Madrid protesta contro la gestione sanitaria di Isabel Ayuso
La crisi ormai conclamata nella sanità pubblica dà il via alla prima grande manifestazione contro la presidente di Madrid, tra licenziamenti e dimissioni di dirigenti nel settore della Sanità e scioperi del personale sanitario a 7 mesi dalle elezioni.
Per due lunghi anni, Isabel Díaz Ayuso non ha avuto la benché minima intenzione di amministrare un bel niente, scrivono José Precedo e David Noriega sul giornale spagnolo El Diario. Ha approvato una legge urbanistica (l’ennesima legge per rendere la vita semplice ai costruttori, in linea con la tradizione della destra madrilena), non ha portato a termine nessuna previsione di bilancio e si è limitata a quella che gli anziani nel partito chiamano “la battaglia ideologica”, ovvero: criticare le battaglie della sinistra e ogni annuncio del presidente del Governo, Pedro Sánchez, o dei suoi alleati, fino a mettere in discussione tutte le loro decisioni, anche quando incidentalmente ciò significava contraddire quelle che i suoi stessi colleghi di partito nelle altre Comunità autonome prendevano per cercare di circoscrivere la pandemia.
Madrid si è collocata in alto, molto in alto, nel ranking europeo di morti per Covid, sono emerse alcune procedure controverse del Consiglio di Sanità per evitare che gli anziani andassero in ospedale quando le residenze per anziani erano piene di malati, e Ayuso si è perfino permessa di affidare una commessa per mascherine dalla Cina all’impresa di un amico, per la quale ha anche pagato una commissione di circa 300mila euro a suo fratello.
Nel pieno della crisi, mentre si dimettevano la direttrice generale della Sanità Pubblica, Yolanda Fuentes, il consigliere alle Politiche Sociali, Alberto Reyero, e altri dirigenti intermedi, inclusi nomi di rilievo nominati dalla stessa presidente, il Governo di Madrid (soprattutto la parte del PP) si limitava a rivendicare la “libertà” di tenere aperti i bar contro tutte le evidenze scientifiche e a ripetere che Madrid non avrebbe nemmeno limitato i movimenti dei suoi abitanti mentre il resto delle autonomie lo facevano eccome.
La leader nascente della destra madrilena si vantava di “sorprendere il mondo” con le sue innovazioni, soprattutto quella che ha comportato costruire in tempo record un ospedale, l’Isabel Zendal, senza sale operatorie né infrastrutture basiche, che sarebbe costato 50 milioni di euro (alla fine è costato tre volte il preventivo e oggi è semideserto).
Quei messaggi, che in privato facevano indignare alcuni colleghi di partito, la sua costante guerra santa contro Sanchez e alleati, e un apparato mediatico entusiasta che si abbevera al bilancio della Comunità, sono bastati ad Ayuso per spuntarla nei sondaggi, convocare elezioni anticipate, fare fuori i suoi alleati di Ciudadanos e mettere un freno a Vox. Una specie di circolo virtuoso che le ha permesso di riunire di nuovo la destra in uno dei suoi bastioni, per la gioia della stampa conservatrice di Madrid che aveva applaudito tutte le sue disgrazie. Per consolidare la sua leadership, Ayuso è stata persino capace di prendersela con il presidente del partito, il dirigente che ne aveva favorito l’ascesa come candidata, Pablo Casado.
Tutto ciò accadeva prima delle elezioni del 2 maggio 2021, in cui Ayuso ha ottenuto una vittoria schiacciante alle urne, sebbene ancora al di sotto dei risultati elettorali conseguiti in passato da Esperanza Aguirre. Poi senza alcun riguardo ha stretto un patto con l’estrema destra di Vox e si è preparata a suonare la stessa musica per altri due anni, una volta liberatasi dai leggeri mal di testa che le facevano venire i suoi alleati di Ciudadanos.
Con l’aiuto di Vox ha modificato la legge che richiedeva una maggioranza qualificata per le nomine degli amministratori di Telemadrid, ha licenziato i dirigenti nominati da Cristina Cifuentes e Ciudadanos e davanti alla telecamere dei notiziari ha messo giornalisti di parte: con tutta la stampa conservatrice che pendeva dalle sue labbra, come poteva accadere che proprio la rete da sempre del PP le desse dispiaceri? Questa domenica è stato un buon esempio di quel che cercava: con centinaia di migliaia di persone che gremivano la capitale contro la gestione della Sanità da parte dell’Esecutivo madrileno, la televisione pubblica ha aspettato 40 minuti per dare notizia della manifestazione attraverso il suo profilo Twitter, dove sono comparsi appena tre post. Due dei quali con la posizione della vicesindaca Villacís e del consigliere di Ayuso David Pérez.
Succede però che ora il paese ha superato la pandemia, ci sono bar aperti in tutta la Spagna, Sánchez e il suo governo resistono nel bel mezzo della débâcle dei governi di mezza Europa e la gente è tornata alla routine, anche a Madrid. Con la ricomparsa della comune influenza e degli incidenti domestici, non funziona più l’alibi del Covid per tenere chiusi i pronto soccorso dei Centri di salute, che sono stati inattivi per più di due anni e mezzo, e si è visto inoltre che così quelli degli ospedali collassano.
La pressione del personale sanitario, delle associazioni locali che hanno protestato davanti ai Centri di salute, dei sindacati e dell’opposizione hanno costretto il governo della Comunità ad annunciare la scorsa estate la riapertura di questi Pronto Soccorso di prossimità che alleggerivano il lavoro degli ospedali e costituivano un punto di riferimento vicino per i cittadini durante i fine settimana, i festivi e le notti, quando i medici di famiglia non prestavano servizio. Mancava però personale, cosa che la marea bianca a Madrid reclama da molti anni, anche prima che arrivasse la notizia del primo caso di quel virus strano nella regione cinese di Wuhan.
La soluzione del Governo di Ayuso per fare marcia indietro rispetto alla sua stessa strategia e riaprire i SUAP [NdT: Servizio Urgenze di Assistenza Primaria] è stata trasferire i medici dalle zone rurali alla città. A parte il fatto che per i paesini questo voleva dire che pioveva sul bagnato, i conti non tornavano comunque.
La comunità sanitaria, duramente provata dai due lunghi anni di pandemia, negli ultimi mesi è stata un coacervo di voci di corridoio, ci sono state dimissioni e licenziamenti nella squadra del Consiglio e l’ambiente si è andato scaldando con le dichiarazioni di dirigenti politici del PP che muovevano accuse di boicottaggio e cercavano di far passare i medici per un gruppo rivoluzionario.
Fin quando l’Assistenza Primaria ha deciso di scendere in piazza. All’inizio si è trattato di piccole proteste e piccoli assembramenti. Poi lo sciopero e la risposta del Consiglio di Sanità: 100% di servizio indispensabile.
Il personale sanitario reclamava misure ragionevoli: la dotazione minima di un medico, un’infermiera e un vigilante per riaprire il pronto soccorso in 37 ambulatori.
Il Governo di Madrid però, che si vanta di essere il motore economico della Spagna, lo stesso che annuncia tagli alle tasse ai grandi patrimoni che non pagherebbero un miliardo di euro ogni anno, non è stato in grado di garantire questo personale. A suo tempo, i professionisti dei SUAPS sono stati destinati all’ospedale di Ifema, al Zendal – che, essendo stato costruito senza assumere medici, ha preso in prestito il personale da altre equipe -, o alla campagna di vaccinazione del Wizink center.
Di fronte al naufragio di un piano che faceva acqua da tutte le parti ancor prima del suo varo e che è affondato già la prima notte, ad oggi quasi tre settimane fa, la ditta Ayuso e il suo scudo mediatico hanno annunciato ancora una nuova magia: pronto soccorso senza medici, la consulenza-video d’urgenza. Basterebbero un’infermiera e un tablet, collegata a un medico non fisicamente presente, per rispondere a tali emergenze nei centri di salute. Più tecnologia a distanza e meno fonendoscopi. Le rimostranze di quei dottori che chiedevano di auscultare i suoi pazienti, sentirli al tatto e all’olfatto, come si è fatto per tutta la vita, non sono riuscite a convincere l’Amministrazione.
Il personale è insorto, mentre Ayuso, il responsabile della Sanità, Enrique Ruiz Escudero, e diversi dirigenti del PP regionale si precipitavano a denunciare presunti sabotaggi dei sindacati e del personale sanitario. Il problema però era arrivato ai piani alti del Consiglio di Sanità. La massima responsabile dell’Assistenza Primaria si è dimessa poco prima di varare il piano. Il Consiglio ha addotto problemi “personali e medici” e, nel corso della stessa settimana in cui sono stati riaperti i pronto soccorsi extraospedalieri in pieno caos, si è dimessa la numero due e, nel giro di qualche ora, anche la direzione assistenziale del sudest. Dalla Puerta del Sol non sono stati spiegati i motivi di queste dimissioni a cascata.
La presidente continua a ripetere da settimane una mezza verità: in Spagna mancano i medici. È vero perché molti sono stati costretti a emigrare durante l’epoca dei tagli del Governo di Mariano Rajoy. Non succede solo a Madrid ma questa diagnosi tenta di nascondere un altro problema che invece andrebbe risolto nell’Amministrazione della Comunità autonoma. I medici che studiano nella capitale non vogliono rimanere nel servizio sanitario madrileno per le pessime condizioni offerte. Un paio di dati: dei 338 medici di famiglia che hanno concluso la specializzazione solo 59 hanno deciso di rimanere a Madrid quest’estate. La Direzione di Assistenza Primaria li aveva convocati per coprire 197 posti. 138 sono rimasti scoperti. In Pediatria di 26 ne sono stati coperti 5.
Sui media scorrono in questi giorni fiumi di testimonianze di medici che denunciano le condizioni vergognose che offre loro la Comunità.
E racconti di molti altri che erano qui e hanno deciso di emigrare in altre Comunità o quelli cui conviene andare in Irlanda nei fine settimana per fare le guardie.
Inoltre, dei circa 200 medici professionisti che coprivano il servizio di assistenza continua nelle zone rurali, trenta circa hanno rinunciato al posto di lavoro. Non si sono dimessi, come il Consiglio di Sanità avrebbe detto in riferimento al 60% dell’organico: quasi un 10% ha preferito non ricevere uno stipendio, non aver diritto allo sciopero, né il luogo in cui lavoravano da anni, di fronte alla situazione in cui li ha messi la Comunità di Madrid con la modifica delle condizioni di lavoro e lo scenario di dover prestare assistenza senza standard minimi di qualità per i pazienti.
Mentre con il personale sanitario accadeva questo, la presidente annunciava la sua intenzione di ricostruire da zero l’ospedale La Paz, invece di ristrutturarlo, come era stato previsto. Un sacco di soldi in cemento, mentre in organico mancano medici e infermiere.
La scorsa domenica, tutto è esploso per strada. Quattro colonne sono partite da nord, sud, est e ovest fino al cuore della capitale a Plaza de Cibeles. C’erano camici bianchi, striscioni a difesa della Sanità Pubblica, famiglie intere con bambini, tutta l’opposizione e facce note come il regista Pedro Almodóvar. Soprattutto però una moltitudine di gente ha marciato in protesta contro la gestione di Ayuso e alcune delle scuse accampate. “Meno proclami e più infermiere”, ripeteva in coro un gruppo che procedeva verso Cibeles.
Il governo stima 200.000 manifestanti. Gli organizzatori 670.000. Forse non sono arrivati a questi numeri, sebbene manifestazioni analoghe della destra sono state stimate anche in un milione di persone con Plaza de Cibeles piena e una marea che si è allargata alle strade vicine. Una manifestazione analoga a quelle che ci furono contro le privatizzazioni di Aguirre.
Le immagini aeree non mentono, si è trattato di una manifestazione di massa, di quelle in cui non si vede dove finisce la gente, la prima dell’era Ayuso, che il giorno prima ha tentato di minimizzare facendo ricorso al solito copione delle guerre culturali: 34 medici tentano un boicottaggio, e stiamo già con il “no alla guerra”? Per l’intera domenica, la presidente e tutto il governo sono rimasti in silenzio, mentre il portavoce in Asemblea, Pedro Muñoz Abrines, definiva la protesta un “fallimento”. Ha utilizzato le solite argomentazioni del PP: mettere l’accento sui madrileni che non hanno partecipato alla protesta.
Quello è il messaggio verso l’esterno. All’interno, Ayuso sa che si trova nella sua prima crisi importante e mancano solo sette mesi a una nuova tornata elettorale. E a differenza di quel che ha fatto da quando ha preso possesso della Puerta del Sol, bisognerà vedere se riuscirà a cercare un nemico esterno nel “Governo socialcomunista” di Sánchez e compagni per tappare i buchi della gestione del suo Esecutivo. O se i media alleati riusciranno a dissimulare una realtà che molti madrileni conoscono per esperienza diretta, con i centri di salute chiusi, la mancanza di medici e gli appuntamenti fino a due settimane per l’Assistenza Primaria…. che possono diventare anni nel caso delle operazioni chirurgiche. Il tipo di disastri che corre di bocca in bocca nel vicinato, scrivano quel che vogliono gli editoriali della stampa amica.
Tutti sanno ormai – e chi non lo sapeva ne è venuto a conoscenza durante la pandemia – che la competenza in materia di Sanità è delle Autonomie e che qui non servirà a nulla il mantra del nemico esterno. La nuova leader della destra madrilena si preparava a una trionfale conclusione di legislatura verso la maggioranza assoluta e aveva persino lasciato intendere che le sue ambizioni non si fermavano a Madrid. Ora, 26 mesi dopo essere stata nominata presidente dell’Assemblea regionale, Ayuso si vedrà obbligata a occuparsi per la prima volta dell’ambito più delicato del suo Governo. La scorsa domenica la piazza ha espresso a gran voce che con la sanità non si scherza.
Traduzione di Valentina Cicinelli via eldiario.es
Titolo in italiano, completo: Medici in sciopero, dimissioni di dirigenti e manifestazione in piazza: Madrid protesta contro la gestione sanitaria di Ayuso
Immagine di copertina via twitter.com/JesusCintora