Scoperto a Mozia, in Sicilia, un sito religioso risalente ai fenici

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Quello che si credeva fosse un “porto” fenicio dell’antica città di Mozia, in Sicilia, si è rivelato essere un sito religioso allineato con le stelle.

Di fronte la costa occidentale della Sicilia si trovano i resti dell’antica città di Mozia, sull’isola di San Pantaleo, in Sicilia. Lì, un complesso di tempi e altari offre una finestra sulla vita dei fenici, che viaggiavano dal Libano nel Mediterraneo nel primo millennio a.C.

Nonostante Mozia venga studiata da un secolo, il sito rilascia ancora nuovi segreti. All’inizio di aprile 2022 si è scoperto che un bacino rettangolare, che a lungo si è pensato servisse come porto artificiale per proteggere le navi e partecipare ai commerci, era qualcosa di completamente diverso: un sito religioso, disegnato e costruito per allinearsi perfettamente alle stelle.

Il bacino, più grande di una piscina olimpionica, fu ricostruito nel 550 a.C. insieme alla città stessa, entrambi distrutti in un attacco di Cartagine, un’altra colonia fenicia in Tunisia. Mozia venne poi abbandonata in tempi romani.

Sin dalla sua scoperta, negli anni ’20 del secolo scorso, si pensava che la piscina fosse un “kothon”, un porto militare artificiale. I kothon erano abbastanza comuni nel Mediterraneo, ha spiegato Ania Kotarba, ricercatrice di archeologia della Flinders University. Quello più famoso era a Cartagine. Ma degli scavi recenti e decenni di ricerche portate avanti dall’archeologo Lorenzo Nigro dell’Università della Sapienza di Roma, pubblicate nel giornale Antiquity di aprile 2022, hanno svelato degli indizi che suggeriscono che invece la piscina sia il cuore di un vasto sito religioso.

Le piscine sacre erano sono meno comuni dei kothon” ha dichiarato Kotarba. “Quindi una così grande è impressionante”. Da quando sono state pubblicate le ricerche del suo team, la percezione del bacino è “cambiata drasticamente” ha dichiarato Nigro.

Quello che per secoli si è pensato fosse un porto potrebbe essere presto interpretato come “una piscina sacra al centro di uno dei più grandi complessi di culto per Mediterraneo preclassico”.

Alla scoperta della verità

Le nuove indagini sul bacino cominciarono 12 anni fa, quando i resti di un tempio dedicato al dio Ba’al furono scoperti in un punto dove ci si aspettava di trovare edifici portuali. Ba’al – una parola semitica ampiamente utilizzata che significa “signore” – è stato spesso paragonato al dio greco Orione, che si credeva esistesse sotto forma di costellazione.

Kotarba ha spiegato che, al tempo dei fenici, Ba’al era associato al dio delle tempeste. Dato che erano noti per essere naviganti, commercianti ed esploratori, le loro divinità erano associate ai corpi celesti. “I loro mezzi di sostentamento erano connessi ai movimenti degli astri nel cielo” ha spiegato. “Le tempeste sono le più grandi avversarie dei navigatori, e il dio delle tempeste poteva interrompere i passaggi sicuri. Quindi non è inaspettato che il loro santuario più importante fosse dedicato a Ba’al e abbia qualcosa a che vedere con l’astronomia e i movimenti degli astri” ha spiegato Kotarba.

Un tempo, una statua di Ba’al alta tre metri era posizionata al centro della piscina. Il suo torso fu scoperto negli anni ’30 in una laguna vicina, e i blocchi di pietra utilizzati per i piedi erano stati trovati vicino la riva.

Citando Leonardo da Vinci, Nigro ha detto “l’unico specchio decente nell’antichità era l’acqua. È diventato chiaro che la funzione del bacino era quello di piscina per guardare le stelle, riflettendole come uno specchio”. Le sue ricerche hanno scoperto che il riflesso dell’acqua era utilizzato come uno strumento per mappare i movimenti delle stelle per la navigazione – qualcosa di cruciale per i fenici, che Kotarba definisce “i più grandi navigatori del Mediterraneo e oltre”.

“Un pezzo di umanità nel passato”

Oltre a mappare il sito, il team di ricerca ha anche scoperto la configurazione della stessa Mozia, allineata coi cieli.

Le caratteristiche principali si allineano con le costellazioni – il tempo di Ba’al si allinea col sorgere della costellazione di Orione durante il solstizio d’inverno. Scavi recenti hanno anche scoperto diversi altri tempi sui bordi della piscina, insieme a colonne di pietra incise, altari e offertori.

A differenza dei porti, la piscina non è connessa al mare. Il drenaggio del kothon per gli scavi cominciò nel 2005. Quindi, una mattina, quando Nigro scoprì una piccola pozza di “bellissima acqua trasparente” nel bacino, non riusciva a capire come fosse possibile.

È stato solo nel 2019 che gli scavi hanno rivelato dei canali che trasportavano l’acqua alla piscina da tre sorgenti naturali. Nigro chiama la scoperta di questo “strumento pre-scientifico” dei fenici un “pezzo di umanità nel passato”.

Non possiamo usare la nostra scienza per capire questa scienza del passato” ha spiegato Nigro al The Guardian. “Ma ci può insegnare che esiste una diversità nella scienza. Ci potrebbero essere delle soluzioni per noi al suo interno. I fenici colonizzarono e svilupparono culture e civiltà. Costruirono strade e attraversarono mari, ma non distrussero mai il loro ambiente. Noi siamo l’unica civiltà che lo fa. Dovremmo chiederci, siamo noi quelli con più scienza, o loro?”.

 

Traduzione di Chiara Romano da theguardian.com

Immagine di copertina via Wikimedia

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