Greenpeace e ReCommon fanno causa a ENI: “Peggiora la crisi climatica e viola i diritti umani”

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Greenpeace e ReCommon vogliono portare in tribunale ENI, Cassa Depositi e Prestiti e Ministero dell’Economia. Sarebbe la prima volta in Italia.

Sono le 10.40 di martedì 9 maggio 2023 quando Greenpeace Italia, ReCommon e dodici tra cittadine e cittadini italiani annunciano, nella sede dell’Associazione della Stampa Estera di Roma, il lancio di un’azione legale nei confronti di ENI, Ministero dell’Economia e delle Finanze e Cassa Depositi e Prestiti, la prima del genere in Italia che si inserisce, a livello globale, tra le “climate litigations“, vale a dire azioni di contenzioso climatico che nel mondo, negli ultimi 8 anni, sono arrivate a oltre 2mila cause.

In conferenza stampa Simona Abbate, Campaigner clima e energia di Greenpeace Italia, e Antonio Tricarico, Campaigner finanza pubblica e multinazionali di ReCommon, spiegano in modo chiaro e netto perché ENI dovrebbe pagare per i danni causati in questi decenni ad ambiente, animali e persone, ancora di più negli ultimi anni: le due organizzazioni, i loro legali e i cittadini coinvolti valutano infatti per la società del “cane a sei zampe” una strategia di decarbonizzazione che in modo palese viola gli impegni presi in sede internazionale dal governo italiano e dalla stessa società.

Non solo: ENI, spiegano ancora Abbate e Tricarico, in modo inaccettabile continua a investire nell’espansione del suo business fossile a fronte di extra profitti record realizzati lo scorso anno, investimenti che danneggiano il clima e le comunità che subiscono l’impatto del riscaldamento globale. Anche il governo, sottolineano Greenpeace e ReCommon, si fa anche complice di questa strada senza ritorno con la conferma di Claudio Descalzi al vertice di ENI da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Greenpeace, ReCommon e i cittadini che vogliono portare in tribunale ENI, con la campagna #LaGiustaCausa, chiedono inoltre che la società del “cane a sei zampe” venga obbligata a modificare la strategia industriale così da ridurre le emissioni derivanti dalle sue attività di almeno il 45% entro il 2030, anche per mantenere l’aumento medio della temperatura globale entro 1,5° come indicato dall’Accordo di Parigi sul clima. Viene infine chiesta la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze, azionista influente di ENI, ad adottare una politica climatica che guidi la sua partecipazione nella società in linea con l’Accordo di Parigi.

In uno stralcio di un documento condiviso da Greenpeace Italia, ReCommon e cittadine e cittadini ricorrenti, si sottolinea che non viene chiesto il risarcimento del danno ambientale in quanto tale – non competenza dei suddetti enti, ma del ministero dell’Ambiente – bensì, essendo danneggiati dalle condotte lesive di ENI per quanto riguarda la loro salute, nei beni di loro proprietà e nella loro sfera funzionale, sono legittimati direttamente ad agire in giudizio nei confronti dei soggetti responsabili ai fini del ristoro dei danni. In base ai rispettivi statuti, Greenpeace Italia e ReCommon vantano pieno diritto e legittimazione ad agire per contrastare le lesioni e i danni all’ambiente causati da ENI, nonché al risarcimento delle spese sostenute negli anni per studiare, denunciare e contrastare le condotte illecite della società petrolifera. Le persone fisiche ricorrenti sono invece tutte residenti e, in alcuni casi, anche proprietarie di immobili in aree del paese particolarmente esposte agli effetti dei cambiamenti climatici. A questo proposito, Tricarico ha parlato di 4 zone dell’Italia: Delta del Po – Venezia, Dolomiti, zone costiere, aree con ondate di calore (Pianura Padana).

Noi di Ghigliottina | Un nuovo taglio all’informazione seguiremo questa vicenda, che segna un fondamentale spartiacque in questa epoca.

Contenuto a cura della redazione

 

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