Tunisia, addio sogni di democrazia?
Continua il processo di accentramento dei poteri di Kais Saied, che redigerà la nuova Costituzione. L’opposizione teme un ritorno della dittatura e ne chiede le dimissioni.
In Tunisia è tornato l’inverno. Il referendum costituzionale, voluto dal presidente Kais Saied, ha vinto con quasi il 95% delle preferenze: ora si potrà cambiare la Costituzione e trasformare il governo da semipresidenziale a presidenziale. Autocratico, secondo l’opposizione che ha boicottato le urne.
La partecipazione è stata da record, ma al ribasso: ha votato soltanto il 30% degli elettori, meno di un terzo degli oltre 9 milioni aventi diritto. L’approvazione del nuovo testo non prevedeva raggiungimento del quorum, quindi, per il Presidente, la vittoria è netta e valida.
Non così per il Fronte di Salvezza Nazionale, coalizione d’opposizione formata da 5 partiti, tra cui l’islamista Ennahada, per cui l’intero processo di voto è stato “Un fiasco ed una recita” e di cui hanno contestato i risultati. Per il capo del Fronte, Nejib Chebbi “Saied ha falsificato la volontà popolare falsificando i risultati” e ne critica le modalità di voto in riferimento al fatto che gli Osservatori Internazionali non hanno potuto entrare nei seggi: “I risultati iniziali erano gonfiati e non coerenti con quanto gli osservatori hanno visto in loco“.
Romdhane Ben Amor, portavoce del Forum tunisino per i diritti economici e sociali, ha criticato il progetto di Costituzione non solo nei contenuti ma anche nei metodi: “È il risultato di un processo unilaterale ed escludente. Non è stato consultato con la società civile o i partiti politici ma riflette solo la visione del Presidente della Repubblica”. L’opposizione, capeggiata dal Fronte, chiede le dimissioni di Saied e nuove presidenziali.
Il diretto interessato, Kais Saied, ha invece affermato che “La Tunisia è entrata in una nuova fase“. Il Presidente ha promosso la nuova Costituzione assicurando che ogni cambiamento sia stato fatto nello spirito della rivoluzione del 2011, pensando al futuro della Tunisia per porre fine ad anni di decadimento economico. “Le nostre risorse e la nostra ricchezza sono enormi – ha motivato il Presidente – e la nostra volontà è ancora più grande per ricostruire una nuova Tunisia e una nuova Repubblica, che rompa con il passato“.
La nuova Carta sostituirà quella del 2014, figlia della Rivoluzione dei Gelsomini, quel movimento di ribellione e rinascita sorto durante la Primavera Araba del 2011 proprio in Tunisia. Segni di un cambiamento che oggi la stessa Tunisia rischia di seppellire.
Il futuro è un presidenzialismo puro: il Presidente nominerà capo del governo e ministri con la facoltà di poterli revocare unilateralmente, sarà capo dell’esecutivo, per il quale non è richiesta neanche la fiducia dei deputati, e dell’esercito. Il mandato presidenziale quinquennale sarà duplicabile ed estendibile in caso di “rischio imminente per il Paese”. Il parlamento sarà composto da due camere, l’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, eletti a suffragio universale diretto, e nascerà un nuovo “Consiglio delle Regioni e dei Distretti” i cui membri sono indicati dai consiglieri locali.
Il governo potrà comunque essere sfiduciato e cadere, ma con una maggioranza dei due terzi raccolta dal parlamento con mozione di censura. Non c’è traccia, invece, di procedimento per la sfiducia al Presidente. Particolare preoccupazione desta il ruolo della magistratura, non più organo indipendente ma funzione di Stato: uno Stato nelle mani del Presidente.
Inoltre, per la prima volta nella storia tunisina, l’Islam non sarà religione di Stato per quanto il Paese sia definito parte della comunità islamica e lo Stato debba comunque lavorare per raggiungere “gli obbiettivi dell’Islam”.
Kaias Saied, 64 anni, è stato eletto nel 2019 con il 70%, presentandosi da indipendente senza appoggio di partito alle spalle, ma con la promessa di liberare la nazione dalla classe politica che guidava la Tunisia. Un anno fà Saied aveva invocato lo stato di emergenza, secondo l’articolo 80 della Costituzione, per fermare il legislativo e prendere il posto del Primo Ministro Mechici: da quel momento in poi ha governato per decreto.
L’opposizione aveva parlato di colpo di Stato basandosi sul fatto che, prima di invocare lo stato di emergenza ed accentrare il potere nella propria figura, Saied non avesse consultato Premier e Capo del Parlamento come previsto, invece, dalla vigente Costituzione.
Ancora oggi la fiducia nel Presidente continua ad essere inversamente proporzionale al livello di stanchezza che i tunisini hanno maturato negli anni nei confronti dei politici figli della Rivoluzione dei Gelsomini: rivoluzione mancata in una troppo breve primavera.
Economia al ribasso, corruzione, disoccupazione al 16% ed assenza di servizi pubblici sono stati problemi costanti della Tunisia post 2011, cui le istituzioni non hanno saputo trovare soluzione: per buona parte della popolazione, la supposta democratizzazione della società non ha comportato un concreto miglioramento del tenore di vita.
Dal 2020 si è aggiunta la crisi sanitaria, con conseguente peggioramento economico, e da qualche mese la guerra in Ucraina ha comportato inflazione e blocco dell’importazione di alcune materie prime.
In questo stallo socio-economico, in questa frustrazione ha trovato spazio Saied, che prepara le legislative del prossimo Dicembre mentre l’opposizione ne chiede le dimissioni.
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