“Fuori la Francia” sui manifesti e foto di Putin: Mosca in Africa è sempre più influente 

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L’avanzata jihadista nonostante l’intervento francese fa esplodere un forte sentimento anticolonialista che si estende nel Sahel.

Nella Piazza della Nazione a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, è giornata di manifestazione, scrive il quotidiano spagnolo El País in un articolo pubblicato mercoledì 15 febbraio. Migliaia di cittadini sono giunti sin lì per esprimere il proprio sostegno al Governo del capitano Ibrahim Traoré e alla sua recente decisione di espellere i militari francesi dal paese. Bandiere russe e foto del presidente russo, Vladimir Putin, accompagnano la bandiera nazionale e i cartelli con la scritta “Fuori la Francia!”. Il clima è euforico.

In poco meno di un anno le truppe francesi sono state espulse da due paesi chiave nella loro strategia di sicurezza in Sahel: dal Mali, la scorsa estate, e dal Burkina Faso, lo scorso febbraio. Questa però è solo la punta dell’iceberg di un sentimento antifrancese che si diffonde nella regione. L’influenza di Parigi in Africa occidentale, un tempo gloriosa, vacilla mentre Mosca muove le sue pedine ed emerge come alleato militare preferito.

Siamo molto delusi dalla Francia. Se avessero voluto, avrebbero eliminato il terrorismo nella regione in due giorni, ma tutta questa violenza gli interessa per mantenerci sotto il loro giogo”, assicura Yéli Monique Kam, coordinatrice del movimento civico M30 Naaba Wobgo. “Tutto è sotto il controllo di Parigi e delle imprese francesi, la cooperazione, la moneta, l’aviazione e persino i nostri dati biometrici, e nel frattempo la nostra popolazione non esce dalla miseria. Va bene così”, aggiunge con veemenza. Il collettivo, che in maniera emblematica porta il nome dell’ultimo re Mossi, che si è opposto all’antica metropoli, ha pubblicato il suo “piano di decolonizzazione, che include il rifiuto della cooperazione e financo l’eliminazione della lingua francese dal sistema educativo.

Il regime del capitano Traoré, che è salito al potere dopo un colpo di stato lo scorso 30 settembre, ha già portato a termine i primi due punti del suddetto piano per la gioia popolare: ha fatto in modo che l’ambasciatore francese Luc Hallade, andasse via e ha espulso i 400 soldati delle Forze Speciali francesi con base a Kamboinsin, nei pressi della capitale del Burkina Faso, misura che verrà realizzata in questo mese. Messo in discussione dalla gerarchia militare che lo percepisce come un arrivista, il giovane capo di Stato ha l’appoggio di quella che lui stesso definisce “la gioventù consapevole”, un eufemismo per riferirsi all’enorme sostegno popolare. “Se dovessero spodestarlo con la forza, non resteremo a guardare”, avverte Kam, “arriverà allora al potere un rivoluzionario dalla strada. Siamo disposti a morire, siamo la generazione sacrificata”.

Diversificare le alleanze per fermare il terrorismo

Il fallimento delle precedenti autorità burkinabè e del loro alleato militare francese nel frenare l’avanzata del jihadismo, un cancro in un paese che ha perso il controllo su oltre la metà del suo territorio, è all’origine del malessere popolare. Dalle primissime ore del colpo di Stato, il capitano Traoré ha annunciato l’intenzione di diversificare le alleanze per far fronte al terrorismo, aprendo la porta a una più stretta collaborazione con la Russia, principale fornitore di armi e di veicoli militari. Negli ultimi mesi questa vicinanza si è concretizzata con una visita a Mosca del primo ministro, Kyélem Appolinaire de Tambèla, e numerosi gesti di intesa. Al momento però non è stata oltrepassata la linea rossa che l’Occidente ha tracciato nel vicino Mali, l’arrivo di mercenari della compagnia privata Wagner, vicina al Cremlino.

Dubito che portino quelli di Wagner. Potrebbe accadere, ma il Burkina Faso non è il Mali, qui la gente è molto orgogliosa della sua sovranità”, assicura una fonte specializzata in materia di sicurezza. Due settimane fa, lo stesso capitano Traoré ha ironizzato in un’intervista concessa a Radiodiffusion Télévision du Burkina (RTB) sulla presunta presenza di mercenari russi nel paese, domandandosi dov’è che si troverebbero. “Questa voce è stata creata affinché tutti prendano le distanze da noi. Quando il paese, però, si trova in questa situazione di stallo, è necessario sviluppare strategie endogene. Wagner? Abbiamo già i nostri Wagner, i volontari che stiamo reclutando sono i nostri primi Wagner”, ha assicurato.

L’arruolamento di 50mila civili per combattere gomito a gomito con l’esercito e l’introduzione di nuovi mezzi, come droni ed elicotteri, rafforzano la tesi governativa secondo la quale dallo scorso novembre è in atto un’offensiva contro i gruppi jihadisti che operano nel paese, legati a Al Qaeda e allo Stato Islamico. Questo però ha provocato un cambio di strategia dei terroristi, che ora hanno preso di mira i Volontaires pour la défense de la patrie (VDP – Volontari di Difesa della Patria), i cui mezzi e preparazione continuano a essere insufficienti. I due ultimi attacchi degli estremisti, giovedì e domenica scorsa, hanno causato 19 morti, dei quali almeno nove erano volontari civili.

Nel vicino Mali, comunque, hanno deciso di prendere la strada della cooperazione militare con la Russia per rimpiazzare le truppe francesi, espulse la scorsa estate. La presenza di circa 1.400 mercenari di Wagner, soprattutto nel centro del paese e nelle regioni di Gao e Ménaka, si fa già sentire. I mercenari partecipano ad operazioni congiunte con l’esercito malese, talvolta provocando numerose vittime civili. Esperti dell’ONU hanno di recente chiesto un’indagine indipendente per crimini di guerra e contro l’umanità commessi da queste truppe, in particolare il massacro di Moura nel quale, nel marzo 2022, sono state uccise circa 300 persone. Le autorità malesi hanno risposto con l’espulsione dal paese di Guillaume Ngefa, responsabile per i Diritti Umani della missione  ONU in Mali (UN Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali – Minusma).

Lavrov visita il continente

Una settimana fa, il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha incontrato a Bamako, capitale del Mali, il presidente della transizione, il colonnello Assimi Goïta cui ha assicurato “l’appoggio necessario” per migliorare la capacità delle Forze Armate, sia risorse materiali sia formazione. Dopo l’incontro, Lavrov ha colto l’occasione per accusare l’Occidente di avere un “approccio neocolonialista” in Africa. Il crescente coinvolgimento russo nel paese e l’espulsione dei militari francesi, che in parte si sono trasferiti in Niger, ha provocato l’annuncio da parte della Germania, uno dei paesi che fornisce al Minusma il contingente più numeroso, del ritiro totale nel 2024. La Spagna ha ancora 315 soldati nella missione di formazione militare EUTM (European Union Training Mission), ma la sua attività si è molto ridotta e il suo futuro è in dubbio.

Il gioco della Russia è chiaro”, mette in guardia un diplomatico europeo. “Si riposiziona in Africa rievocando il sostegno sovietico ai giovani paesi africani e ottiene accesso a importanti risorse naturali; dall’altra parte, isolato dall’Occidente per via dell’invasione dell’Ucraina, utilizza la diplomazia dei cereali, della vendita di armi e dell’appoggio militare per conquistare mercati e alleati”, continua. La visita di Lavrov, la seconda in Africa quest’anno, lo ha condotto anche in Mauritania e Sudan, segno che il continente è in una posizione di rilievo nella politica estera di Mosca. Tutti gli occhi sono puntati sul prossimo summit Russia-Africa che avrà luogo a fine luglio a San Pietroburgo, un nuovo tassello di questa strategia, che servirà per misurare la crescente influenza di Putin.

Il sentimento antifrancese che spinge i regimi militari di Mali e Burkina Faso a virare verso la Russia sta lentamente crescendo in altri paesi della regione, come in Niger, che è diventato il nuovo punto di riferimento della strategia europea di contrasto all’emigrazione illegale in Sahel; in Guinea, dove comanda il colonnello Doumbouya; e perfino in Costa d’Avorio e Senegal, storicamente francofili. In Senegal, anche Ousmane Sonko, il principale candidato contro l’attuale regime di Macky Sall, con buone probabilità di dar battaglia alle presidenziali di febbraio 2024, galvanizza i suoi sostenitori con un discorso anticolonialista.

La presenza di attivisti e di una propaganda favorevole alla Russia in tutta la regione suggerisce una rete di agitazione al soldo del Cremlino. Il problema, però, è molto più profondo. “È una questione di sovranità, di assunzione di consapevolezza”, assicura Yéli Monique Kam. “Gli attivisti filorussi sono forse responsabili  del fatto che la Francia per decenni ci ha solo derubato? Poche persone ci stanno ingannando tutti?”, si domanda.

Traduzione di Valentina Cicinelli da elpais.com

Traduzione titolo originale: “Fuori la Francia” sui manifesti e foto di Putin: Mosca in Africa è un nuovo alleato sempre più influente

Immagine di copertina via twitter.com/africanews

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