Rivolta in Perù: il paese si bagna di sangue

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Si inasprisce la rivolta antigovernativa in Perù scaturita dopo l’arresto di Castillo: paese in scacco tra manifestazioni e repressione.

Il Perù passa da una crisi all’altra. Le proteste che incendiano la regione di Puno – a sudest del paese – sono molto gravi e ad oggi hanno fatto registrare oltre 50 vittime e 531 feriti sia civili che tra le forze dell’ordine. Persone che sono morte per via di scontri diretti – ma anche a causa delle disfunzioni che le proteste e la tensione generale hanno comportato.

La rivolta in Perù ha visto il blocco di autostrade e collegamenti di lunga percorrenza, e di importanti infrastrutture – quali gli aeroporti di Cuzco e Juliaca – occupati e letteralmente presi d’assedio.

La mobilitazione anti-governativa è scoppiata l’11 dicembre e si è sviluppata principalmente tra le aree rurali di Cuzco, Ayacucho, Apurímac, Arequipa y Tacna. I manifestanti che hanno preso parte alla rivolta in Perù chiedono lo scioglimento del Congresso, l’immediata liberazione dell’ex presidente Pedro Castillo, le dimissioni della nuova Presidente Dina Boluarte e l’indizione di elezioni legislative a stretto giro.

Ecco cos’è accaduto esattamente e quali sono gli eventi che hanno condotto alla rivolta in Perù. Il paese vive da anni una grande instabilità socio-economica e politico-istituzionale e l’ultima crisi è iniziata nell’ultimo mese del 2022. Pedro Castillo, ex insegnante di 53 anni divenuto presidente nel 2021 con un leggerissimo margine, il 7 dicembre ha deciso di sciogliere il Congresso con l’obiettivo di “Ripristinare lo stato di diritto e la democrazia”. Dopo aver azzerato l’organo che detiene il potere legislativo, in Perù è stato indetto lo Stato di emergenza.

Di rimando, le Istituzioni si sono ribellate alla decisione presidenziale: per la Corte Costituzionale si è trattato di un “auto-golpe”, un colpo di stato interno; molti ministri, anche della stessa parte politica di Castillo, hanno lasciato l’incarico. Le forze di polizia e l’esercito si sono schierate congiuntamente con la Costituzione e il Congresso ha deciso di rilanciare la sfida con l’impeachment, che è stato ampiamente approvato dai legislatori (101 voti a favore, 10 astenuti e solamente 6 contrari).

A poche ore dalla tentata rivoluzione, quindi, Castillo si è ritrovato in carcere preventivo (pena di 18 mesi) con l’accusa di ribellione e cospirazione: accuse che ha sempre rigettato, continuandosi a dichiarare Presidente del Perù. Posizione condivisa da migliaia di peruviani che, come dicevamo, hanno surriscaldato le province del sudest del paese: la rabbia tra i sostenitori di Castillo aumenta con il passare dei giorni e la perpetrata inamovibilità del Governo. L’intera popolazione adesso è scossa da un clima di violenta tensione, che conta vittime ogni settimana.

La rivolta in Perù ha avuto una breve pausa nel periodo natalizio. Dopo un mese di violenza e sangue, l’ufficio del procuratore generale ha aperto un’indagine contro Dina Boluarte e la sua cerchia di potere più stretta. Il primo ministro Alberto Otárola, l’ex premier Pedro Angulo, l’ex ministro dell’Interno César Cervantes e il ministro della giustizia e dei diritti umani José Tello adesso, risultano indagati per “Presunti crimini di genocidio, omicidio aggravato e lesioni gravi“. L’indagine scaturita a seguito di un lungo periodo di protesta che ha già visto 50 morti e centinaia di feriti vede coinvolti anche i dirigenti della Polizia e dell’Esercito della regione di Ayacucho, uno dei territori più colpiti dalla protesta.

Sulla stessa lunghezza d’onda della Procura peruviana è la reazione delle Istituzioni internazionali: l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite locale si è detto preoccupato: “Per per l’aumento della violenza” ribadendo il suo “appello affinché le forze di sicurezza rispettino gli standard dei diritti umani e garantiscano che la forza sia usata solo quando strettamente necessario, nel pieno rispetto dei principi di legalità, precauzione e proporzionalità“.

Si tratta senza dubbio della più cruda protesta vissuta negli ultimi anni dal paese andino che, come dicevamo, è abituato a tensioni e cambi di corrente politica. Con decine di morti e la maggioranza della popolazione che giudica l’attuale governo illegittimo e oppressore, le risposte di Boluarte e Otarola non sono mancate. Invece di raffreddare la situazione, però, il nuovo esecutivo si è presentato al Congresso per chiedere e ricevere la fiducia – proprio nel momento in cui si è diffusa la notizia dell’indagine a loro carico.

La Presidente, negli ultimi giorni, ha confermato la propria posizione: “Non mi dimetterò: Il mio impegno è con il Perù e non con questo manipoli di individui che sta facendo sanguinare la mia patria” – pur ammettendo che “Il Governo ha sbagliato nel modo di riappacificare il paese”. Anche il neo Premier è stato fermo nello ribadire la postura del governo: “Non permetteremo a questo colpo di stato di raggiungere Lima e indebolire l’esecutivo” con chiaro riferimento alla volontà di arginare la ribellione ai territori del sud.

L’unico passo avanti è stato quello su proporre le elezioni a fine anno invece che ad aprile 2024: progetto di legge che deve ancora essere approvato. Però l’11 gennaio è stato proclamato giorno di lutto nazionale in memoria alle vittime di questa nera stagione.

Sara Gullace

Immagine di copertina via Wikimedia Commons

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