Regno Unito: quale futuro per Boris Johnson?
La popolarità del Primo ministro britannico è ai minimi storici nonostante il voto di fiducia sul “partygate”.
Lo scandalo del Partygate poteva costare carissimo a Boris Johnson. Scotland Yard aveva indicato e multato il Primo ministro britannico come principale responsabile di festini e riunioni a base di alcol e stravizi nella sede del Governo, proprio mentre la popolazione era costretta a stretta quarantena per il COVID-19.
Sotto accusa 16 feste – tra Aprile 2020 e Maggio 2021 – per cui sono state emesse 126 sanzioni tra parlamentari e ospiti. In seguito, in molti tra i conservatori hanno iniziato a prendere le distanze dal premier per non voler essere assimilati a comportamenti non solo illegali ma anche non etici e irresponsabili agli occhi dell’opinione pubblica, nazionale ed internazionale. La figura di Boris Johnson, già debilitata per il ristagno economico e l’aumento del costo della vita sofferti dal paese, si è ulteriormente indebolita. Fino ad arrivare al voto di fiducia interno: con Laburisti e nazionalisti scozzesi a fare da spettatori, la prova è stata superata ed il Governo, per ora, resta in piedi.
Si tratta, però, di una vittoria che segna i limiti di BoJo, come in patria è ricordato il Premier. Infatti, il bilancio del voto di fiducia del 6 Giugno è tutt’altro che brillante: ben 148 Tories sono stati disposti a sfiduciare il Premier che si conferma, comunque, grazie ai 211 conservatori che lo hanno appoggiato. Il quorum per la fiducia era di 180 voti e lo scrutinio in seno al partito, lo ricordiamo, era segreto.
Eppure Boris Johnson si è fatto forza dello scampato pericolo: a caldo della votazione ha assicurato che “Niente e nessuno” lo allontanerà dalla carica e dal conseguimento del suo programma politico e che ora “il governo può andare avanti e concentrarsi sulle cose che sono davvero importanti i cittadini.” Stampa e opposizione restano in attesa di intendere quali saranno le “cose” davvero importanti, a questo punto.
Il leader Labour, Keir Starmer, ha approfittato del momento per ribadire le mancanze di un Governo che sembra non risolvere le criticità: “Fingere di non aver infranto le regole (durante i lock down) non ha funzionato; fingere che l’economia stia crescendo, non funziona; fingere – ha insistito – che quaranta nuovi ospedali saranno costruiti non funzionerà”. Sulla stessa lunghezza d’onda, ma ancora più drastica è la parlamentare Angela Eagle: “Gli eventi di questa settimana – ha detto – hanno dimostrato quanto sia detestato questo Primo Ministro, e ciò solamente nel suo stesso partito”.
Per Johnson, adesso, il principale obiettivo dovrà essere riacquisire stabilità e leadership: potrà farlo agli occhi dell’opposizione e dell’opinione pubblica anche internazionale solamente se riuscirà a riappacificare la componente dissenziente del proprio partito. Terminata la serie di assicurazioni rispetto al proprio futuro da Premier, è passato alle promesse: una serie di riforme su quelli che, ad oggi, sono stati i punti deboli del suo governo. Sistema Sanitario Nazionale (NHS), tasse e costo della vita, aumento della criminalità e sussidi e agevolazioni per l’acquisto di case rispetto ad ipoteche e alloggi popolari. Su questi temi Johnson è stato a lungo pressato dal Tory ma adesso sembra arrivato il momento di non poter più procrastinare anche se un piano concreto, tuttavia, non è ancora stato presentato.
Quale che sia il suo prossimo futuro, comunque, il fatto di aver superato il voto di fiducia, potrebbe significare che Johnson non potrà essere sottoposto ad uguale procedura prima di un anno. Questa, infatti, è l’attuale regola, ma non è escluso che i tories “fuoriusciti” non facciano pressione per cambiare le attuali condizioni. Del resto, la questione partygate non è completamente conclusa: è in corso un’inchiesta per verificare che Johnson non abbia ingannato il Parlamento rispetto alle contestate infrazioni sulla quarantena in Downing Street. Difficilmente sopravviverebbe anche ad una falsa testimonianza.
Sebbene abbia superato l’impasse della sfiducia, è chiaro: BoJo traballa. Storicamente le ribellioni contro i Primi Ministri come Margaret Thatcher, Theresa May e John Major, ricordano che la vita politica di un capo di stato con una fiducia che superi di poco la metà del proprio partito, ha vita breve. I primi due si dimisero poco dopo aver approvato la mozione e il terzo subì una netta sconfitta nel successivo turno elettorale.
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