Propagazioni artistiche, fra poetico e politico
Fino al 17 settembre Roma accoglie la diciottesima edizione di Short Theatre.
Sotto la direzione di Piersandra Di Matteo, in questi giorni a Roma è in corso il festival di arti performative Short Theatre, che anima la città con spettacoli, performance, laboratori, conferenze, presentazioni, occupando quest’anno quindici luoghi diversi, ampliando così l’area di fermento creativo in cui è possibile immergersi fino a domenica 17 settembre.
Radical Sympathy è il leitmotiv di questa edizione, cioè la diciottesima. È dal 2006 che il festival esiste. Sympathy è una ‘parola-ombrello’ che racchiude comprensione, condivisione, reciprocità, attrazione, affinità, affetto. Sostantivo abbinato a un aggettivo altrettanto potente e ampio, radical, che rimanda alle radici di qualcosa anche nel senso di profondità, determinazione, risolutezza, efficacia.
Il festival è stato inaugurato in anteprima il 3 settembre con un reading poetico di Fred Moten al Teatro Argentina, Sounding the Open Secret. Poeta, critico e teorico, pensatore, filosofo della Nerezza, studioso dei processi di oppressione e di resistenza, Fred Moten ha incantato la platea piena del teatro con un percorso di letture tratte dalle sue opere: seduto e illuminato da una luce sul palco, di fronte a un pubblico silenzioso in ascolto profondo. Successivamente intervistato da Mackda Ghebremariam Tesfau’ e Justin Randolph Thompson in una conversazione attorno a due concetti fondamentali di questo viaggio lirico: fuggitività e rifiuto. Concetti che istintivamente ci fanno pensare alla pratica del marronnage, quel fenomeno per cui gli schiavi delle piantagioni fuggivano dalla loro condizione, verso montagne o foreste, rifiutando di essere proprietà altrui e creando delle comunità clandestine.
Si percepisce forte e chiara la valenza politica del gesto artistico. Ed è una percezione che attraversa tutto il programma di Short Theatre. Basti pensare che quest’anno protagonista di Prisma – spazio del programma dedicato a una personalità dell’arte contemporanea internazionale – è Ligia Lewis, artista, danzatrice e coreografa americana, sperimentatrice di coreografie “fuggitive”, di coreografie che interrogano una memoria/storia parziale facendo affiorare dall’oscurità ciò che è stato tacitato, silenziato dal discorso dominante.
L’arte sopperisce alle lacune della storiografia e rompe il monologo del privilegio. L’arte irrompe e spiazza, decentralizza, ‘demargina’.
Sotto il nome di Reciprocity una serie di laboratori e progetti (totalmente gratuiti) basati sulla condivisione e lo scambio. “Memorie da sottopelle” – realizzato in collaborazione con la piattaforma Locales e con la casa editrice Capovolte – è stato uno di questi: un laboratorio di “Coreo-grafie decoloniali” tenuto dalle studiose e attiviste Marie Moïse e Mackda Ghebremariam Tesfau’. Era eccezionalmente presente anche la poeta Rahma Nur.
Parola, poesia, movimento, contatto, creazione collettiva.
L’arte è condivisione, è emozione, è ri-nominazione, è rivoluzione.
Questa è solo una piccola parte del vasto e denso programma del festival, che comprende decine di progetti e che abiterà la città di Roma fino al 17 settembre.
Articolo a cura di Sara Concato
Immagine di copertina via facebook.com/shorttheatre