Il Senegal di Macky Sall nel caos
Il presidente Macky Sall rinvia il voto presidenziale, ma il tribunale lo disdice: continua il periodo di incertezze e tensioni politiche in un Paese solitamente stabile e coeso.
Il Senegal è da sempre considerato una vera e propria oasi di democrazia – quasi una rarità nel continente africano. Con i suoi suoi suggestivi scenari naturali e i 16 milioni di abitanti che si affacciano sull’Atlantico, la repubblica dell’Africa occidentale ha potuto beneficiare di un contesto politico-sociale piuttosto stabile, fortunatamente estraneo a sconvolgimenti governativi, brogli elettorali o altre forme di limitazione delle libertà democratiche. Fino ad oggi almeno. Da diversi mesi, infatti, in Senegal si avverte una tensione che preoccupa la sua popolazione e le potenze internazionali – che temono le ripercussioni di una crisi in loco.
I disaccordi parlamentari sono legati a questioni di candidature ed eleggibilità. La scorsa primavera è stato arrestato il leader dell’opposizione Ousmane Sonko, con ben 7 capi d’accusa – tra cui corruzione di minori, diffamazione e minaccia alla sicurezza nazionale. Sonko è stato condannato a due anni in contumacia, e il suo partito PASTEF è stato sciolto.
In seguito alla condanna di Sonko, nel mese di giugno le città di Dakar e Zighuinchor (dove il leader del PASTEF era sindaco) sono state sconvolte da scontri tra manifestanti e polizia in cui hanno perso la vita 23 persone. In quell’occasione, l’opposizione ha parlato apertamente di complotto per tagliare fuori dalla corsa elettorale il più temibile avversario del presidente Macky Sall.
Senegal's top court has ruled that the decision to postpone this month's elections is unlawful.
President Macky Sall had announced earlier this month that he was pushing the election back due to concerns over the eligibility of opposition candidates.https://t.co/YRgvd7s6K4
— BBC News Africa (@BBCAfrica) February 16, 2024
Del resto non era la prima volta che i principali candidati dell’opposizione venissero esclusi dalle presidenziali, estromessi con l’escamotage dell’arresto. Sia Karim Wade che Khalifa Sall erano stati incarcerati per corruzione rispettivamente nel 2015 e nel 2018 e interdetti dalla candidatura nel 2019. Per calmare le acque, nel mese di Luglio, lo stesso Macky Sall aveva annunciato di non voler correre per il terzo mandato – l’attuale presidente è in carica dal 2012.
Il 5 febbraio, però, Macky Sall si è reso protagonista di un gesto inedito in Senegal. Forte della maggioranza in Parlamento, Sall ha deciso di rimandare le elezioni presidenziali a poche settimane dal voto. Con 105 consensi favorevoli su 165, il presidente ha spostato le consultazioni dal 25 febbraio al 15 Dicembre, regalandosi la presidenza per tutto il 2024.
La motivazione ufficiale del rinvio risiede nella “presentazione di candidature illegittime”, ma per la coalizione d’opposizione di Liberate the People (YAW) si è trattato di un vero e proprio colpo di stato costituzionale. Lo YAW aveva deciso di puntare su Bassirou Diomaye Faye, promettente delfino di Ousmane Sonko, ma Sall ha preso tempo per mantenere la carica e spianare la strada al suo successore Amadou Ba – attuale Primo Ministro che ha il supporto degli schieramenti socialisti e progressisti senegalesi.
È dovuto intervenire il Tribunale Costituzionale per ristabilire ordine e ruoli. Il 20 febbraio, infatti, l’organo giuridico ha annullato il decreto e ribadito che la durata del mando presidenziale è definito dalla Carta Magna – e in ogni caso il compito di modificarlo non spetta al presidente, ma allo stesso Tribunale. Ricevuto l’ordine, Macky Sall ha assicurato che le elezioni verranno indette “Il prima possibile”.
Sull’intervento del Tribunale pesa indubbiamente l’ondata di proteste che hanno scosso il Paese da nord a sud, il cui bilancio è di 3 vittime e oltre 200 arresti. Barricate, strade interrotte e manifestazioni nella provincia di Dakar ma anche a Ziguinchor, nel sud ed a Saint Louis, nel nord. Anche la decisione del Governo di interrompere internet e telefonia mobile con il pretesto del “Dilagare di messaggi di odio e incitamento alla sovversione” a minaccia dell’ordine pubblico aveva acuito frustrazione e rabbia. Provvedimento già utilizzato in estate ma che è durato non più di una giornata.
Happening now! We want a #FREESENEGAL.
President Macky Sall must respect the rule of law! Elections must be held as prescribed in the constitution of #Senegal. #AfricansRising #AfricaWeWant pic.twitter.com/fmOZI0FQxr
— Africans Rising (@AfricansRising) February 17, 2024
L’autoritarismo presidenziale, insomma, aveva provocato un rifiuto generalizzato in patria – manifestato all’unisono dalla società civile, dalla comunità religiosa, oltre che da magistrati, politici e giornalisti. Il Segretario del Governo, Abdou Latif Coulibaly, si era dimesso nell’immediato. E aveva preso le distanze anche chi, fino ad allora aveva spalleggiato Sall: è il caso dell’ex premier Tourè che ha parlato di una “mascherata” e ha sposato la linea del colpo di stato costituzionale. Il celebre cantante Youssou Ndour, via social, aveva criticato il piano di rinvio.
Preoccupati anche gli “spettatori” internazionali: l’Organo di monitoraggio elettorale dell’UE aveva chiesto elezioni “Trasparenti, inclusive e credibili”. In totale sintonia l’Unione Africana, mentre l’ECOWAS aveva esortato il governo a organizzare le elezioni il prima possibile, invitando tutte le parti coinvolte a “risolvere qualsiasi controversia politica attraverso la consultazione, la comprensione e il dialogo civile“. Francia, Inghilterra e Stati Uniti si sono uniti al coro del ripristino del turno elettorale.
Dopo l’intervento del Tribunale Costituzionale, si attende una nuova decisione in merito alla data delle elezioni. Nella speranza che il Senegal ritrovi la sua invidiata stabilità.
Articolo a cura di Sara Gullace
Immagine di copertina via Flickr – Creative Commons