Joyce Lussu, Sibilla del Novecento
Dopo “Joyce L. Una vita contro”, Silvia Ballestra torna con un nuovo intenso resoconto sulla vita di Joyce Lussu.
Joyce Lussu è stata indiscutibilmente una protagonista del Novecento ed è difficile se non impossibile contenerla entro una o più definizioni: intellettuale, pensatrice, scrittrice, poeta, traduttrice, saggista. Il punto fermo, semmai, è la costante congiunzione di pensiero e azione. Il pensiero resistente permea la sua vita, i suoi studi, i suoi scritti.
La dimensione del viaggio è un’altra caratteristica costante della sua vita. Viaggi obbligati o deliberati, anch’essi in linea con la sua lotta partigiana. Il suo viaggiare inizia, anzi, molto presto: è ancora una ragazzina quando la sua famiglia fugge dopo un’aggressione fascista ai danni del padre. I genitori di Joyce Lussu sono intellettuali antifascisti e negli anni della prima formazione già assorbe certi valori che la accompagneranno sempre.
Altro aspetto fondamentale, se non salvifico, della sua vita: la conoscenza delle lingue. Essere poliglotta – conosceva almeno l’inglese, il tedesco e il francese, oltre all’italiano – le darà un vantaggio nella sua attività di militante antifascista.
Raccontandola e facendoci a volte ascoltare direttamente la sua voce, in La Sibilla. Vita di Joyce Lussu (pubblicato quest’anno da Laterza), Silvia Ballestra dipinge un ritratto di Joyce Lussu che ci dona tutta la ricchezza della sua esperienza di vita e del suo pensiero.
Il racconto dell’amore e della comunione di intenti con Emilio Lussu è intenso: Ballestra invita le loro voci sulla pagina, quasi un dialogo, voci che percorrono e raccontano gli anni della Resistenza con sfumature diverse, ma in un’unità di pensiero e di intenti che li rende compagni solidali e inseparabili. Fondamentale l’esperienza di Giustizia e Libertà, il movimento a cui entrambi si uniscono, nato in Francia per opera di esuli italiani antifascisti, che si prefigge la missione di rovesciare il regime.
Ballestra dà ampio spazio alla narrazione di questa esperienza, raccontando molto dei viaggi e degli spostamenti difficili e rocamboleschi attraverso un’Europa attanagliata dal nazifascismo. Joyce Lussu si districa come anguilla tra confini, frontiere, clandestinità, documenti falsi e identità mutevoli. In maniera lucida e astuta, sa che l’essere donna può costituire un vantaggio negli spostamenti clandestini e può fungere talvolta da lasciapassare: con il giusto abito, la combattente partigiana può passare inosservata. E la conoscenza delle lingue è sempre un asso nella sua manica. La tenacia e l’abilità nello spostarsi tra i confini europei tornerà poi quando si muoverà nel mondo come traduttrice di poeti rivoluzionari. Silvia Ballestra ci racconta anche come gli ideali della Resistenza vadano avanti anche per questa strada, con fervore instancabile.
Non volendo restare intrappolata nel ruolo di moglie del ministro Emilio Lussu, Joyce troverà infatti una sua strada, che non è quella della politica istituzionale: la strada della poesia e della traduzione. Con la costante dell’azione. Poesia e traduzione sono al tempo stesso azione: la sua attività segue sempre una linea ben precisa, la linea della lotta, della rivoluzione, della liberazione.
"Lottare contro il fascismo non è stato per me un sacrificio, ma una scelta convinta e soddisfacente"
Joyce Lussu (1912-1998), scrittrice, poetessa, partigiana, medaglia d'argento al valor militare per la guerra di Liberazione#25aprile #Resistenza #Liberazione pic.twitter.com/a48uKVl3DZ— Silvia Ballestra (@silviaballestra) April 25, 2021
Ce lo dice lei stessa in Portrait, sua autobiografia: la sua missione è «tradurre e far conoscere in Italia poeti rivoluzionari del Terzo Mondo, partendo dal principio che, per tradurli, non occorreva la filologia accademica, ma era necessario immettersi nella matrice storica e nel movimento contemporaneo della loro rivoluzione» (Portrait, L’Asino d’oro edizioni, 2012, p. 112). Perché questi poeti sono, oltre che poeti, politicamente impegnati, leader ribelli, figure politiche emblematiche di movimenti e rivolte, paladini di utopie concretamente realizzabili. «M’interessava […] il canto che accompagna la lotta attuale, l’inizio della nuova epopea popolare, che si afferma rompendo col passato arcaico e con la soggezione colonialista» (Tradurre poesia, Robin edizioni, 2019, p. 84).
Non solo. Anche il suo metodo traduttivo è rivoluzionario. Joyce Lussu traduce poeti viventi lavorandoci insieme, senza necessariamente conoscerne la lingua – turco, eschimese, curdo, albanese –, ma parlandoci tramite un idioma condiviso, penetrando così tanto nelle idee quanto nelle scelte lessicali.
Joyce Lussu cerca nelle opere dei poeti rivoluzionari elementi di rinnovamento della società. Il che assume ancor più significato se si pensa che in Italia la disillusione non tarda ad arrivare: già negli anni della ricostruzione il percorso della Repubblica si scolla dagli ideali di rinnovamento radicale della società, soprattutto per quanto riguarda il ruolo delle donne.
La condizione femminile è una costante nel pensiero di Joyce Lussu. E Silvia Ballestra ne dà ben conto nella sua biografia. Sarebbe sufficiente menzionare l’esperienza in Sardegna. La sua attenzione alle esperienze delle donne è viscerale. Si addentra nelle zone più oscure, dove le donne vivono le condizioni più difficili. Ed è da lì che parte, inizia dal basso fino ad arrivare a organizzare nel 1952 un congresso delle donne sarde.
Ma Joyce Lussu è donna lei stessa. E sulla sua pelle vivrà un’esperienza traumatica che aggiungerà disperazione alla disperazione. Non potendo portare avanti una gravidanza nelle circostanze in cui vive (guerra, continui spostamenti, precarietà, pericolo), è costretta ad abortire.
Poco dopo cade Parigi. Silvia Ballestra tratteggia la rabbia e il dolore che seguono a questi crolli. Il collasso totale cagiona stanchezza e idee autodistruttive.
Eppure l’impegno e la lotta saranno l’unico rimedio, l’unica cura.
Il crollo è umano, e questa umanità Silvia Ballestra la rintraccia a più riprese nell’eroica combattente, affrontando anche, ad esempio, aspetti meno noti della vita di Joyce Lussu, come il suo primo matrimonio. Aprire uno spiraglio sul taciuto fa emergere la complessità – l’umanità, appunto – dell’eroica figura «tutta d’un pezzo». Se lo è, «tutta d’un pezzo», è perché le sue anime sono tutte saldamente unite: l’attività di scrittrice, pensatrice, traduttrice, saggista, non è mai slegata dall’azione, dalla militanza.
A questo proposito, ringraziamo Silvia Ballestra per l’accento che pone sulla poesia come «alterità di sguardo» (p. 136) in Joyce Lussu. La poesia come tessera immancabile del mosaico della sua opera, come parte importante di un corpus variegato, ma estremamente coerente e armonico fra le sue componenti.
In questo cammino attraverso la vita di Joyce Lussu, Silvia Ballestra ci trasmette la lucidità e la profondità di visione che rendono le sue riflessioni lungimiranti se non profetiche. La Sibilla è allora il titolo perfetto per il suo libro. Di sibille e streghe, peraltro, Joyce Lussu si era occupata. Il libro perogno ne è testimonianza.
Biografia illuminante: la grande fortuna di leggere la vita della Sibilla del Novecento, raccontata da chi l’ha conosciuta di persona, da chi ha ascoltato le sue parole dalla sua viva voce, e ci ha restituito questa ricchezza.
«Vado da lei a porre a mia volta delle domande, come secoli fa pellegrini e viandanti salivano sui Sibillini, fino alla grotta della signora che, narra la leggenda, circondata dalle sue fate tesseva i fili di passato, presente e futuro, e di cui la stessa Joyce ci ha lasciato un’interpretazione nuova e molto affascinante» (p. 8).
Articolo a cura di Sara Concato