Amnesty International rimprovera all’Occidente un approccio “due pesi, due misure”

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Amnesty International incita i paesi occidentali a dare prova di una maggiore coerenza in materia di difesa dei diritti umani abbandonando l’approccio a doppio standard messo in rilievo dal sostegno dato all’Ucraina.

La segretaria generale dell’organizzazione, Agnès Callamard, osserva che le numerose dichiarazioni di appoggio e le misure adottate per aiutare Kyiv a respingere le forze russe contrastano fortemente con il “silenzio assordante” che avvolge le derive di regimi autoritari “amici” come l’Arabia Saudita oppure l’Egitto. Riyad e Il Cairo in particolare, sottolinea l’organizzazione nell’ultimo rapporto annuale pubblicato il 28 marzo, hanno condannato a morte molte persone al termine di “processi gravemente iniqui” e torturato detenuti senza destare forti denunce.

L’aggressione russa contro l’Ucraina è anche una guerra contro valori universali e i sistemi multilaterali progettati per sostenerli. Per vincere questa guerra, il mondo occidentale non può davvero tollerare un’aggressione simile fatta in altri paesi, solo perché non ci sono in gioco i suoi interessi“. Parla così Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, nella prefazione del rapporto annuale.

Il sostegno dato da Regno Unito e Stati Uniti agli sforzi della Corte penale internazionale (ICC) per indagare sulle accuse per crimini di guerra in Ucraina contrasta – sottolinea Amnesty International – con il fatto che Washington non riconosce tale tribunale e si oppone a qualsiasi indagine che chiami in causa i suoi alleati o i suoi stessi cittadini in Afghanistan e in Irak.

In occasione del suo 20° anniversario, le azioni dell’ICC hanno spinto a chiedersi se i suoi princìpi si applichino alle vittime di crimini di diritto internazionale in modo equo in ogni situazione o regione”, rileva il rapporto.

“Approccio selettivo”

Il trattamento preferenziale riservato ai rifugiati ucraini, che hanno potuto beneficiare di programmi speciali per stabilirsi all’interno dell’Unione europea, mentre afghani e siriani incontravano porte chiuse, è tale da rafforzare l’idea che esista un approccio selettivo e interessato del sostegno ai diritti fondamentali.

L’espulsione, fra settembre 2021 e maggio 2022, da parte degli Stati Uniti di 25.000 haitiani che erano stati detenuti in condizioni difficili ha alimentato questa percezione – rileva sempre l’organizzazione.

La situazione, secondo Agnès Callamard, ha “compromesso il supporto del resto del mondo all’Ucraina”, che è sensibilmente meno marcato nei paesi in via di sviluppo, e alimenta peraltro un clima di “instabilità e impunità” di cui approfittano paesi autoritari come la Cina.
Il gigante asiatico – rileva il rapporto – continua a scampare ogni condanna da parte dell’Assemblea generale e del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite relativamente ai soprusi perpetrati ai danni della popolazione degli uiguri nello Xinjiang.

L’aggressione compiuta dalla Russia è servita a destabilizzare ulteriormente un sistema multilaterale internazionale già indebolito da decenni, in cui potenti stati hanno violato nell’impunità il diritto internazionale”, osserva Callamard.

Impatto ambientale

Amnesty International è anche in allarme per il fatto che il conflitto in Ucraina ha “distolto l’attenzione” da conflitti sanguinosi di vecchia data, come in Etiopia, e dall’urgenza di agire per contrastare il riscaldamento climatico.

Malgrado il moltiplicarsi di “catastrofi” ambientali legate al fenomeno, i leader del mondo riuniti in Egitto per la COP 27 non sono stati in grado – deplora l’organizzazione – di adottare le misure necessarie per mantenere l’innalzamento delle temperature medie della superficie terrestre al di sotto della soglia di 1,5°C.

Parallelamente, nel 2022, le sei maggiori società petrolifere del pianeta hanno incassato profitti record – rileva Amnesty International, che rimprovera al settore di tenere in poco conto l’impatto ambientale delle sue attività.

L’organizzazione in difesa dei diritti umani denuncia, nella sezione del rapporto dedicata al Canada, l’incapacità del paese ad adottare le misure necessarie per contribuire a limitare il riscaldamento al di sotto della soglia critica stabilita dalla comunità scientifica.
Rimprovera inoltre alle autorità di non fare sforzi sufficienti per attenuare l’impatto della crisi sulle comunità autoctone, che restano alle prese con molteplici violazioni dei loro diritti fondamentali, fra cui l’accesso all’acqua potabile, all’educazione e all’assistenza sanitaria.

Traduzione di Sara Concato via lapresse.ca

Immagine di copertina via twitter.com/amnestyitalia

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