Materia alternativa e diritti: intervista a Roberto Grendene dell’UAAR
L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti e l’associazione onData hanno “liberato” i dati su chi, nelle scuole italiane, sceglie la religione cattolica o la materia alternativa. Ma la strada è ancora lunga.
All’indomani della “liberazione” dei dati sull’insegnamento della religione cattolica e degli studenti italiani, un milione, che hanno scelto invece materia alternativa, abbiamo contattato Roberto Grendene, segretario dell’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), per farci raccontare meglio il lavoro fatto dalla sua associazione, tra le prime firmatarie della campagna #DatiBeneComune (di cui facciamo parte anche noi di Ghigliottina | Un nuovo taglio all’informazione), in collaborazione con onData.
Per la prima volta è stato possibile accedere a dati che fino a questo momento venivano forniti solo dalla CEI. Qual è il valore di questo atto di civic hacking per il nostro Paese?
In un paese normale il solo ma importante risultato da sottolineare sarebbe quello di aver reso accessibili e utilizzabili da tutti dei dati già in possesso della pubblica amministrazione che riguardano tutte le scuole, e con esse studenti attuali e futuri e le loro famiglie. Ma il nostro non è un paese normale quando c’è di mezzo la religione e risultava surreale che gli unici dati sulle scelte dell’insegnamento della religione cattolica (IRC) nella scuola pubblica fossero raccolti, analizzati, aggregati per macroaree e comunicati dalla CEI durante conferenze stampa e tramite pubblicazioni di brevi resoconti in pdf. Ora non c’è più l’intermediazione da parte del soggetto in evidente conflitto di interessi, i dati consultabili sono quelli ministeriali e soni dettagliati scuola per scuola.
Dopo questa prima “liberazione” di dati cosa vi aspettate dal Ministero dell’Istruzione?
Che faccia il suo dovere, ossia che aggiunga questo fondamentale dataset al Portale Unico dei Dati sulla Scuola. Ci aspettiamo anche che curi la bontà delle informazioni trasmesse dagli istituti effettuando verifiche, perché dalle nostre analisi abbiamo riscontrato alcune situazioni poco plausibili (ad esempio numero di avvalentisi <= 3 per intere scuole oppure passaggi da centinaia di avvalentisi a poche unità tra un anno scolastico e l’altro). Sappiamo già che il nostro impegno non si fermerà su un altro fronte, strettamente collegato a quello dei “sì” e “no” all’insegnamento religioso. Mi riferisco ai dati delle scelte alternative per chi dice “no” all’IRC. Il ministero ha risposto alla nostra domanda di accesso civico dicendo che queste informazioni non vengono rilevate. Una risposta che non ci ha convinto e sulla quale stiamo lavorando per compiere ulteriori passi avanti.
Perché, ad oggi, è ancora così difficile ottenere una reale parità tra chi si avvale dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica e chi decide di non frequentarlo?
Se dicessi che è tutta colpa del Vaticano non sarebbe completamente corretto. Certo, se venisse abolito il Concordato che prevede che l’IRC venga “impartito in conformità della dottrina della Chiesa” da docenti scelti dal vescovo (e pagati dallo Stato) il problema sarebbe risolto alla radice. Ma in attesa di questo passo verso un paese laico e civile già adesso per legge non dovrebbe esserci alcuna forma di discriminazione tra chi sceglie l’IRC e chi sceglie di non avvalersene. Fin dal primo giorno di scuola chi ha scelto l’ora alternativa dovrebbe quindi avere insegnante, aula e programma didattico garantiti. Invece trascorrono settimane, mesi o l’intero anno scolastico durante i quali bambini vengono smistati in altre classi, messi in corridoio, lasciati in fondo alla classe a fare disegnini mentre si svolge la lezione di religione cattolica. La colpa di questi numerosi casi di discriminazione infantile è dei dirigenti scolastici e anche dei collegi docenti che troppo spesso applicano le assurde regole del “si è sempre fatto così” e del “ci sono ben altri problemi”. Le cose stanno lentamente cambiando, anche grazie a vittorie legali che l’UAAR ha ottenuto e al supporto che offre a genitori e studenti tramite lo sportello SOS Laicità. Mettiamo anche a loro disposizione un modello di diffida da inviare per raccomandata o PEC alla scuola che non attiva l’ora alternativa. Non lo dovrei dire, ma fa… miracoli.
Intervista a cura di Graziano Rossi