Suicidi in carcere: necessario trovare soluzioni a una situazione tragica
Nei primi 8 mesi dell’anno 58 detenuti si sono uccisi in carcere, superando già il numero totale del 2021. Per l’Associazione Antigone “è urgente che il governo prenda provvedimenti e si liberalizzino le telefonate”.
Cinquantotto persone che hanno deciso di togliersi la vita. Cinquantotto detenuti che si sono uccisi in carcere, un numero impressionante che dopo 8 mesi dell’anno ha già raggiunto e superato quello dei suicidi di tutto il 2021, l’ultimo in ordine di tempo ieri, a Perugia.
Le cifre raccolte dall’Associazione Antigone, Osservatorio sulle condizioni di detenzione nato oltre 20 anni fa, sono impietose. E non devono farci girare dall’altra parte, dobbiamo farle entrare bene nella nostra testa e agire di conseguenza. Solo ad agosto 15 persone si sono tolte la vita, e come chiede Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, “il carcere non è una condanna a morte. È necessario intervenire affinché il dramma che sta interessando gli istituti di pena italiani in questo 2022 si possa fermare“.
In particolare, l’associazione chiede una “riforma urgente del regolamento del 2000 che porti ad una liberalizzazione delle telefonate per i detenuti. In un momento di sconforto, sentire una voce familiare, può aiutare la persona a desistere dall’intento suicidario. I 10 minuti a settimana previsti attualmente non hanno più nessun fondamento, né di carattere tecnologico, né economico, né securitario. Cambiare quel regolamento non comporta alcun atto legislativo e il Governo potrebbe farlo anche in questa fase transitoria“.
Quella dei suicidi è una delle sfaccettature peggiori del nostro paese, perché include anche il sovraffollamento delle carceri, con un tasso che a fine giugno era del 107,7%, con 54.841 persone recluse su 50.900 posti, anche se il tasso effettivo, considerando i posti letto realmente disponibili, che a luglio 2022 erano 47.235, è del 112%. Anche il gran caldo di quest’anno ha reso ancora più difficile la vita dei detenuti, così come la questione delle strutture, che andrebbero modernizzate, come sottolinea ancora l’Associazione Antigone: “Per combattere il gran caldo il Dap, con una recente circolare, ha autorizzato l’acquisto dei ventilatori nel sopravvitto. Si tratterebbe di ventilatori da tavolo da collegare alla rete elettrica, mentre in alcuni istituti si trovano invece ventilatori a batteria. Ma la loro disponibilità varia da carcere a carcere e, inoltre, il fatto che l’acquisto sia a spese dei detenuti fa sì che non tutti abbiano possibilità di comprarne uno“.
Ha ragione Giulio Cavalli, che ieri su Left ha scritto che qualcuno deve avere “il coraggio di parlarne in questa brutta campagna elettorale“.
Articolo a cura di Graziano Rossi