La triste storia del grande allenatore Árpád Weisz
Da Solt (Ungheria) ad Auschwitz, passando per Milano e Bologna: la tragedia umana di un allenatore di origini ebree e della sua amata famiglia.
L’OPERA DI MATTEO MARANI – Árpád Weisz un nome che, forse, fino a qualche anno fa era quasi interamente sprofondato nell’oblio più assoluto. Fortunatamente, però, non per tutti. Sì, perché nel 2007 un grande giornalista, storico e dirigente sportivo di nome Matteo Marani diede alla luce un meraviglioso libro dal titolo “Dallo scudetto ad Auschwitz. La storia di Árpád Weisz, allenatore ebreo”, pubblicato da Diarkos Editore. L’opera è il frutto di un encomiabile lavoro di ricerca storica e di cronaca giornalistica eseguito da parte dell’Autore (che dal 2023 ricopre la carica di Presidente della Lega Italiana Calcio Professionistico, nota anche come Lega Pro), grazie al quale è stato possibile ripercorre dettagliatamente le tappe principali della vita personale e professionale di Árpád Weisz.
ÁRPÁD WEISZ: IL CALCIATORE – Árpád Weisz fu un calciatore ed allenatore di calcio ungherese di origini ebree (i genitori Lazzaro e Sofia Weisz erano entrambi semiti). Durante gli anni del governo fascista, il suo nome venne “italianizzato” in Árpád Veisz, al pari di quello della moglie Ilona Rechnitzer variato in Elena Veisz. Sono anni in cui il regime di autarchia linguistica era intransigente tanto da modificare, ad esempio, anche il nome dell’Internazionale in Ambrosiana Inter (nome più in linea con le visione politica nazionalistica del regime littoriale). Nato a Solt (Ungheria) il 16 aprile 1896, Árpád militò in varie squadre: Törekvés (Ungheria) e poi Maccabi Brno (club ebreo dell’attuale Repubblica Ceca). Nel 1924-1925 approdò in Italia all’Alessandria e, da lì a poco, nel 1925-1926 giunse all’Inter dove, poi, a causa di un brutto infortunio patito al ginocchio dovette concludere la carriera da giocatore per intraprendere quella di allenatore. Tra il 1922 e il 1923 collezionò anche sei presenze con la Nazionale di calcio Ungherese, con la quale partecipò ai giochi olimpici di Parigi del 1924. Weisz fu un’interessante ala sinistra, che era incline al gioco offensivo. Le sue armi migliori furono l’estro tecnico e la fulminea velocità. Tuttavia, come vedremo in seguito, Weisz ebbe calcisticamente più fortuna e qualità indossando le vesti dell’allenatore.
ÁRPÁD WEISZ: L’ALLENATORE – Árpád Weisz, dopo aver fatto gavetta come allenatore in Ungheria e per un periodo anche in Uruguay, iniziò la carriera di tecnico all’Alessandria, come Vice Allenatore di Augusto Rangone. Ben presto, il giovane tecnico ungherese conquistò la panchina dell’Inter nel 1926. A Milano, sponda nerazzurra, il tecnico di Solt rimase sino al 1928 per poi farvi ritorno nel periodo 1929 – 1931 e successivamente, ancora una volta, nel triennio 1932 – 1934. L’avventura meneghina subì delle brevi interruzioni: infatti, Weisz fu il c.t. della squadra magiara dell’Haladás nel 1928 – 1929 e, poi, guidò il Bari nel 1931 – 1932. Nel 1934 – 1935, il tecnico ungherese sedette sulla panchina del Novara. Dal 1935 al 1938 guidò il Bologna. Dal 1939 al 1941 fu, infine, l’allenatore della società olandese del Dordrecht.
TECNICO RIVOLUZIONARIO E TALENT SCOUT – Árpád Weisz rivoluzionò il ruolo di allenatore e il modo di allenare. Il tecnico magiaro fu il primo allenatore professionista a scendere in campo con la tuta di allenamento per non limitarsi solo a dirigere dalla tribuna la seduta di allenamento (come erano soliti fare i suoi colleghi del tempo), ma per partecipavi attivamente sia a livello atletico che tattico. Inoltre, durante gli allenamenti Weisz si mostrò stabilmente capace di preparare mentalmente la propria squadra attraverso incitazioni, urla e indicazioni allo scopo di migliorare la performance della propria squadra. Ancora, l’allenatore di Solt introdusse per la prima volta in Italia – a livello tattico – il noto “Sistema”: si tratta della tattica ideata negli anni Trenta dal celebre tecnico inglese Herbert Chapman (Arsenal e Nazionale inglese), che fu poi ampiamente usata e perfezionata anche dal grande Hugo Meisl (il grandioso allenatore del Wunderteam, “Squadra delle meraviglie”, ossia la Nazionale austrica degli anni Trenta). Tale tattica consisteva nel dispiegamento della squadra in un 3-2-2-3 (oggi diremmo 3-4-3!), riproducendo figurativamente le iniziali delle lettere W ed M, tanto da chiamare il “Sistema” anche con l’espressione diffusa di “modulo WM”. Oltre a quanto riferito, Weisz fu il primo tecnico fautore di un calcio scientifico e rigoroso. Con lui, infatti, nacquero i ritiri pre-partita. Poi, obbligò i giocatori ad osservare un regime nutrizionale controllato, mediante l’imposizione di una specifica dieta alimentare.
Le qualità di Mister Árpád si rivelarono eccezionali anche a livello di scouting. Infatti, fu lui a scoprire l’intramontabile Giuseppe Meazza, che ad oggi è ancora considerato come il più grande calciatore italiano di tutti i tempi e che fu l’indimenticabile Capitano della favolosa Italia vincitrice dei mondiali del 1934 e del 1938 (si veda, al riguardo, anche il nostro articolo pubblicato qui). Oltre a Meazza e agli altri, ricordiamo che fu sempre Weisz a scoprire a Bologna il mitico Amedeo Biavati, formidabile ala destra che inventò come marchio di fabbrica la famosa finta del doppio passo. Anche Biavati si laureò campione del mondo con la Nazionale Italiana di Vittorio Pozzo nel 1938 a Parigi.
IL MANUALE DI WEISZ E MOLINARI – Insieme ad Aldo Molinari (storico dirigente nerazzurro), Weisz scrisse il noto libro “Il giuoco del calcio”, edito da Alberto Corticelli, un vero e proprio manuale tattico e delle norme regolamentari, che fu impreziosito dalla prefazione del Cavaliere Vittorio Pozzo. Un’opera editoriale che riscosse grande successo e che ne sta riscuotendo ancora oggi.
I PRINCIPALI SUCCESSI – Mister Árpád nella stagione 1929 – 1930 conquistò con l’Ambrosiana Inter – trascinata all’epoca da un superbo Meazza (detto anche Peppìn) – la prima edizione del campionato italiano di calcio a girone unico. Pensate amici lettori: al tempo Weisz aveva solo 34 anni! Ancora oggi, Weisz vanta il record di tecnico straniero più giovane a vincere il titolo nazionale. Poi, gli anni del magnifico trionfo rossoblù. Nelle stagioni 1935 – 1936 e 1936 – 1937, Weisz portò il Bologna a conseguire la vittoria di due Scudetti consecutivi. Non solo, il Bologna di Weisz il 6 giugno 1937 conquistò il Trofeo Internazionale dell’Expo Universale di Parigi sconfiggendo gli inglesi del Chelsea per ben 4 – 1. Una vittoria sbalorditiva contro quelli che erano considerati i Maestri del calcio! Questa competizione (un torneo per club ad inviti) all’epoca poteva essere considerata – per prestigio e rinomanza – come la versione antesignana dell’attuale Champions League. Erano gli anni Trenta: erano gli anni del Bologna di Weisz, che meritatamente acquisì l’appellativo di “squadrone che tremare il mondo fa”.
LA FOLLIA NAZISTA E LA TRAGEDIA UMANA – Costretto alla fuga all’estero in Olanda assieme alla moglie Elena e ai suoi due figli Roberto e Clara, Weisz prese con successo le redini del Dordrecht. Poi, ci fu l’invasione nazista dell’Olanda che decretò purtroppo l’inizio della tragica fine della famiglia Weisz. Il tecnico di Solt perse il lavoro di allenatore anche in Olanda (dopo aver dovuto lasciare prima l’Ambrosiana e poi il Bologna per sfuggire alle leggi razziali fasciste). La famiglia Weisz fu, poi, deportata al campo di transito di Westerbork. Il 5 ottobre 1942, Elena Weisz, Roberto Weisz e Clara Weisz persero dolorosamente la loro vita nel campo di sterminio di Birkenau (Polonia), finendo la loro esistenza nelle tremende docce naziste ossia le camere a gas. Stessa amara e ingiusta sorte toccò anche ad Árpád Weisz, che precipitò nella crudele realtà dei lavori disumani, a cui furono sottoposti i prigionieri, come lui, del campo di concentramento di Auschwitz. Ormai devastato nello spirto per via delle umiliazioni subite e del mesto distacco dalla moglie e dai suoi amati figli e divenuto emaciato per via della straziante sopravvivenza nei campi d concentramento, il grande Maestro magiaro di calcio morì ad Auschwitz il 31 gennaio 1934. Così si chiude questa triste storia, i cui confini vanno chiaramente ben al di là del calcio e dello sport. Una storia che, a nostro avviso, non dovrà più essere sottaciuta e dimentica: tale proposito ci auguriamo che divenga per tutti noi un vero e proprio obbligo morale e spirituale.
COMMEMORAZIONI – Terminiamo, facendo presente che negli ultimi anni la memoria di Weisz non è andata perduta. Nel 2009, è stata dedicata ad Árpád una targa commemorativa allo Stadio Renato Dall’Ara di Bologna (sotto la torre di Maratona). Nel 2018, è stato dato il suo nome anche alla curva San Luca dello Stadio bolognese. In occasione del Giorno della Memoria 2012, Weisz è stato omaggiato mediante l’apposizione allo Stadio Giuseppe Meazza di una targa in ricordo del terzo scudetto dell’Inter vinto sotto la sua guida tecnica. Nel 2013, lo Stadio Silvio Piola di Novara ha affisso una targa per celebrare la memoria del tecnico ungherese. La Città di Bari nel 2014 ha intestato all’allenatore di Solt una via urbana (nei pressi dello Stadio San Nicola). Infine, si fa presente che la partita dei quarti di finale di Coppa Italia del 2013 tra Inter e Bologna fu dedicata al Maestro ungherese che ha segnato per sempre la storia di questi due gloriosi club con il suo operato: in quell’occasione entrambe le squadre indossarono una maglia speciale in ricordo del grande Árpád.
Francesco Ciavarella