Elezioni Thailandia: sarà Rivoluzione o Colpo di Stato?
Le elezioni in Thailandia hanno premiato Move Forward, che ha formato un’alleanza di larghe intese. Per governare, però, dovrà attendere il voto dei senatori eletti dai militari.
È una maxi coalizione quella che sosterrà Pita Limjaroenrat come 30° Primo Ministro della Thailandia: malgrado la vittoria alle elezioni del 14 Maggio, per governare è necessario l’appoggio di altre forze politiche. Move Forward ha conquistato la maggioranza relativa ottenendo 152 seggi, e a questo successo elettorale si aggiunge il sostegno di ben otto partiti: Pheu Thai, Prachachat, Thai Sang Thai, Seri Ruam Thai (Thai Liberal), Fair, Plung Sungkom Mai (New Force) e Peu Thai Rumphlang.
Il Pheu Thai guidato da Paetongtarn Shinawatra – figlia del fondatore Thaksin – è la seconda forza dell’alleanza con 141 deputati, mentre gli altri partiti riescono a presentare da 1 a 9 seggi ognuno – per un totale di 314 deputati, sufficienti per la formazione di una maggioranza.
Definire un’intesa che garantisca stabilità non è stato facile: dopo giorni di intenso dibattito, è stato presentato un Memorandum di Intesa (MoU) che, adesso, passerà al vaglio dei Senatori. Le parti hanno stentato su diversi argomenti: su tutti, la riforma della legge di Lesa Maestà. Move Forward vorrebbe eliminare la pena del carcere, indebolendo l’Istituto, ma a quanto pare i futuri alleati non sono altrettanto progressisti e antimonarchici. Non presente nel documento, il partito di Limjaroenrat si riserverà di riproporre l’emendamento più avanti ed in modo indipendente.
Nel MoU si intravedono parecchi punti del programma politico di Move Forward: il primo impegno è la riforma della Costituzione del 2017, che i militari avevano imposto con un referendum il cui dissenso era punito con l’arresto. Il nuovo governo lavorerà per ottenere l’abolizione della coscrizione obbligatoria, sostituendola con la partecipazione volontaria per ridurre tensioni e conflitti interetnici nel proprio territorio, assicurando il rispetto dei diritti umani.
In un’agenda che si occupa di Lavoro, Ambiente, Democrazia, Sanità e Scuola, spiccano principi anticorruzione e antimonopolio, decentralizzazione del budget, rilancio dell’economia attraverso l’abbattimento della burocrazia e l’innalzamento del salario minimo. Dove la religione non lo vieti, saranno riconosciuti i matrimoni omosessuali.
“Vorrei ringraziare gli elettori: rappresentano la speranza e il desiderio di cambiamento. Il nuovo governo lavorerà con onestà e sarà il governo di tutto il popolo thailandese“, è stato il saluto ottimista di Pita al prossimo governo. Ma i giochi non sono ancora fatti: con le sorti del governo ancora in ballo, il futuro della Thailandia è tutto da decidere. Eppure una cosa è certa: il Paese ha detto “basta” alla dirigenza militarista guidata del Premier ed ex – Generale Prayuth Chan-ocha. Arrivata al Governo con il golpe militare del 2014, in queste consultazioni la coalizione di governo non è andata oltre il 15% dei seggi. Dopo quasi 10 anni, le opposizioni prendono la ribalta con la formazione oltranzista di Move Forward – il cui leader aspira al ruolo di Primo Ministro.
Pita Limjaroenrat ha iniziato la sua carriera politica quando è stato eletto in parlamento nel 2019 come membro del Future Forward Party. Fondato da Thanathorn Juangroongruangkit, miliardario e convinto critico dell’esercito, il partito andò bene nelle elezioni del 2019, scuotendo la politica thailandese con la sua richiesta di cambiamento. Ma Future Forward fu costretto allo scioglimento dopo accuse controverse. E il signor Thanathorn fu espulso come deputato. Dalle sue ceneri nel 2020 nacque Move Forward, di cui Pita è stato nominato leader confermando le sue intenzioni rivoluzionarie. Gli obiettivi del programma di Move Forward, del resto, sono gli stessi che la popolazione più giovane portò in piazza nel 2020, durante un’ondata di proteste che segnò l’inizio della fine della sopportazione verso il regime militare.
Adesso che il MoU è manifesto, si attende la decisione dei Senatori. Per avallare l’ascesa di Limjaroenrat servono 63 voti e non è scontato che arrivino, considerato che i 250 senatori sono nominati dall’Esercito. Quello stesso Esercito che Move Forward intende mettere all’angolo.
E se l’accordo non dovesse arrivare? L’eco del Colpo di Stato del 2014 non lascia ben sperare
Articolo a cura di Sara Gullace