Perché è importante conoscere l’Eurovision Song Contest per capirlo di più
Dopo la vittoria dell’Ucraina a Torino, vi raccontiamo la storia dell’evento musicale più seguito al mondo.
Il termine Eurovision è stato inventato dal giornalista inglese George Campey che, cercando un modo più stilistico e pratico di scrivere European Television in riferimento alla televisione europea, fece una crasi dei due termini coniando il nome che usiamo ancora oggi e che associamo al concorso canoro. E pensare che la BBC non gradiva il nome Eurovision, ma voleva che si utilizzasse Continental Television Exchange; grazie Mr.Campey per averci salvato dal Continental Television Exchange Song Contest.
In Italia non è mai stato seguito tantissimo e le partecipazioni dal 1980 in poi furono saltuarie arrivando addirittura a prendersi una lunga pausa che iniziò nel 1997 e terminò nel 2011. Probabilmente la RAI, promotrice del Festival di Sanremo su cui aveva speso tanto, temeva la rivalità col fratello paneuropeo quindi decise di adottare una sorta di strategia di non promozione dell’Eurovision Song Contest (ESC).
L’Eurofestival è mutato e cresciuto negli anni tanto da diventare la trasmissione non sportiva più seguita al mondo. Le stesse regole sono state sviluppate di anno in anno a risoluzione di varie problematiche sorte nel susseguirsi delle edizioni. Per esempio, il limite di 3 minuti per ogni canzone è nato dopo che nel 1962 il cantante italiano Nunzio Gallo si esibì con Corde della mia chitarra della durata di oltre 5 minuti.
Oltre ai Big Five (Italia, Spagna, Germania, Francia e Regno Unito), che sono coloro che hanno il diritto di partecipare direttamente alla finale perché banalmente sono gli stati che investono più soldi nella competizione, possono partecipare i paesi che fanno parte dell’UER o che ne sono affiliati.
Il caso più emblematico è quello dell’Australia, che segue l’Eurovision dal 1983.
Gli australiani adorano l’ESC e solo dal 2015 hanno avuto il permesso di poter gareggiare alla competizione anche se, in caso di vittoria, non potranno ospitare l’evento ma avranno la possibilità di scegliere uno stato europeo a cui delegare l’organizzazione.
Il voto è composto per il 50% dalle delegazioni delle nazioni, cioè ogni stato partecipante crea una giuria interna che ha il compito di assegnare i voti alle canzoni che considerano più valide, e l’altro 50% dal voto del pubblico. Entrambe le parti hanno il vincolo chiaramente di non poter votare per il proprio stato. È chiaro che, anche per lo spirito dell’iniziativa, ci siano voti espressi a favore di stati amici o in solidarietà ad altri paesi.
Ma probabilmente la cosa più importante è che l’Eurovision Song Contest non è soltanto una gara canora ma una enorme festa dove si celebrano valori come la diversità, l’inclusione, la pace, i diritti umani e la voglia di stare insieme.
Dario Patti
Immagine di copertina via facebook.com/EurovisionSongContest