Salman Rushdie rompe il silenzio dopo l’attentato: “È stato tremendo”

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Lo scrittore ha pubblicato un nuovo romanzo e concede la prima intervista in sei mesi.

Sei mesi dopo essere stato accoltellato da un fanatico musulmano lo scrittore Salman Rushdie è tornato nelle librerie. Martedì 7 febbraio 2023 è stato pubblicato in contemporanea mondiale La città della vittoria (Mondadori), il romanzo numero quindici dell’autore che è strutturato come la traduzione di un’epopea mitica scritta originariamente in sanscrito sull’Impero Vijayanagara, che nel secolo XIV governò gran parte dell’estremità meridionale del subcontinente indiano.

Rushdie lo scorso agosto è stato ripetutamente pugnalato da un uomo di 24 anni di nome Hadi Matar mentre teneva una conferenza a New York. L’estremista si è avventato sullo scrittore britannico di origine indiana mentre questi si trovava sul palco e lo ha attaccato con un coltello. L’autore de I versi satanici, minacciato di morte dal regime iraniano proprio a partire dalla pubblicazione di quel libro nel 1988, ha perso l’occhio destro e la mano sinistra è stata gravemente ferita.

Nel corso dell’intervista, la prima dopo il tentato omicidio, il romanziere ha confessato di sentirsi incapace di tornare a scrivere romanzi.

Ho questa cosa che si chiama disturbo post traumatico da stress. Ho molte, moltissime difficoltà a scrivere. Mi siedo per scrivere, e non accade nulla. Scrivo, ma è un misto di inconsistenza e immondizia, cose che scrivo e il giorno dopo cancello”, ha confessato in una conversazione con il giornalista David Renmick pubblicata sul New Yorker.

Rushdie ha anche confessato che dall’attacco soffre di incubi e che la sensazione di star seduto ad aspettare l’ispirazione gli sembra “deprimente”, sebbene grazie al terapista dal quale andava anche prima dell’attentato ha ben chiaro che non intende “fare la vittima”. Le oltre dieci pugnalate che l’attentatore ha inferto, inoltre, gli hanno lasciato quasi inservibile la mano sinistra (il nervo cubitale è molto danneggiato e ha perso la sensibilità a due dita e parte del palmo). Tutto questo gli impedisce di scrivere al computer e, a farlo manualmente, ammette di scrivere “più lentamente”.

Lo scrittore ha trascorso sei settimane ricoverato in ospedale e ancora deve sottoporsi a regolari visite mediche. Ha perso venti chili e ha rivelato che ora ha un movimento involontario del labbro che gli impedisce di “parlare in modo fluente come sempre”. “Ho sempre sostenuto che i miei libri sono più interessanti della mia vita”, ha confessato nell’intervista. “Sfortunatamente, il mondo non sembra essere d’accordo”. In ogni caso, ha assicurato di sentirsi “fortunato” di essere ancora vivo. “Ciò che sento maggiormente, il sentimento più intenso, è la gratitudine”.

Per quanto riguarda la sua sicurezza, Rushdie, che vi ha praticamente rinunciato dopo essersi trasferito a New York quasi vent’anni fa, ora ammette che dovrà rifletterci. Per il momento, e dopo le prime sei settimane in ospedale, ha vissuto recluso in casa, con l’unica eccezione delle frequenti visite a diversi medici. “Ho avuto incubi, che ora stanno diminuendo. Sto bene, posso alzarmi e camminare. Quando dico che sto bene, intendo dire che parti del mio corpo necessitano di costanti controlli. È stato un attacco tremendo” ha spiegato.

Rushdie ha messo da parte un progetto che aveva per un prossimo romanzo ispirato al contempo a Franz Kafka e Thomas Mann e, anche se all’inizio l’idea di scrivere dell’attentato lo “infastidiva”, ora non lo esclude, e pensa che dovrebbe essere una storia scritta in prima persona.

Il processo contro il suo attentatore Hadi Matar inizierà presumibilmente l’anno prossimo.

Rischia una pena di 25 anni di carcere per tentato omicidio di secondo grado, più altri sette anni per aver pugnalato Henry Reese, un altro scrittore che ha tentato di impedire l’attacco a Rushdie (e che forse gli ha salvato la vita). L’autore de I versi satanici ha ammesso che “tutto ciò che ho visto è una sua stupida intervista al New York Post [in riferimento a una conversazione che ha concesso dal carcere dopo l’accoltellamento]. Qualcosa che solo un idiota farebbe. La colpa è solo sua.”.

Rushdie ha anche spiegato che i suoi figli maggiori, Zafar e Milan, che vivono a Londra, e sua moglie, la poeta e romanziera Rachel Eliza Griffiths, sono stati enormemente d’aiuto nel suo recupero fisico e mentale. Sua moglie, in particolare, ha gestito i rapporti con i medici e le infermiere che si occupano di lui, e anche con i funzionari incaricati di applicare la legge e portare il suo attentatore davanti alla giustizia. “Ha gestito tutto in un momento in cui io ero vulnerabile”, ha affermato. “Semplicemente si è fatta carico di tutto, oltre a dover gestire il carico emotivo del fatto che mi hanno quasi ucciso”.

Traduzione di Valentina Cicinelli da elespanol.com/el-cultural

Traduzione titolo originale: Salman Rushdie rompe il silenzio dopo l’accoltellamento: “È stato un attacco tremendo

Immagine di copertina via twitter.com/SalmanRushdie

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