Naufragi nel Mediterraneo: negligenza, abbandono e morte
Quasi 90 persone sono morte a Cutro, in Calabria, a causa della negligenza delle autorità italiane e di politiche migratorie che, giorno dopo giorno, generano violenza e morte in un’Europa disumanizzata, egoista e incapace di rispettare gli standard minimi in materia di diritti umani.
Sabato 11 marzo Alarm Phone, organizzazione di supporto alle persone migranti, informava via Twitter che 47 persone a bordo di una barca partita dalla Libia rischiavano il naufragio. Alle pessime condizioni dell’imbarcazione si aggiungevano avverse condizioni meteo, motivo per cui premevano sulla necessità di soccorsi immediati. A posteriori, hanno dichiarato che il mercantile Basilis L si era diretto verso la barca in pericolo per fornire assistenza alle 47 persone a bordo, che si era avvicinato al luogo, solo però per monitorare e vigilare.
Era molto probabile che la guardia costiera libica si avvicinasse all’imbarcazione, e che le persone sarebbero perciò state obbligate a ritornare in Libia da dove fuggivano perché era a rischio la loro vita. Alarm Phone, in contatto con i migranti che si trovavano sulla barca, aveva avvisato del pericolo al quale erano esposti e della situazione emotiva di panico in cui si trovavano le persone, e aveva chiesto che fossero soccorsi senza indugiare, per il rischio di naufragio.
Quella notte la stessa organizzazione aveva comunicato via Twitter di aver perso i contatti con chi viaggiava a bordo dell’imbarcazione, e che la guardia costiera libica aveva riferito loro che le autorità italiane avrebbero coordinato i soccorsi, senza ulteriori informazioni. Domenica mattina, la ONG aveva di nuovo avvertito dell’urgenza dei soccorsi – dopo essersi di nuovo messa in contatto con l’imbarcazione – e aveva comunicato che un secondo mercantile Atlantic North era arrivato sul luogo per provare ad aiutare le persone che si trovavano sull’imbarcazione, insieme al Basilis L, cui si è aggiunta una terza nave, Killing.
Domenica 12 marzo, dopo le comunicazioni di cui sopra, la ONG ha comunicato il naufragio di dozzine di persone. “Le autorità italiane, pur conoscendo la situazione, hanno ritardato i soccorsi e li hanno lasciati morire”, ha denunciato Alarm Phone, preoccupata che i sopravvissuti vengano espulsi verso la Libia o la Tunisia, dove li attendono condizioni disumane, motivo per cui è invece necessario che siano portati in un luogo sicuro in Europa.
Ancora una volta, la negligenza delle autorità e politiche migratorie che non ritengono prioritari i diritti umani hanno generato morte.
A fine febbraio 67 persone morivano (diventate poi 89, ndt*) nel naufragio di Crotone, abbandonate dalle autorità italiane. In meno di due settimane – durante le quali la società civile e le ONG hanno reclamato giustizia, memoria e verità per le vittime di quel naufragio – ancora una volta, in Europa e in questo caso in Italia, un ulteriore naufragio ha avuto luogo per negligenza, mancanza di compromesso e solidarietà e, soprattutto, per la mancata attuazione degli obblighi internazionali in materia di diritti umani. Ancora una volta, lo Stato italiano è responsabile di non aver prestato adeguato soccorso alle persone a bordo di un’imbarcazione a rischio naufragio, pur sapendo che fuggono dalla Libia e che la guardia costiera libica con ogni probabilità si sarebbe avvicinata all’imbarcazione per effettuare rimpatri illegali.
Non solo Alarm Phone, ma diverse organizzazioni della società civile, come Sea-Watch International, hanno lanciato l’allarme per la situazione di pericolo in cui si trovava l’imbarcazione naufragata lo scorso fine settimana nel Mediterraneo Centrale. Di fronte a questo il nulla, il vuoto, l’assenza di soccorso e il mancato rispetto del diritto internazionale e della dignità umana e, quindi, la morte. L’ennesimo giorno in cui in Europa i diritti umani delle persone migranti – in particolare se si tratta di persone provenienti da certi paesi – non vengono rispettati, ma si violano, e si lasciano andare alla deriva centinaia di persone che fuggono dalla violenza. Persone con diritti – che gli Stati dimenticano o mettono in pericolo – come il diritto di asilo e lo status di rifugiato.
Secondo una nota dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) più di 5.600 persone “sono morte lungo le rotte migratorie verso e all’interno dell’Europa dall’inizio del 2021” (fino a fine ottobre 2022). Nel report viene evidenziato che dal 2014 sono stati registrati “più di 29.000 decessi lungo le rotte migratorie che portano in Europa” e che “questi continui decessi ci ricordano ancora una volta la necessità di istituire percorsi legali e sicuri per la migrazione”. Allo stesso modo, dal 2021 al 24 ottobre 2022 sono stati registrati almeno 2.836 i morti e dispersi nel Mediterraneo centrale, “un numero in aumento, quindi, rispetto ai 2.262 morti registrati tra il 2019-2020”.
“Al di là dell’incapacità strutturale di fornire adeguati canali sicuri, i dati registrati dal Missing Migrants Project mostrano che molte delle morti sulle rotte migratorie verso i Paesi di destinazione in Europa avrebbero potuto essere evitate con un’assistenza tempestiva ed efficace ai migranti in difficoltà” ha denunciato la nota di OIM.
Tentando di analizzare i fattori alla base dei naufragi e delle violazioni dei diritti, osserviamo uno scenario complesso e molteplici cause.
La prima causa e la più grave è il mancato rispetto da parte dello Stato dell’obbligo previsto a livello internazionale di prestare soccorso a quanti si trovano in situazioni di pericolo di naufragio a bordo di un’imbarcazione. È gravissimo che dopo i numerosi allarmi lanciati da diverse organizzazioni della società civile e di soccorso di persone migranti – che attualmente la legge in Italia e in altri paesi criminalizza – le autorità italiane non abbiano messo in campo un’operazione di soccorso marittimo per dare supporto all’imbarcazione. La negligenza politica e il mancato soccorso che, in taluni casi, è in malafede alla luce di tanti messaggi di allarme, hanno causato innumerevoli morti alle frontiere europee. La responsabilità politica di queste morti è tanto evidente da non poter essere camuffata nei discorsi e deve essere rivendicata.
Al secondo posto si trova l’insieme di politiche migratorie securitarie e criminalizzanti, sistematiche e comuni in tutta l’Unione Europea, che non tutelano la vita delle persone. Si va dall’ostacolare l’implementazione di percorsi legali e sicuri per la migrazione – da cui deriva che le persone utilizzano vie illegali e estremamente pericolose, come quella attraverso il Mediterraneo – , all’impossibilità di una vita dignitosa per quanti raggiungono il territorio europeo, alla criminalizzazione del diritto di migrare, e delle persone migranti, e anche delle organizzazioni che difendono quei diritti, come le organizzazioni di soccorso marittimo. Non solo gli Stati non si fanno carico dell’obbligo previsto a livello internazionale di prestare soccorso ai migranti che si trovano in situazioni di pericolo, ma ostacolano, penalizzano e sanzionano le imbarcazioni che prestano soccorso in mare. Questa Europa va ben oltre la mancata attuazione della legge e, direttamente, lascia e abbandona le persone alla loro sorte, violando tutti gli standard morali e la dignità umana.
In terzo luogo, i discorsi e le politiche migratorie mostrano maggiori restrizioni nella tutela dei diritti, un aumento della sicurezza e militarizzazione delle frontiere che si va imponendo in Europa negli ultimi anni. Questo non si nota solo nelle politiche dell’estrema destra, ma praticamente da parte di tutti i partiti che occupano lo spazio politico.
Anche se l’estrema destra e la destra attaccano in maniera diretta i migranti e il diritto umano a migrare con discorsi criminalizzanti e razzisti, il comportamento politico di altri partiti tante volte non si discosta dallo sguardo della destra.
Un esempio è il massacro di Melilla, la gestione dell’Esecutivo spagnolo e la mancanza di assunzione di responsabilità derivate da quanto accaduto. Mercoledì 15 marzo, il ministro degli Interni del governo spagnolo, Grande-Marlaska è intervenuto in Commissione Giustizia e affari interni del Parlamento Europeo per dare spiegazioni sulla tragedia di Melilla, dopo aver declinato per mesi l’invito della commissione del Parlamento Europeo, richiesto dalla Commissione spagnola per l’assistenza ai profughi (Comisión Española de Ayuda al Refugiado – CEAR) e l’Associazione marocchina per i Diritti Umani (Asociación Marroquí de Derechos Humanos – AMDH).
“Non c’è stato nessun morto in territorio spagnolo” ha affermato Marlaska in questi mesi, e financo il presidente Pedro Sánchez ha definito le operazioni “gestite bene”. Ciò nonostante, a novembre, l’organizzazione Lighthouse Reports e la BBC avevano dimostrato attraverso una ricostruzione in 3D del massacro di Melilla che alcune delle vittime a Melilla erano morte dal lato spagnolo. Di fatto, la dichiarazione di uno dei testimoni intervistati da Lighthouse Reports “permette di identificare un morto nel lato spagnolo, una persona di nome Anwar”. In merito a quanto accaduto, a ottobre il Difensore del Popolo ha accusato il Ministero degli interni di non aver rispettato la legge nel massacro di Melilla, “alla frontiera sono state respinte 470 persone senza prendere in considerazione quanto previsto dalla legge”. È urgente che gli Interni e Marlaska si assumano la responsabilità di quanto successo a Melilla, e che i partiti che si dichiarano impegnati per i diritti umani agiscano di conseguenza e concretamente, e non adottino o eseguano pratiche politiche che violano i diritti.
In quarto luogo, e in linea con le politiche migratorie restrittive e securitarie, si osserva una tendenza criminalizzante nei confronti delle persone migranti e delle organizzazioni di soccorso. Queste pratiche si generano a livello normativo, giudiziario e amministrativo, e in Europa attualmente sono diversi i casi finiti in tribunale di persone che difendono i diritti umani e di organizzazioni della società civile, che cercano di assolvere le funzioni cui lo Stato abdica quando lascia degli esseri umani alla deriva in alto mare. Ne sono un esempio in Italia il caso contro la nave della Iuventa, Medici senza frontiere e Save The Children, o a Lesbo, quello che una nota del Parlamento europeo ha indicato come “il caso più grave di criminalizzazione della solidarietà in Europa“. La criminalizzazione della difesa dei diritti e dei tentativi di soccorso ai migranti è preoccupante dal momento che non solo gli Stati non ottemperano ai loro obblighi internazionali, e contrastano la solidarietà e i soccorsi ai migranti, ma impediscono con tentativi legislativi, giudiziari e amministrativi, che le ONG salvino vite.
Una questione cardine nella violazione dei diritti è che gli Stati quando eseguono respingimenti illegali, praticati con frequenza e in maniera sistematica in tutta Europa, stanno venendo meno ai principi base di quanto stabilito a livello internazionale in materia di diritti umani.
Questo ha luogo non solo con le espulsioni dirette delle persone che arrivano alla frontiera, ma anche tramite gli accordi di esternalizzazione delle frontiere in base ai quali le autorità di paesi terzi, come Marocco o Libia, si fanno carico delle espulsioni. Ogni volta che lo Stato – in maniera diretta o indiretta con l’aiuto delle forze di sicurezza di altri Paesi – respinge le persone, senza analizzare debitamente la loro situazione o la possibilità di richiedere protezione internazionale, sta venendo meno al principio fondamentale di non-refoulement o non respingimento, previsto in numerosi trattati in materia di diritti umani, tra cui la Convenzione di Ginevra e Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Mediante i respingimenti illegali, gli Stati non solo mancano di tutelare le persone ma, nella maggior parte dei casi, le stanno mandando in un luogo dove i loro diritti saranno violati e dove la loro vita sarà in grave pericolo, esattamente il motivo per cui stanno fuggendo.
⚫️ 5 corpi recuperati e 28 dispersi in un nuovo naufragio al largo della #Tunisia.
Lo denuncia il Forum per i diritti economici e sociali @FT_DES.
Persone in fuga dagli attacchi razzisti del regime di Saïed e vittime della chiusura dei confini europei.https://t.co/cCS15ERy9I
— Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) March 23, 2023
L’Europa sta raggiungendo livelli impensabili di decadenza morale.
Non c’è più traccia di dignità, libertà, giustizia e diritti umani, lemmi fondanti dell’Unione europea. Italia e Spagna sono degli esempi, tuttavia nuove notizie di restrizione dei diritti arrivano ogni settimana. Questa settimana abbiamo appreso che il Governo britannico sta accelerando i piani per politiche migratorie più restrittive che includono deportazioni in Ruanda e che proibiscono ai migranti che raggiungono il Regno Unito attraverso la Manica di chiedere asilo. Si tratta di un progetto di legge introdotto dal Governo che darebbe alla ministra degli Interni, Suella Braverman, la facoltà di espellere le persone che dovessero accedere al Regno Unito illegalmente – per mancanza di canali legali e sicuri, che sono urgenti e imprescindibili per evitare le morti – e di vietarne il ritorno in futuro.
Di fronte a tutto ciò, è urgente continuare a denunciare le violazioni dei diritti alle frontiere e in territorio comunitario, e che le persone responsabili si facciano carico delle conseguenze. Memoria, verità, giustizia e dignità per le persone migranti morte come conseguenza delle politiche migratorie, e per le loro famiglie. È necessario un cambio di rotta nella politica, considerato che ogni giorno questa Europa viola i principi base e il rispetto dei diritti fondamentali delle persone migranti.
Traduzione di Valentina Cicinelli da elsaltodiario.com
Immagine di copertina via twitter.com/cecilia_strada
*dati aggiornati al 23 marzo 2023