Stati Uniti: sarà passo indietro sull’aborto?
Fuga di notizie dalla Corte Suprema: a rischio il diritto all’interruzione di gravidanza. Quale futuro per le donne statunitensi?
Si intravede un clamoroso balzo nel tempo per gli Stati Uniti: peccato che sia indietro. Nei prossimi mesi la Corte Suprema discuterà se dichiarare l’aborto illegale in tutta la confederazione di Stati. L’informazione è trapelata come “fuga” di notizie: l’agenzia web “Politico” ha pubblicato la bozza di legge firmata in febbraio dal Giudice della Corte Samuel Alito, conservatore e repubblicano. Il Presidente della Corte John Roberts ha assicurato che si sta già indagando rispetto alla fuga di notizie che lui stesso ha definito “Assolutamente spaventosa”.
La decisione è attesa per l’inizio di Luglio, al massimo. I nove giudici della Corte Suprema – di cui sei sono di estrazione repubblicana e tre democratica – sono chiamati a decidere se invalidare la sentenza “Roe vs Wade”. Il verdetto risale al 1973, quando la Corte Suprema riconobbe a Norma Mc Corway (che in tribunale scelse lo pseudonimo Roe) l’incostituzionalità della legge anti-aborto del Texas – difesa dal procuratore Wade, che nel 1969 costrinse la donna a rinunciare all’aborto.
All’epoca Roe aveva 25 anni, due figli e aveva denunciato uno stupro: la bambina che lo Stato la costrinse a partorire venne data in adozione. Quando si appellò alla Corte nel 1973 fu riconosciuto che le leggi dello Stato del Texas, appunto, fossero incostituzionali perché non rispettavano la privacy della donna. Una sentenza che fece storia rendendo l’aborto legale fino alla 24ª settimana: sempre possibile nel primo trimestre e regolamentata a seconda delle circostanze nel secondo. Per il firmatario della nuova proposta, la sentenza “Roe vs Wade” è strutturalmente sbagliata: “Il ragionamento che la sostanzia è debole. La decisione – secondo Alito – non ha fatto altro che alimentare la divisione tra abortisti e anti-abortisti in seno alla società”.
Se la prossima estate la Corte deciderà che Alito ha ragione, l’aborto non sarà dichiarato automaticamente illegale in tutto il Paese, perché ogni Stato avrà la facoltà di scegliere la strada da intraprendere. Tuttavia, si stima che almeno una ventina propenderebbero a favore del cambiamento e ben 13 procederebbero nell’immediato: si tratta di Arkansas, Idaho, Kentucky, Louisiana, Mississippi, Missouri, North Dakota, South Dakota, Tennessee, Utah, Texas, Oklahoma, and Wyoming. In questo modo cambierebbe la vita di 36 milioni di donne statunitensi. I governatori di New Mexico, Michigan e California hanno assicurato che risponderebbero con politiche di rafforzamento del diritto all’aborto in caso la Roe fosse ribaltata.
Se ciò dovesse accadere, milioni di donne vedrebbero cambiata la propria vita e le loro scelte condizionate. E
alcune più di altre. Donne giovani, afro-americane e povere saranno le più colpite: stando alle statistiche ufficiali di istituti quali il Guttmacher, la Fondazione Kaiser ed Centro per il Controllo del Disagio e la Prevenzione, sono queste le categorie di donne americane che più frequentemente ricorrono all’interruzione di gravidanza. Qualora non fosse più possibile procedere legalmente, queste stesse categorie avrebbero più difficoltà a spostarsi per andare in uno Stato dove l’aborto sia praticato o, se necessario, ad assumere un rappresentante legale. Se la Roe viene ribaltata, si tratterà di una discriminazione nella discriminazione.
Ma siamo sicuri che il superamento della Roe avrebbe del clamoroso? Siamo abituati a guardare oltre oceano come a una terra di opportunità, democrazia e innovazione, ma forse non consideriamo che gli Stati Uniti sono anche luogo di forti contraddizioni e, soprattutto, forti discriminazioni. Tra le stelle e le strisce coesistono realtà diversificate, il movimento Black Lives Matters ne è recente emblema.
Ma anche in termini di diritti civili la situazione non è omogenea: dopo l’acclamata Roe, a partire dagli anni ’70 c’è stato un lento ma continuo aumento delle restrizioni nazionali rispetto all’interruzione di gravidanza. Un crescendo inesorabile di stop e limitazioni volute dai governatori: tanto che nel 2021 sono state decise 106 nuove restrizioni, distribuite in 19 Stati, segnando un nuovo record rispetto al 2011, quando ne vennero stabilite 89. E giusto qualche giorno fa il governatore dell’Ohio ha firmato la legge che dichiara illegale l’aborto oltre la sesta settimana.
In questo quadro giuridico, la popolazione statunitense è ancora favorevole al diritto di scelta. Secondo un sondaggio del 2019 svolto da Pew Research, per la maggioranza degli americani (62%) l’aborto dovrebbe essere legale in tutti o nella maggior parte dei casi mentre solamente il 38% riteneva l’esatto contrario. Nel 2021, da dati della CBS News raccolti con riferimento proprio alla Roe è emerso che il 62% degli intervistati è a favore del mantenimento ed il 38% vorrebbe annullarla.
Con le elezioni di mid-term previste per Novembre, se la Corte annullasse la Roe ci sarebbe un forte impatto politico. La prima reazione di Joe Biden all’indiscrezione è stata quella di sottolineare come sia “Fondamentale che la donna abbia il diritto di decidere rispetto a questo argomento”. Il Presidente attende una legge federale specifica per definire l’argomento in un quadro legislativo univoco senza demandare ai singoli governatori la decisione in merito: “A livello federale, avremo bisogno di più senatori a favore del diritto di scelta e di una maggioranza favorevole alla Camera – ha spiegato – per adottare una legislazione che codifichi definitivamente Roe”.
Non appena l’indiscrezione è stata resa pubblica, diversi gruppo di manifestanti “pro-choice”, favorevoli all’aborto, sono accorsi davanti alla Casa Bianca per protestare contro l’annullamento; a questi hanno risposto attivisti “pro-life”. Nel fine settimana successivo la fuga di notizie, migliaia hanno manifestato nelle piazze di Houston, Atlanta, Chicago contro l’annullamento della legge: Biden ha criticato l’iniziativa di attivisti pro-aborto di marciare fuori dalle case di due giudici conservatori Sabato 7 Maggio, sostenendo che “I giudici devono essere in grado di svolgere la loro funzione senza preoccuparsi della propria sicurezza”. Nuove marcie e veglie sono attese in altri stati nelle prossime settimane.
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