Beyoncé e la riappropriazione culturale della musica country
Polemiche per il nuovo disco di Beyoncé, “Cowboy Carter”, in uscita il 29 marzo.
Partiamo da un dato: Beyoncé è la prima donna nera a raggiungere il primo posto nella classifica Hot Country Songs di Billboard e la seconda artista femminile solista a raggiungere la vetta, dopo la distruttrice dei record Taylor Swift.
Tutto ha inizio la sera del Super Bowl 2024, la finalissima del campionato della National Football League, durante la quale l’artista texana ha lanciato, con uno spot pubblicitario, 2 nuove canzoni Texas Hold’em e 16 Carriages.
L’attacco di un banjo che introduce il singolo Texas Hold’em ha fatto storcere la bocca a molti e non perché lo strumento cordofono di origine africana sia raramente utilizzato nella musica pop contemporanea, ma perché il banjo oggi in America significa fingerstyle caratterizzato da veloci arpeggi “rotolanti” (rolls, ndr.) identificabili con un genere musicale ben definito: il country.
Per capire meglio come siamo arrivati alla polemica legata alla prima artista di colore ad essersi esibita come headliner al Coachella Festival nel 2018 dobbiamo fare un passo indietro.
La musica country nasce come musica popolare nelle zone rurali del continente nordamericano, dall’importazione e dal riadattamento di elementi culturali delle comunità inglesi, scozzesi e irlandesi alle quali si sono aggiunti elementi tratti dalla cultura musicale africana.
Poi, durante il periodo della grande depressione, il proliferare delle trasmissioni radiofoniche ha dato un forte impulso alla diffusione della musica country negli stati dell’Ovest. In Texas e in Oklahoma si sono quindi rapidamente affermati nuovi stili come, ad esempio, i country western. Grazie ad artisti come Gene Autry, cantante texano prima e attore hollywoodiano poi, questo genere si è diffuso rapidamente in tutti gli Stati Uniti negli anni Quaranta e Cinquanta.
A questo si aggiunga che le artiste femminili della musica country sono sempre state una competente minoritaria, dato che vale per quasi tutti i generi musicali, ma nella storia della musica country ci sono state diverse artiste rilevanti che hanno lasciato un segno. Non le possiamo citare tutte per motivi di brevità ma se dovessimo fare solo un nome sarebbe impossibile non citare Kitty Wells che nel 1952 incise una delle canzoni più controverse della musica americana: It Wasn’t Good Who Made Honky Tonk Angels. Con questa canzone Wells rispondeva all’inno cowboy The Wild Side of Life di Hank Thompson. Una sorta di dissing degli anni Cinquanta.
Non sorprende, o meglio non dovrebbe sorprendere, che Beyoncé, un’artista afroamericana nata e cresciuta a Houston in Texas, ad un certo punto della sua carriera musicale abbia deciso di omaggiare le sue origini.
Ma allora perché il nuovo disco di Beyoncé sta creando un acceso dibattito?
Senza girarci troppo intorno, il problema è che, negli anni, la musica country è stata considerata da alcuni un genere musicale per bianchi, maschi e plausibilmente conservatori.
Le accuse principali che vengono mosse a Beyoncé sono quelle di appropriazione culturale e di non essere abbastanza aderente alla vera musica country. Inizialmente, infatti, alcune delle radio di settore si sono rifiutate di inserire in scaletta Texas Hold’Em ma dopo numerose mail e telefonate sono state costrette a ritornare sui propri passi.
Non è la prima volta che il mondo radicale della country music si mette di traverso rispetto ad artisti che non rispecchiano perfettamente determinati canoni. Nel 2016 la canzone Daddy Lessions di Beyoncé insieme a Dixie Chicks venne rifiutata dal comitato dalla Recording Academy rendendola non idonea a concorrere per i Grammy country.
Un esempio su tutti, e forse quello più rappresentativo, è quello che vede come protagonista Lil Nas X con la sua Old Town Road insieme a Billy Ray Cyrus: anche in quel caso nacquero molte polemiche prima e dopo la rimozione della canzone dalla Hot Country Songs di Billboard.
La motivazione è sempre quella di una non sufficiente aderenza alla vera musica country ma tale narrazione porta a galla un altro problema poco discusso: la scena di Nashville, capitale del country contemporaneo, non accetta pienamente gli artisti non bianchi che propongono o si avvicinano al genere.
Allo stesso tempo tante sono state le parole di apprezzamento per le nuove canzoni di Beyoncé, inclusa la benedizione della regina del country Dolly Parton.
Come ha scritto sul Guardian Rhiannon Giddens, l’artista due volte vincitrice di un Grammy, che di recente ha suonato nella canzone country Texas Hold ‘Em di Beyoncé, provando a guardare oltre la categorizzazione dei generi musicali e la relazione con la tradizione:“Siamo stati portati a pensare che il genere sia una categoria inevitabile e immutabile dell’espressione musicale, ma non dobbiamo confondere il genere con la tradizione. La tradizione si forma secondo la logica interna di specifiche comunità attraverso lunghi processi di impegno creativo – spiega Giddens aggiungendo che – la tradizione è costituita da canti di storie, canti di danza, canti spirituali, canti di lavoro, suonati e cantati in modi immensamente diversi, a seconda della comprensione della comunità. Il genere, invece, è un prodotto del capitalismo e le persone che hanno accesso al potere lo creano, lo controllano e lo mantengono per mercificare l’arte. Negli anni Venti, i dirigenti dell’industria discografica si resero subito conto che per massimizzare le vendite dei dischi era necessario commercializzarli. Per commercializzarli, dovevano creare delle categorie che consentissero di ridurre la totalità dell’esperienza americana a poche parole d’ordine e, poiché siamo negli Stati Uniti, le nostre lenti culturali sono condizionate a proiettare le categorie razziali su tutto. Il risultato fu la Grande Segregazione della Musica Americana.”
Il 29 marzo uscirà Cowboy Carter, il nuovo disco completamente basato su sonorità country. Si tratta del secondo capitolo di una trilogia che Beyoncé ha iniziato nel 2022 con il disco Renaissance, chiamato anche Act I: Renaissance.
Ad oggi non sappiamo se questo secondo “atto” sia parte di una battaglia culturale più ampia, se verrà strumentalizzato nel dibattito politico tra repubblicani e democratici (mancano meno di 230 giorni alle presidenziali USA), o semplicemente verrà apprezzato o disprezzato da tutti e tutte, a prescindere.
Articolo a cura di Dario Patti e Damiano Sabuzi Giuliani