Barbie mania e il mondo si tinge di rosa

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Barbie è senza dubbio il fenomeno del momento. Il film è stato capace di registrare il migliore incasso all’esordio di tutto il 2023. In Italia, il primo giorno, il botteghino registrava oltre i 2 milioni di euro. Non solo, è riuscito a creare attorno all’uscita del film un’aura rosa, un‘atmosfera, un ambiente come se fosse tutto ciò che il pubblico si attendeva da sempre.

È Barbie, tutto sommato. L’ennesima operazione nostalgia? Il trionfo del marketing sicuramente. Basta guardarsi intorno ultimamente. Rosa le panchine nei parchi in prossimità dei teatri, i monopattini per strada, rosa le cover degli smartphone che riprendono i capelli zucchero filato di influencer che affrettatamente in posa sorseggiano una melliflua bevanda del medesimo colore. Persino Google, mentre si scrive questo pezzo e si cerca Barbie tinteggia il browser di rosa! Un tripudio di monocolore pastello ovunque che però, siamo onesti, di fronte al binomio grigio-nero imperante nell’umore collettivo di questi ultimi anni, rappresenta un’ondata di freschezza.

E il cinema ringrazia. Soprattutto quello statunitense, che sta attraversando la più grave crisi unitaria dell’ultimo secolo (annunciata da anni, pensate a quanto tempo impiega un gigante a cadere), un trionfo del genere nelle sale rappresenta un’iniezione di fiducia e di speranza nel futuro. Che sia roseo.

Buio in sala

Magari, una costellazione di smartphone accesi intenti a farsi l’ultimo selfie prima della proiezione illumina una Via Lattea che ci indica la via per l’inizio del film. Se stiamo uniti e ci facciamo forza ci arriveremo. Subito una citazione, la regia di una Greta Gerwig che il cinema lo mastica come una BigBabol zuccherina. Fa ridere e dà il mood all’intero film.

Che alla fine, Barbie, non è nient’altro che questo. Una serie di citazioni, autocitazioni, rivisitazioni, tocchi glam e una certa nostalgia della California, ora non so dire se anni ’50 o ’90. Un po’ di tutt’e due. Una Vie en rose da sogno che prima si incrina e si scontra a un certo punto con una realtà che stona, non fa “pendant” con la vita che abbiamo sempre sognato. E allora via, ritorniamo nel nostro mondo ordinario, quello di Barbie (impiccia un po’ le cose), che è straordinario ma ora non lo è più e da brava commedia risolviamo il problema. Anzi, da bravissima commedia americana ci mettiamo in mezzo una riflessione sul mondo come va oggi e la cosa più temuta dai ben e mal pensanti. Una bella morale molto poco suggerita. Battuta a colpi di martello. O di Mattel.

Luci fluo sulla passerella

Messa in questi termini, leggendolo, nessuno direbbe che questo pezzo è un invito ad andare a vedere il film. Però, poniamo: tu leggi, vai a vederlo lo stesso – perché ci andrai esimio lettore e lettrice, non puoi esimerti – ma tu partecipa al flusso segui la corrente. E consci della realtà andando a vedere Barbie scoprirai una cosa. Che ti piace.

In fondo il cinema è anche questo. Qualche film ti fa pensare, qualche altro ti fa smettere di pensare. E va bene! Un film può essere puro intrattenimento. Ti fai il tuo bel rito collettivo, magari senza selfie e capelli rosa, svolgi la catarsi dei tuoi mali interiori, te ne freghi degli intellettualismi affrettati e dei detrattori che vogliono che tutto sia quadrato come un monolite pitagorico e te ne torni a casa rigenerato. Nel caso di Barbie patinato.

Barbie è un film riuscito. Con qualche menzione speciale addirittura. Tanto che ci arroghiamo già il diritto di assegnare qualche premio ante litteram che sa di promessa.

Margot Robbie vince il premio come miglior Barbie della storia perché piace a grandi e piccini, femmine e non, miglior attrice protagonista, non protagonista e miglior scenografia. Tiene la scena anche quando la scena è degli altri e pure quando sta ferma in un angolo a fare il soprammobile illumina. Di rosa. E d’immenso.

Ryan Gosling continua a sorprendere. Oltre a ballare e cantare benissimo, ma questo lo avevamo scoperto con La La Land, in Barbie ha aggiunto al suo repertorio una quarta espressione, oltre alle tre consolidate a cui ci ha abituato e su cui ha costruito la carriera. Un’espressione che definirei addominale, ma non solo.

Kathryn McKinnon Berthold, miglior trucco e rivelazione del film. Realistica. E esattamente come finivano le Barbie delle sorelle e cugine dopo che capitavano nelle mani di un maschio. Per rimanere in tema credo si sia ispirata a Pink nel look. Guarda un po’. Stupenda. Viene voglia di vedere tutti i suoi Saturday Night e di giocarci a qualsiasi cosa.

Miglior battuta politically correct, che suona più o meno cosi:

– Non state applicando bene il patriarcato!

– No, al contrario. lo applichiamo benissimo, è che lo nascondiamo meglio.

Candida come un foglio di carta, tagliente quando meno te lo aspetti.

In sala non ho visto nessuno che non abbia interagito col suo vicino, spesso sconosciuto. Anche solo un sorriso complice. Per Barbie assegnerei il Premio seggiolone a questo. Non si vedeva da anni al cinema. Almeno in maniera così condivisa. Merita.

E allora, che Barbie sia.

Andrea Pezzullo

Immagine di copertina gentilmente concessa da Warner Bros Italia

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