In Uganda dilaga il lavoro minorile: quando una soluzione?
Il lavoro minorile in Uganda è una piaga che affligge anche la popolazione di rifugiati, ma il programma di tutela previsto dal Governo è in forte ritardo.
Fuggono dalla violenza e dall’instabilità del proprio Paese per ritrovarsi a fronteggiare povertà e sacrificio. Questa condizione, già avvilente per qualunque individuo adulto, fotografa il destino di parecchi bambini subsahariani. Ragazzini che lasciano la propria casa per fuggire da guerre civili o lotte intestine ma arrivano in una terra, l’Uganda, dove la sopravvivenza è da guadagnarsi lavorando. Spesso in condizioni molto faticose, correndo il rischio di compromettere la propria salute fisica e mentale.
Questo è quanto accade ai giovani migranti provenienti dal Sud Sudan, Paese afflitto da una guerra civile e da scontri tra governo e gruppi di ribelli. Queste persone cercano rifugio in Uganda e, nello specifico, nel campo rifugiati di Palabek, istituito nel 2017 a nord del Paese e vicinissimo al confine sudanese. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, è qui che vivono 70mila dei 900mila sudanesi arrivati in Uganda – e il 60% di questi è minorenne. In Uganda si conta un totale di circa un milione e mezzo di rifugiati provenienti da Sudan, Etiopia, Somalia, Congo, Burundi, Rwanda ed Eritrea, distribuiti nei diversi campi di tutto il Paese.
We stand in solidarity with the children of Uganda. Child labor is indeed a grave issue that steals their innocence and hinders their future. Together, let's take action and ensure a safe and secure environment for all young people. #ProtectOurChildren #EndChildLabor @ucrnn https://t.co/71tFixJ3Jp
— CitzensConcernAfrica (@CICOA_Ug) November 2, 2023
I centri di accoglienza provvedono a una parte di sostentamento per gli ospiti, che spesso non soddisfa il fabbisogno completo delle famiglie. In un contesto scarsamente industrializzato, un territorio poco popolato e lontano dai centri urbani più grandi della nazione, con basse possibilità di impiego, tocca anche ai bambini darsi da fare. Spesso, le attività in cui sono coinvolti sono molto pesanti o pericolose – come spaccare pietre, partecipare alla produzione di carbone o abbattere alberi.
Del resto, il lavoro minorile è una piaga che non riguarda soltanto i piccoli rifugiati, ma anche la popolazione locale. Secondo l’UNICEF, nelle regioni subshariane lavora un bambino su 5. Per l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) il 40% dei minori ugandesi svolge un’occupazione e il 58% dei bambini lavoranti ha tra i 5 e gli 11 anni. Ciò accade nonostante la legge stabilisca a 16 anni l’età minima per lavorare – e, nel caso di mestieri più impegnativi e logoranti, l’età minima sale a 18 anni.
Nel 2022 l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha studiato la condizione del lavoro minorile in Uganda, rilevando che il settore che offre più impiego è quello agricolo: coltivazioni di canna da zucchero, riso, tè, caffè, tabacco. Ma anche allevamento e pesca possono richiedere manodopera di bambini e ragazzini su diverse attività. Altri settori economici si macchiano di lavoro minorile, come ad esempio l’industria estrattiva (oro, sabbia e pietra), l’edilizia e i servizi domestici. Non manca, purtroppo, la prostituzione.
Secondo l’OIL le principali cause di tassi così alti di sfruttamento minorile sono legate a un insieme di motivi. La povertà, indubbiamente, è uno dei fattori principali. Questa, tuttavia, è accompagnata da vulnerabilità sanitaria (in Uganda l’impatto di HIV, Ebola e, ora, COVID è molto elevato), scarsa protezione sociale e poche opportunità di lavoro soddisfacente per gli adulti – che difficilmente riescono a sostentare un’intera famiglia. Tutto questo in un’area dove diritti civili e protezione legale sono quasi inesistenti. In aggiunta, la dispersione scolastica delle strutture gioca un ruolo fondamentale nell’allontanamento dei bambini dalle aule.
🌟 Exciting News!
📰 Our article 'Eradicate Child Labour in Uganda's Coffee Supply Chain' by Josephine Akiru is published on New Vision.
It exposes the harsh realities faced by children and calls for action in the fight against #childlabour🌍✨ https://t.co/VM014qqOlT pic.twitter.com/eoxvlI4ZOH— TdH-NL Africa 🧡 (@tdhnl_africa) November 21, 2023
Nel 2021 il Ministro del Genere, del Lavoro e dello Sviluppo Sociale ha adottato il Secondo Piano d’Azione Nazionale per l’eliminazione del lavoro minorile. Questa misura fa seguito alla legge di Protezione del Bambino del 2016 – che non viene rispettata, come abbiamo intuito. Il programma è su base quinquennale e punta ad alcune priorità: la definizione di un quadro giuridico, politico e istituzionale di maggiore tutela, l’istituzione di partenariati e coordinamento di vigilanza e applicazione delle norme già presenti e future, maggiore accesso alla protezione sociale, all’istruzione, allo sviluppo delle competenze e all’assistenza sociale, incentivi per sostenere sia la ricerca ed il monitoraggio della situazione che l’applicazione delle tutele.
L’obiettivo è ridurre il lavoro minorile del 4% entro il 2025, sottrarre e riabilitare 100mila bambini dallo sfruttamento e fornire formazione per lo sviluppo delle competenze ad altri 200mila. La scadenza non è certo lontana.
Articolo a cura di Sara Gullace
Immagine di copertina via hrw.org