La subsidenza, fenomeno invisibile che minaccia l’Himalaya

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La subsidenza avanza in tutto il globo terrestre minacciando intere regioni asiatiche. L’estrazione di risorse sotterranee è la principale causa dell’abbassamento del suolo.

Continua la sfida dell’India contro la subsidenza, l’abbassamento del suolo terrestre causato da eventi geologici e dal consistente sfruttamento delle risorse del sottosuolo. Un problema decennale generato da cause naturali ma anche e soprattutto da comportamenti umani, considerato l’enorme impatto delle estrazioni di acque ed idrocarburi e delle bonifiche idrologiche. Una questione di vitale importanza sulla quale i governi locali non sono stati sempre impeccabili.

A metà Gennaio, è stato necessario evacuare centinaia di abitanti dal villaggio di Joshimath, 25mila abitanti nello Stato federato di Uttarakhand a 500 km dalla capitale ed al confine nord del Paese con la Cina, proprio ai piedi dell’Himalaya: dei 4.500 edifici sul territorio, ben 800 hanno presentato crepe e instabilità per cui è stato necessario abbandonarli.

Stando al rapporto dell’Istituto Nazionale di Studi Geo-scientifici, lo sprofondamento in Joshimath è destinato ad aumentare nei prossimi anni ed anche quando si sarà stabilizzato i danni causati saranno stati comunque ingenti. Per gli esperti “L’attuale crisi è stata causata da diversi fattori – spiegano – tra cui anni di costruzione non pianificata, progetti idroelettrici e la mancanza di un adeguato sistema di drenaggio”.

Ma non tutta la comunità geologica concorda nel parlare di subsidenza per Joshimath: per il Wadia di Geologia Himalayana, il problema sono le frane del sottosuolo dovute alla composizione della roccia ed al fatto di trovarsi tra due faglie tettoniche. Cui si è aggiunta la recente rottura di un ghiacciaio che ha contribuito a indebolire l’area. Per la National Disaster Management Authority, il Geological Survey of India e il National Institute of Hydrology (NIH), invece, l’area è sia zona franosa che di subsidenza. Quale che sia la causa, comunque, Joshimath è centro turistico, polo di attrazione di caratura mondiale: da qui la resistenza dell’amministrazione a rallentare progetti idroelettrici e infrastrutturali che, in ogni caso, aumentano l’instabilità.

Secondo l’US Geological Survey, l’agenzia statunitense che si occupa di geologia, l’80% della subsidenza nel mondo è dovuta allo sfruttamento di acque sotterranee: l’Asia, e l’India in particolare, sono in cima a questo podio né meritevole né fortunato. L’India, infatti, lotta da decenni contro questo fenomeno che sta erodendo intere aree e villaggi mettendo a repentaglio l’intero ecosistema locale, persone comprese.

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Del resto l’attenzione al problema è decennale: già nel 1976 un rapporto tecnico del Governo aveva proposto restrizioni e limiti alle costruzioni pesanti” suggerendo di implementare nuovi sistemi di drenaggio e fognature nonché blocchi di cemento per tenere sotto controllo l’erosione. Dopo 50 anni, nel 2022, un’altra analisi tecnica è arrivata alle medesime conclusioni: gli ambientalisti locali, però, lamentano la mancata attuazione di queste indicazioni. E puntano il dito contro la NTPC LTD, tra le principali aziende idroelettriche di proprietà del governo, che sta scavando un tunnel nella zona.

Per il ministro dell’Energia, RK Singh, la centrale idroelettrica è incolpevole: “I villaggi in un raggio di 15 km dal tunnel non hanno subito alcun danno”, è stato il suo recente intervento. Un altro progetto ad alto impatto, una rete autostradale, invece, è stato fermato: questo ha suscitato critiche e disappunto tra gli amministratori, preoccupati di rallentare lo sviluppo infrastrutturale in Uttarakhand e di non reggere il passo con gli Stati vicini che, invece, sarebbero così avvantaggiati nell’attrarre un maggiore flusso turistico.

L’Himalaya comprende anche Cina, Nepal, Pakistan, e altri stati indiani: perché prendere di mira solo l’Uttarakhand?” ha recentemente chiesto R Meenakshi Sundaram, segretario del primo ministro di Stato. “Se l’Himalaya è fragile, nessuna attività di sviluppo dovrebbe aver luogo in nessuno di questi Paesi” ha aggiunto, esplicitando remore e interessi. La risposta, per ora, è arrivata dall’Istituto di Scienze Planetarie statunitense che ha spiegato come “Questa valle – dove sorge Joshimath – sembra essere più instabile, più inaffidabile per la vita umana e la costruzione rispetto alla media valle dell’Himalaya”.

Il problema dello sprofondamento del suolo in India è maggiormente legato all’estrazione di acqua freatica, cioè sotterranea: quando si “succhia” acqua dal suolo, questo ha un moto di sprofondo. La scarsità d’acqua costringe l’India a ricorrere a questa pratica più di quanto sarebbe auspicabile. Ricordiamo che la sua economia è fondata sull’agricoltura, il che significa avere un fabbisogno di acqua dolce legato allo sviluppo economico e non solamente all’utilizzo quotidiano degli abitanti.

Ma non tutto sembra perduto: è più virtuosa, infatti, l’esperienza di Dwarka, oltre un milione di abitanti nel distretto di Delhi, a sud-ovest della capitale. Ad inizio anni 2000 a Dwarka fu rilevato un livello di abbassamento allarmante per cui l’amministrazione, anche grazie alla spinta degli attivisti locali, decise lo stop ai pozzi di estrazione implementando la fornitura di acqua potabile sia ad uso domestico che industriale.

Nel 2016, la maggior parte dell’edilizia non usava pozzi trivellati: parchi e terreni pubblici venivano irrigati con acque superficiali e acque reflue. Questo ha comportato una notevole diminuzione della dipendenza da acque freatiche e relativa diminuzione, nonché inversione, del fenomeno di subsidenza. Il miglioramento è stato possibile anche al monitoraggio satellitare delle condizioni idrologiche, perché ha permesso di orientare le scelte di investimento e utilizzo nella giusta direzione. Per gli esperti del settore Dwarka dovrebbe essere presa a modello.

Poco visibile, la subsidenza non è il più conosciuto degli argomenti ecologici per l’opinione pubblica. Eppure, coinvolge l’intero globo. È del marzo 2022 il “World Water Development Report” delle Nazioni Unite che fotografa la situazione di sfruttamento di queste acque a livello mondo nel 2017: l’Asia rappresenta i due terzi della quantità totale, con quote importanti nell’Asia meridionale e nell’Asia orientale.

Il Nord America ha la seconda quota più grande – 16% del prelievo globale – mentre l’Africa, sebbene rappresenti circa il 17% della popolazione mondiale, preleva solo circa il 5% del totale globale. Australia e Oceania, con bassa densità di popolazione, incidono meno – mentre è in crescita l’impatto europeo. A livello globale, circa il 69% del volume totale di acque sotterranee prelevate viene utilizzato nel settore agricolo, il 22% per scopi domestici e il 9% per l’industria.

Poco visibile, eppure minaccia costante all’ecologia del pianeta.

Articolo a cura di Sara Gullace

Immagine di copertina via twitter.com/the_hindu

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