimento.

«Mi ero organizzato per arrivare da voi ed ero pronto a partire. A causa della situazione attuale, però, tra pandemia e guerra in Ucraina, e anche a causa della mancanza di forza fisica per affrontare un viaggio lungo 24 ore, ho dovuto rinunciare alla mia trasferta a Udine».

Visibilmente emozionato, il maestro ha ringraziato per il riconoscimento ricevuto e il fragoroso calore che il pubblico del Teatro Nuovo gli ha trasmesso. Attendendo tempi migliori per incontrarlo di persona.

Domenico Spampinato

Arianna Acciarino

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