Il crollo sulla Marmolada simbolo della crisi climatica
Abbiamo raggiunto Renato Colucci dell’Istituto di scienze polari del CNR: il glaciologo, ora in Groenlandia, studia da diverso tempo il ghiacciaio della Marmolada. Ecco cosa ci ha detto.
Il crollo avvenuto sulla Marmolada è stato definito da molti media come disastro o tragedia. La verità è che quanto accaduto “arriva” da lontano: può spiegarci cosa è successo lo scorso 3 luglio e perché ha a che fare con i cambiamenti climatici?
Il 3 luglio una porzione di ghiacciaio è collassata e crollata a valle in quella che i glaciologi definiscono una ice avalanche (valanga di ghiaccio). Le temperature eccessivamente alte per diverse settimane con valori che fino a pochi decenni fa non appartenevano alla climatologia alpina, ma piuttosto che sono tipiche del Nord Africa, hanno portato ad una enorme disponibilità di acqua di fusione glaciale. L’acqua ha saturato una frattura trasversale del ghiacciaio (un crepaccio) che si genera per deformazione e dinamica del ghiacciaio stesso sotto l’azione della sua stessa massa modificando la pressione idraulica interna che ha ulteriormente allargato la frattura e poi lubrificato la parte basale di quella porzione di ghiacciaio facendola rovinosamente crollare verso valle. Il riscaldamento globale sta alla base di questo evento in quanto ha ormai modificato il clima del pianeta e delle Alpi, queste ultime peraltro un hot spot climatico, ossia un luogo della Terra dove gli effetti del Global Warming sono più accentuati. Eventi estremi ad impronta calda per questo motivo diventano sempre più frequenti ed intensi.
Nel 2019 uno studio di CNR-ISMAR, Università di Trieste, Genova e Aberystwith (Galles) e ARPA Veneto ha parlato di scomparsa del ghiacciaio della Marmolada entro 25-30 anni. È ancora possibile un’inversione di tendenza o siamo già in un punto di non ritorno?
In quello studio che ho guidato e coordinato abbiamo semplicemente proiettato temporalmente in avanti i tassi di riduzione del ghiacciaio osservati tra il 2004 ed il 2014, lasciando però il clima stabile, così com’era. Ma le temperature continuano ad alzarsi a causa del riscaldamento globale, quindi potremmo anche stimare al ribasso quella ipotesi. Un’inversione di tendenza sarebbe possibile solo con un repentino raffreddamento del clima almeno sui valori degli anni 1970-1980, cosa davvero poco verosimile dal momento che è ormai appurato inconfutabilmente che l’aumento delle temperature terrestri è strettamente correlato all’aumento dei gas serra in atmosfera dovuti ai combustibili fossili usati per produrre l’energia di cui abbiamo bisogno. I famosi “cicli e cause naturali” invocati dai pochi ormai ottusi negazionisti, ci dicono infatti che dal 1850 ad oggi la terra si sarebbe dovuta raffreddare di circa 0.1°C, e quindi dal punto di vista glaciologico ci troveremmo con ghiacciai nella medesima situazione di 170 anni fa, o anche leggermente più “sani” in alcuni casi.
“Bisogna fare di più con meno”, ha detto la giornalista ambientale Letizia Palmisano all’indomani del crollo del seracco sulla Marmolada. Secondo lei il nostro paese, cittadini compresi, si sta davvero Impegnando nella lotta ai cambiamenti climatici?
Non seguo molto il dibattito politico ed economico, ma l’impressione è che il problema venga preso sempre troppo “sotto gamba” e visto come un qualcosa di poco tangibile. Poi vi sono delle improvvise fiammate che definirei isteriche quando accadono eventi traumatici come il collasso di una porzione di ghiacciaio in Marmolada, la distruzione portata dalla tempesta Vaia ed altri simili. Che ci si creda o no, e non è una questione di crederci ma rappresenta evidenze scientifiche piuttosto “semplici”, il riscaldamento globale avanza e porterà con se altri eventi traumatici in futuro, via via di scala sempre maggiore. Di formazione sono geologo e la geologia permette di dare una sbirciata nel passato a come erano gli ambienti quando i tassi di CO2 in atmosfera erano elevati come adesso o anche di più. Questa epoca è il Pliocene tra 5.3 e 2.58 milioni di anni fa, quando i livelli dei mari erano di circa 25 metri più alti e la temperatura di 2-3°C più alta di adesso. Ecco, noi stiamo andando a velocità “istantanea” da un punto di vista geologico in quella situazione. Un mutamento della chimica dell’atmosfera. E quindi del clima, che sta avvenendo in decenni anziché in centinaia di migliaia di anni.
Ora mi trovo in Groenlandia all’interno di una spedizione scientifica in collaborazione con il Servizio Geologico di Groenlandia e Danimarca per studiare gli effetti del global warming sui ghiacciai periferici costieri che essendo di dimensioni più piccole rispetto alla grande ice sheet groenlandese reagiscono in maniera molto più rapida al riscaldamento del clima e ci permettono di interpretare meglio i processi in atto.
Intervista a cura di Graziano Rossi
Nell’immagine di copertina il distacco del seracco della calotta di Punta Rocca in Marmolada. Via Wikimedia