Giudice vieta la fusione dei giganti dell’editoria Penguin Random House e Simon & Schuster
La sentenza considera che l’oligopolio potrebbe ledere gli scrittori.
Una giudice di Washington ha vietato lunedì scorso (31 ottobre, NdT) l’acquisizione della casa editrice Simon & Schuster da parte di Penguin Random House per i rischi in termini di concorrenza, secondo quanto comunicato dal Dipartimento di Giustizia. La motivazione però non è stata la tutela dei consumatori/lettori, come di consueto avviene nei casi di concorrenza, ma degli autori: la giudice ha considerato che la posizione di oligopolio avrebbe danneggiato la concorrenza nel mercato degli anticipi dei diritti dei libri più venduti. Stephen King, che ha rilasciato una dichiarazione contraria al suo stesso editore, l’ha avuta vinta.
La più grande casa editrice degli Stati Uniti, Penguin Random House, che appartiene al gruppo tedesco Bertelsmann, nel 2020 aveva preso accordi per comprare Simon & Schuster, il terzo più grande gruppo editoriale del paese, di proprietà di Paramount, per 2.175 milioni di dollari, dopo essersi imposto in una sorta di asta che aveva richiamato molta attenzione.
Il veto rappresenta un successo per il Governo di Joe Biden.
Il Dipartimento di Giustizia aveva impugnato l’operazione in tribunale, affermando che avrebbe danneggiato la concorrenza. Si è pronunciata in merito Florence Y. Pan, prima giudice asio-americana del Distretto di Columbia, nominata dallo stesso Biden. Nella sua decisione indica: “Dopo l’esame dell’ampia documentazione e l’attenta considerazione delle argomentazioni delle parti, il tribunale ritiene, come sostenuto dal Governo U.S.A., che la fusione proposta possa risultare in una riduzione sostanziale della concorrenza nel mercato statunitense degli anticipi dei diritti per la pubblicazione dei libri più venduti”.
La sentenza completa non è stata ancora resa pubblica per la presenza di contenuto considerato confidenziale, le parti hanno diritto a richiederne l’oscuramento prima che sia diffuso il verdetto.
Quando il Dipartimento di Giustizia aveva annunciato la sua azione contro la fusione, a novembre 2021, aveva dichiarato che l’acquisizione di Simon & Schuster avrebbe dato a Penguin Random House il controllo di quasi la metà del mercato degli anticipi per l’acquisizione dei diritti di pubblicazione dei libri più venduti, lasciando centinaia di autori con meno opzioni e meno potere contrattuale. Nella sua istanza segnala anche che lo stesso gruppo Bertelsmann considerava il mercato editoriale statunitense come un “oligopolio” e la sua acquisizione di Simon & Schuster mirava a “consolidare” la sua posizione come editore dominante negli Stati Uniti.
“Nel corso della storia del nostro paese i libri hanno plasmato la vita pubblica statunitense, e gli autori sono la linfa vitale dell’editoria negli Stati Uniti”, aveva segnalato già allora in un comunicato il procuratore generale Merrick B. Garland. “A controllare il mercato editoriale statunitense però sono solo cinque case editrici. Se alla casa editrice più grande del mondo si consente di acquisire una delle sue più grandi rivali, avrà un controllo senza precedenti su questo importante settore”, aveva aggiunto.
Queste aziende sono conosciute come le Big Five (le cinque grandi) e, oltre a Penguin Random House e Simon & Schuster, includono HarperCollins (affiliata a News Corporation, di Rupert Murdoch), Macmillan e Hachette.
Penguin Random House ha annunciato che farà ricorso.
“Siamo molto in disaccordo con la decisione odierna, una sfortunata battuta d’arresto per lettori e autori”, ha dichiarato in un comunicato. “Come dimostrato nel corso del giudizio, il fatto che il Dipartimento di Giustizia si concentri sugli anticipi agli autori più pagati del mondo invece che sui consumatori o su l’intensa concorrenza del settore editoriale è antitetico alla sua missione di garantire una concorrenza leale”, ha aggiunto.
Il Dipartimento di Giustizia, invece, ha cantato vittoria.
“La decisione di oggi tutela la concorrenza essenziale per i libri ed è una vittoria per gli autori, i lettori e il libero scambio di idee”, ha indicato il procuratore aggiunto Jonathan Kanter, della Divisione Antitrust. “La fusione proposta avrebbe ridotto la concorrenza, la remunerazione degli autori, l’ampiezza, la profondità e la diversità delle nostre storie e idee e, in ultima istanza, impoverito la nostra democrazia”, ha aggiunto.
Il processo ha avuto luogo a Washington nella prima metà di agosto e il testimone chiave del Governo è stato lo scrittore Stephen King, che pubblica i suoi romanzi con un marchio di Simon & Schuster, ma si è pronunciato contro il suo editore. Ha sostenuto che i giovani autori, per i quali ogni volta sarebbe stato più difficile guadagnare a sufficienza per vivere del proprio mestiere, avrebbero pagato il prezzo più alto della fusione. Sebbene, in realtà, il caso si sia concentrato sugli anticipi agli autori di grande successo, come lui.
Mentre i dirigenti delle due società coinvolte nell’operazione si sono espressi a favore della stessa, quelli dei rivali Hachette e HarperCollins si sono espressi in senso contrario, in un processo molto seguito da tutto il settore.
Traduzione di Valentina Cicinelli via elpais.com
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