Oggi 2 novembre Giornata internazionale per porre fine all’impunità dei crimini contro i giornalisti
Appello UNESCO: “Occorrono nuove misure per proteggere i giornalisti durante le manifestazioni di protesta e le campagne elettorali”.
Oggi 2 novembre ricorre la Giornata internazionale per porre fine all’impunità dei crimini contro i giornalisti, istituita dalle Nazioni Unite nel 2013 dopo l’omicidio di Ghislaine Dupont e Claude Verlon, professionisti impegnati nel documentare la situazione politica in Mali. Due omicidi che hanno catalizzato l’attenzione internazionale su un tema che interessa tutti i Paesi e che vede ogni giorno aumentare le vittime che chiedono giustizia.
Nel 2022 solo in Italia sono stati 322 i giornalisti minacciati, e di questi, secondo Ossigeno per l’informazione, organizzazione specializzata in tutela dei giornalisti, il 92% dei casi è rimasto impunito.
Per l’occasione l’UNESCO ha diffuso l’appello: “Occorrono nuove misure per proteggere i giornalisti durante le manifestazioni di protesta e le campagne elettorali”. Carenza che è presente in tutti quei contesti in cui i giornalisti sono più esposti, in casi in cui è necessaria una profonda ricerca della verità e in situazioni che espongono tutti al pericolo, ma dove i giornalisti rivestono un ruolo di osservatori, come ad esempio le guerre.
Basti pensare che dall’inizio dell’ennesimo conflitto in Medio Oriente a Gaza sono già 29 i giornalisti uccisi, mentre dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina sono 12 i giornalisti e le giornaliste morti. Numeri, nomi e volti, che meritano il tenace impegno per trovare i colpevoli da parte di chi amministra la giustizia.
Proteggere i giornalisti. È il richiamo dell’@UNESCO, in vista delle elezioni 2024 in 80 paesi, nella giornata mondiale @UN per mettere fine all’impunità per i reati contro i giornalisti: https://t.co/vy2b5l1YN5#EndImpunity pic.twitter.com/wn25LGFk77
— OssigenoInformazione (@ossigenoinfo) November 2, 2023
In Italia sono tante le persone che hanno affrontato a testa alta ambienti del crimine organizzato e conflitti internazionali. Personalità di spessore di cui vale la pena parlare, tra cui Giovanni Spampinato, assassinato a Ragusa il 27 ottobre 1972, mentre approfondiva un’inchiesta sulla mafia in Sicilia, di cui è stato recentemente l’anniversario della morte, e Simone Camilli, ucciso pochi anni fa, il 13 agosto 2014, già impegnato nel conflitto a Gaza, e tanti altri, uomini e donne che cercavano la verità, tra cui Mauro De Mauro, Antonio Russo, Cosimo Cristina, Giuseppe Impastato, Mario Francese, Giuseppe Fava, Mauro Rostagno, Giuseppe Alfano, Giancarlo Siani, Carlo Casalegno, Walter Tobagi, Graziella De Palo, Italo Toni, Almerigo Grilz, Guido Puletti, Marco Luchetta con Alessandro Ota e Dario D’Angelo, Ilaria Alpi con Miran Hrovatin, Marcello Palmisano, Gabriel Gruener, Antonio Russo, Maria Grazia Cutuli, Raffaele Ciriello, Enzo Baldoni, Fabio Polenghi, Vittorio Arrigoni e Andrea Rocchelli. Tutti impegnati fino all’ultimo per tutelare i principi della nostra società democratica, persone che hanno pagato il prezzo più alto per tutti i cittadini e alla quale memoria è stato creato un archivio, Cercavano la verità.
Nel 2023 la situazione non sembra migliorare di molto, e poco è stato fatto per rovesciare le percentuali e assicurare alla legge i colpevoli dei crimini. Sempre secondo i dati forniti da Ossigeno per l’informazione sono 83 i giornalisti minacciati nella prima parte dell’anno in Italia, la stessa organizzazione denuncia che non viene posta la giusta attenzione nel migliorare le leggi volte a tutelare maggiormente i professionisti impegnati nel proprio lavoro.
A inizio ottobre di quest’anno il Parlamento europeo ha approvato la nuova normativa europea per la libertà dei media, in cui, se da un lato si obbligano gli stati a tutelare la pluralità e l’indipendenza dei media, dall’altro, secondo l’articolo 4, si autorizza a spiare i giornalisti in caso di “sicurezza nazionale”, un termine generico e di ambigua interpretazione che si presta facilmente a manipolazioni. Deroga che, pensandoci bene, può mettere a rischio sia le fonti, sia i giornalisti.
Per la tutela degli stessi, in Italia, nel novembre 2017 è stato istituito dal Viminale, il “Centro di coordinamento dell’attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti”, volto a individuare sempre nuove strategie tese a prevenire e contrastare ogni forma di minaccia e violenza nei confronti degli operatori del mondo dell’informazione.
Ma quali sono i crimini più comuni che subiscono i giornalisti? E come è possibile reagire?
Si chiamano querele pretestuose, compiute senza sussistenza di reato, cioè con accuse false, che vengono avanzate contro i professionisti dell’informazione per ostacolarne il lavoro e con fine intimidatorio.
Per parlarne, il 27 ottobre a Roma si è svolto il convegno “Chi fermerà le querele pretestuose contro i giornalisti?” Durante l’incontro, organizzato da Ossigeno per l’informazione, sono stati portati dal vivo esempi di controquerele di successo, che hanno inchiodato il mandante. Come è successo per Leandro Salvia e Carlo Ceraso, due giornalisti che hanno visto il querelante condannato lui stesso. Un risultato di valore condotto dallo sportello legale di Ossigeno, coordinato dall’avvocato Andrea Di Pietro e impegnato ad affiancare tutti coloro che necessitano di tutele.
L’organizzazione, la più attiva sul tema a livello nazionale, avanza al governo proposte precise in ambito legislativo, come ad esempio la depenalizzazione della diffamazione a mezzo stampa, il fermare le querele strumentali, il rafforzare il segreto professionale, fare sì che l’editore copra le spese legali che deve affrontare il giornalista quando viene querelato.
Solo alcune delle tante azioni utili possibili che, se venissero attuate dal governo, non andrebbero a toccare solo i giornalisti – che potrebbero lavorare nelle giuste condizioni, offrendo un servizio di maggiore qualità a tutti – ma a pioggia andrebbe a impattare positivamente su tutta la società, dato che un buon giornalismo, come è noto, rappresenta lo specchio della democrazia. L’ex presidente della Repubblica, Sandro Pertini, a proposito, disse: “Questa democrazia l’abbiamo conquistata col sangue e la galera. Non possiamo correre il rischio di perdere la libertà per colpa di chi la usa per rubare”. Niente di più attuale.
Articolo a cura di Laura Ghiandoni
Immagine di copertina via twitter.com/PalestineChron