Più libri più liberi (?)
Il retrogusto un po’ amaro della fiera del libro di Roma.
Definirla fiera dell’editoria «piccola e media» forse può trarre un po’ in inganno. Si pensa all’editoria indipendente come a una schiera di piccole case editrici che lavorano in competizione con i grandi gruppi editoriali – quelli, appunto, esclusi dalla fiera. Eppure, solamente camminando fra le corsie del mercatone al piano basso, ci si rende conto che non tutti gli editori indipendenti hanno la medesima forza. Alcuni espositori sono nettamente meno piccoli di altri. I più forti hanno postazioni migliori, sia in termini di ampiezza dello spazio sia in termini di collocamento all’interno del mercato. La fiera riproduce, anche fisicamente, i rapporti di forza che ci sono fuori, nel mercato in senso lato. È illusione pensare di avere uguale peso e di ricevere pari attenzione.
Certamente c’è la bellezza. Da una parte le distese di libri, immagine sempre rincuorante. Dall’altra ci sono gli eventi, le presentazioni, gli incontri con gli autori. Anche qui, effettivamente, si nota la diversità di peso e di forza delle case editrici e degli autori stessi. Eventi più affollati ed eventi meno seguiti. Anche qui, entrano in fiera le logiche del fuori-fiera.
L’incontro fra lettori, autori ed editori è possibile, ma non troppo. Gli eventi ai piani alti sembrano andare a un altro ritmo rispetto al caotico girone sottostante. Le persone scorrono lungo i corridoi, si aggrumano, sciamano in un brusio continuo ed è difficile intessere conversazioni e intrecciare riflessioni.
Al piano appena sopra uno stand importante: quello di STradE, il Sindacato dei Traduttori Editoriali, che si è ritagliato uno spazio all’interno della fiera, facendo presente con il suo banchetto che esiste un aspetto generalmente taciuto nel corso della festa. Gli editori sono (anche) imprenditori. Il libro è (anche) merce. Nella carrellata al piano di sotto, le realtà editoriali sono tutte virtuose? L’essere indipendenti è garanzia di buone pratiche? La bellezza dello spettacolo su questo punto un po’ si offusca. Contratti iniqui, lavoro sottopagato, sfruttamento: così come nel resto dell’universo imprenditoriale, anche sul pianeta editoriale esistono queste faccende. Ed è difficile ammettere che nel mondo dei libri, quel mondo che adoriamo, ci sia questo residuo fastidioso, che si vorrebbe tenere a un piano ancor più sotto. Tanto più che questa è la festa dell’editoria indipendente e la parola «indipendente» ci scuote sempre il petto in uno spasmo di piacere.
Bella però, la nuvola rossa sopra la testa.
Viola Colibrì