La legge sull’aborto in Germania e l’abolizione del divieto di “pubblicità”
Nel venerdì nero in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America decideva la revoca della legge Roe vs. Wade sull’aborto, nel parlamento tedesco si votava per l’abrogazione del controverso paragrafo 219/a sul cosiddetto “Werbeverbot”, il divieto di pubblicizzare e diffondere informazioni riguardanti rischi e procedure connessi all’interruzione di gravidanza.
“Oggi è un gran giorno per le donne tedesche”
La ministra per la famiglia, Lisa Paus, vede come un trionfo la prospettiva dell’abolizione del cosiddetto “Werbeverbot”, ha scritto lo scorso 24 giugno il giornale tedesco Zeit, riferendosi al divieto di pubblicizzare informazioni relative all’interruzione di gravidanza. L’Unione, invece, rafforza le critiche.
Poco prima delle consultazioni finali in Parlamento sul paragrafo §219/a del Codice Penale tedesco, la ministra per la famiglia, Lisa Paus, parla di un “trionfo”. Nella seduta, infatti, i gruppi parlamentari dell’Ampelkoalition (la coalizione semaforo SPD, Verdi e FDP) vogliono far approvare lo stralcio del paragrafo che vieta “la promozione dell’interruzione di gravidanza”. La fine del 219/a significa “rafforzare il processo di autodeterminazione della donna in Germania”, come ha detto l’esponente dei Verdi alla agenzia di stampa dpa.
Fino a oggi, per effetto del paragrafo 219/a, infatti, il personale medico non ha potuto diffondere pubblicamente informazioni dettagliate sulle procedure di interruzione di gravidanza se non correndo il rischio di incorrere in procedure penali. La Paus si è detta sollevata all’idea che questa prassi potrà presto dirsi legata al passato. “Finalmente il personale medico potrà informare in modo chiaro e oggettivo sulle procedure d’aborto senza dover temere processi penali e stigmatizzazioni“, ha aggiunto la Paus. “Oggi è un gran giorno per il personale medico e sanitario in Germania e soprattutto per le donne del nostro Paese“. Di fronte a una gravidanza indesiderata esse potranno contare sulla possibilità di essere “consigliate da esperti e ricevere tutto il supporto necessario”, ha spiegato la ministra.
È data per certa la maggioranza in assemblea sulla proposta della coalizione. Solo AfD e Unione si oppongono in modo netto. “Il deficit informativo di cui parla la coalizione di governo non esiste“, ha detto la portavoce dell’Unione, Elisabeth Winkelmeier-Becker (CDU) alle testate della RND. “Parlando con le donne medico, nei consultori e anche su internet si possono ottenere tutte le informazioni che si desiderano“.
Solo qualche ora dopo, la seduta parlamentare approvava lo stralcio del paragrafo §219/a.
Il Bundestag decide l’abolizione del Werbeverbot, il divieto di informazione sull’aborto
A grande maggioranza il Bundestag ha deciso di cancellare il controverso paragrafo 219/a sull’aborto
di Fabian Albrecht, ZEIT, 24 giugno 2022
Il controverso paragrafo 219/a è abolito. Lo ha deciso il Bundestag con i voti di maggioranza dei gruppi parlamentari di coalizione e della Linke. Unione e AfD hanno votato contro lo stralcio. Il paragrafo del Codice Penale sanciva il reato di “promozione dell’interruzione di gravidanza”. Così facendo impediva di fatto al personale medico di diffondere pubblicamente informazioni dettagliate sulle procedure relative all’interruzione di gravidanza, se non esponendosi all’azione penale. Oltre alla cancellazione del 219/a, la decisione parlamentare prevede anche che vengano annullate tutte le sentenze prodotte dal 3 ottobre 1990 per effetto del comma di legge. Come è il caso del medico di Gießen, Kristina Hänel, condannata nel 2017 sulla base del 219/a e che da tempo si spende per l’abolizione del paragrafo. Anche lei era seduta in parlamento, insieme ad altri colleghi medici e ha seguito la discussione dai posti della tribuna riservati ai visitatori.
“Le giovani donne si informano soprattutto su internet sulle procedure per abortire“, dice il ministro della giustizia Marco Buschmann (FDP). “Chiunque, anche troll e complottisti, sono liberi di divulgare ogni tipo di contenuto sull’aborto. Invece il personale medico altamente qualificato, che questi interventi li pratica, è sotto lo scacco delle conseguenze penali e non può informare sull’argomento. È assurdo, completamente inattuale e ingiusto, per questo vogliamo cambiare le cose“.
“È tempo di conquistare una maggiore libertà di informazione per le donne”
“La cancellazione del paragrafo 219/a è attesa da tempo. Anche una sola altra condanna in tribunale sarebbe di troppo“, ha detto il ministro, con il plauso dei partiti di coalizione e della Linke. “È tempo di fidarsi dei medici ed è tempo di conquistare una maggiore libertà di informazione per le donne“.
La ministra per la famiglia, Lisa Paus (Verdi), nel suo discorso ha ringraziato le molte organizzazioni della società civile che per anni si sono battute per un’informazione libera sull’aborto. Si è detta vicina in particolare alle donne che per decenni hanno sofferto le conseguenze Werbeverbot. “Anche solo per il fatto di non aver avuto accesso ad informazioni a cui avrebbero avuto diritto. Il diritto cioè ad un’informazione medica adeguata su come interrompere una gravidanza indesiderata nel mondo più sicuro per sé e per la propria salute“.
La ministra ha poi aggiunto, “Visto come era formulato il paragrafo, non è mai stato un semplice fatto di pubblicità. Il 219/a mirava essenzialmente a sanzionare e condannare in modo disumano una gravidanza indesiderata, un comportamento profondamente umano“.
L’Unione e Alternative für Deutschland non vedono alcun deficit informativo
Unione e AfD hanno provato a impedire la cancellazione del paragrafo. La portavoce dell’Unione, Elisabeth Winkelmeier-Becker (CDU) ha accusato la coalizione di voler far passare lo stralcio per distogliere l’attenzione da altri problemi. L’attuale situazione giuridica assicura innanzitutto la tutela dei diritti del nascituro “anche nei confronti della donna”, dice. “La consapevolezza del diritto alla vita del bambino deve essere mantenuta viva anche nella coscienza civile“, aggiunge. Per questo il Werbeverbot sarebbe un fattore essenziale. Non si tratta solo delle informazioni pubblicate sui siti delle strutture medico-sanitarie, ma di molto di più. La proposta della coalizione consentirebbe anche la pubblicizzazione dell’aborto sui giornali e su internet, cosa che potrebbe indurre a pensare l’interruzione di gravidanza come un normale trattamento medico in cui in gioco sia solo la salute della paziente. La “narrazione secondo cui ci sarebbe un deficit informativo” è una sciocchezza, dice ancora l’esponente della CDU. “Provate a cercare su Google ‘aborto gravidanza indesiderata’, usciranno fuori tutte le informazioni che volete sui metodi, sulle fasi di sviluppo del bambino e tutto il resto”. Il governo stesso può mettere a disposizione un programma informativo sull’argomento, aggiunge.
Anche il parlamentare di Alternative für Deutschland, Thomas Seitz, sostiene non ci sia un problema di informazione e che la coalizione stia usando l’argomento solo come pretesto per l’abolizione.
La revisione della HWG, la legge sulla diffusione delle informazioni in ambito medico, ostacola la pubblicità ingannevole
La coalizione respinge le critiche. “È già vietato fare pubblicità sensazionalista delle pratiche mediche e la tutela del diritto del nascituro non ha nulla a che vedere con il cosiddetto Werbeverbot“, ha detto la parlamentare SPD, Carmen Wegge. È chiaro che l’opposizione sta cercando argomentazioni per fuorviare l’opinione pubblica.
Perché in futuro resti vietata la pubblicità cosiddetta “indecente” e ingannevole, il disegno di legge appena approvato prevede anche l’ampliamento della HWG, la legge sulla diffusione delle informazioni relative a farmaci e procedure mediche. In tal modo anche gli aborti senza una motivazione medica verrebbero affrontati in modo nuovo dalla legge che, finora, ha regolato solamente l’uso scorretto dei mezzi pubblicitari in riferimento ai prodotti farmaceutici. Formalmente la legge deve ancora passare al vaglio della camera alta del consiglio federale, ma non necessita dell’approvazione dei singoli Länder per entrare in vigore.
Festeggiano i sostenitori della legge, delusa la Chiesa cattolica
Sostenitori e sostenitrici della cancellazione del 219/a festeggiano alla fine della seduta un successo storico. Il personale medico può finalmente contare sulla certezza del diritto e potrà informare liberamente su iter e procedure di interruzione della gravidanza senza la paura delle sanzioni penali, ha detto la capogruppo dei Verdi, Ricarda Lang. “Il Bundestag oggi ha scritto una nuova pagina di storia”, ha aggiunto.
“Abbiamo vinto la nostra battaglia: finalmente il paragrafo 219/a è storia!”, ha twittato la presidente dei Giovani Socialisti (Jusos), Jessica Rosenthal.
Molte altre associazioni hanno salutato con soddisfazione la decisione del Bundestag. La presidente della Lega tedesca delle Giuriste (DJB), Maria Wersig, ha parlato di un atto doveroso e atteso da tempo.
La Chiesa cattolica, invece, ha accolto con rammarico la decisione di cancellare il paragrafo, “Sarebbe stato meglio proporre una modifica del comma interessato e correggere il passo relativo alle modalità di informazione per la donna”, ha dichiarato il portavoce della Conferenza episcopale tedesca, Matthias Kopp. “Questa soluzione, secondo noi, avrebbe tutelato sia gli interessi della donna che il diritto alla vita del nascituro, garantito dalla costituzione”.
Lo stralcio del 219/a ormai è un fatto, tuttavia, il dibattito sullo stato del diritto all’aborto e all’autodeterminazione in Germania come pure nel resto d’Europa e nel mondo, resta vivo e urgente, come suggerisce l’analisi della giornalista Nina Monecke.
E ora andiamo al dunque
L’abolizione del cosiddetto Werbeverbot era doverosa. Tuttavia la pratica abortiva resta ancora un crimine. Cosa aspettiamo ad abolire anche questo?
di Nina Monecke, ZEIT, 24 giugno 2022
Il paragrafo 219/a del codice penale viene finalmente cancellato. Decine e decine di uomini e donne, medici, giuristi, attivisti e politici si sono battuti a lungo perché ciò accadesse – a volte anche a costo di correre seri rischi individuali. Ora il personale medico, ovvero chi è davvero competente e qualificato per farlo, potrà fare informazione sull’aborto senza temere risvolti penali. Abusi e scorrettezze nella diffusione delle informazioni sono loro già impediti dal codice professionale. Perciò fare questo passo era importante, ma ancor di più doveroso.
La vede in modo diverso l’Unione, che fino all’ultimo prefigurava assurdi scenari di campagne pubblicitarie per l’aborto, alimentando così lo scetticismo di massa nei confronti delle persone che volevano abortire e del personale medico. “L’abolizione del 219a“, dice ad esempio il parlamentare della CDU Günter Krings, “rappresenta la caduta di un argine“.
E noi speriamo davvero che in questo caso abbia ragione. Perché la regolamentazione dell’aborto deve essere rivista dalle fondamenta. In questo Paese non esiste il diritto di porre fine a una gravidanza e non esiste, per una donna che resti incinta senza desiderarlo, il diritto di decidere autonomamente del proprio corpo. Il paragrafo §218 del codice penale, infatti, vieta per principio la pratica abortiva. Solamente a determinate e stringenti condizioni l’aborto non è perseguibile (non costituisce reato): entro la dodicesima settimana e solo dopo una consulenza obbligatoria che deve avvenire almeno tre giorni prima dell’intervento.
Per lungo tempo in Germania è sembrato non importare che l’aborto fosse o meno legale o che fosse in vigore un divieto come il Werbeverbot. Quasi nessuno conosceva i paragrafi 218 e 219a e c’era ancora un numero sufficiente di medici pronti a praticare l’intervento. Le cose sono cambiate dopo la denuncia mossa contro Kristina Hänel e altri medici, e con il peggioramento delle condizioni di assistenza medica alle pratiche abortive.
Dal 2003 ad oggi il numero dei centri e delle cliniche che effettuano aborti si è quasi dimezzato. In certe regioni le donne devono percorrere fino a 150 chilometri per raggiungere la clinica più vicina o sconfinare nei Paesi Bassi, dove vigono regole più liberali. In Germania, sebbene l’interruzione di gravidanza sia uno degli interventi più comuni, gli studenti di medicina del Paese possono completare il percorso di studi senza aver mai affrontato l’argomento. La coalizione di governo si dice intenzionata a intervenire anche su questo.
I diritti riproduttivi come diritti umani
Quanto sia importante tutelare i diritti riproduttivi lo dimostrano anche gli ultimi sviluppi in Polonia, dove le donne muoiono perché i medici si rifiutano di praticare l’aborto per paura delle conseguenze penali, e negli Stati Uniti, dove la Corte Suprema mina di fatto il diritto di poter abortire in tutti gli Stati. Gli studi dimostrano che leggi più restrittive non portano a ridurre il numero di interventi. Le donne che vogliono abortire trovano comunque la strada per farlo, una strada psicologicamente più gravosa, più lunga e faticosa, più costosa e spesso più pericolosa. Una società che voglia dirsi illuminata non dovrebbe mai chiedere loro un sacrificio simile.
La coalizione ha già annunciato nel contratto di governo l’istituzione di una commissione con il compito di vagliare le possibilità di regolamentare l’aborto al di fuori del diritto penale. Tuttavia non si conoscono ancora né i nomi dei componenti né la data di inizio dei lavori (non si sa ancora né da chi sarà composta né quando sarà operativa). Contattato dalla ZEIT ONLINE, il Ministero della Salute non rivela altri dettagli.
Che la cosa possa funzionare al di fuori del codice penale lo mostra il caso della Nuova Zelanda, dove l’aborto è stato incluso tra le normali pratiche di assistenza sanitaria dal 2020.
Persino la cattolica Argentina ha legalizzato le pratiche abortive fino alla quattordicesima settimana.
In Canada, dove l’aborto è legale dal 1988 e non ci sono limiti temporali per effettuarlo, più dell’86% delle interruzioni di gravidanza avviene comunque prima della dodicesima settimana. E il numero delle pratiche è stabile.
Abortire non è un’operazione banale. Proprio per questo, le donne in età fertile dovrebbero avere accesso a tutte le informazioni utili e alla migliore assistenza possibile. In Germania al contrario ricevi una consulenza obbligatoria che, per legge, ti spinge ad avere il bambino, ti costringe a tre giorni di attesa e al dialogo con un obiettore di coscienza che ti dipinge come un’assassina.
Sono anni che, a causa di queste regole, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani richiama la Germania per arretratezza. Perché i diritti riproduttivi sono diritti umani, e di questi fa parte anche l’accesso libero e economicamente abbordabile ai metodi contraccettivi.
Forse questo, invece del diritto penale, sarebbe un modo più efficace perché meno persone rimangano incinte senza desiderarlo e debbano arrivare ad abortire.
Traduzione di Daniela Fioravanti via zeit.de,