Il disastro di Haiti, tra gang, fame e miseria

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Le ultime elezioni nel Paese caraibico risalgono al 2017: tra un leader politico restio a lasciare la carica e le gang che assoggettano il territorio, la popolazione è allo stremo.

Il vuoto politico istituzionale lascia Haiti e la sua popolazione in mano alle gang, organizzate e coalizzate contro l’attuale classe dirigente del Paese e che stanno condannando gli haitiani a fame e povertà. Secondo l’ONU il 2023 è stato un anno tragico per il paese caraibico: quasi 4.000 persone sono state uccise, altre 3.000 rapite e 1.100 sono state le donne vittime di stupro usato come arma di rappresaglia. A queste vittime si aggiungono i 300.000 sfollati e l’interruzione di servizi base come elettricità, acqua sanitaria o raccolta dei rifiuti. Anche il servizio sanitario sta collassando, a causa di una pressione cui i pochi mezzi a disposizione non riescono a fare fronte.

Ed il 2024 non è iniziato in modo migliore: lo scorso 29 febbraio le bande hanno attaccato e preso il controllo della capitale Port-au-Prince, assaltando stazioni di polizia e banche, occupando lo stadio ed il principale scalo merci del porto, la sede del Ministero dell’Interno e due penitenziari lasciando evadere la quasi totalità dei detenuti.

Protagonisti di questa criminale avanzata di potere sono gruppi, gang appunto, che da tempo tengono in scacco i quartieri più poveri di Haiti e lo fanno spesso in accordo con la classe politica per controllare le aree di elettorato. Uno dei leader più in vista è Jimmy Cerizier, ex poliziotto, ora a capo della G9: la sua ascesa, e quella del suo gruppo, risale al 2017 con la presidenza di Jovenel Moise.

Quando quest’ultimo fu ucciso da narcotrafficanti colombiani, nel 2021, il governo fu preso in carica dal Primo Ministro Ariel Henry che avrebbe dovuto traghettare il Paese a nuove elezioni nel più breve tempo possibile. A febbraio, invece, è arrivato l’ultimo rinvio del voto spostato da Marzo all’estate del 2025: questo continuo procrastinare ha indebolito la figura di Henry, percepito sempre di più in una posizione di potere illegittima. Di qui, l’escalation dell’ultimo mese con la coalizione della G9 ad altre gang per destituire il Premier.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso in queste ultime settimane è stata la richiesta di aiuto di Herny al Kenya per ripristinare l’ordine ad Haiti attraverso il dispiego di forze dell’ordine sul territorio: l’escalation di occupazioni e violenze si è verificata proprio mentre Henry parlava con il Presidente Ruto, a Nairobi. Ed è ancora qui che si trova dopo aver dato le inevitabili dimissioni a metà marzo. La decisione di coalizzarsi da parte delle varie gang trova fondamento proprio nella necessità di una risposta all’intervento armato straniero.

Ora la situazione è di forte stallo: Henry ritarda il rientro per ragioni di sicurezza ed il Kenya ha congelato l’accordo se prima non vedrà mettere in piedi un nuovo governo. Cosa che dovrebbe fare il Consiglio Presidenziale Transitorio: a questo organismo spetta il compito di definire un governo ad interim per arrivare alle elezioni e, nel frattempo, sbloccare la situazione del sostegno estero.

Eppure l’escalation di quest’ultimo mese non deve trarre in inganno nel circoscrivere il dramma haitiano ai soli giorni nostri: la crisi politica e di sicurezza va avanti da anni ed ha origine nel secolo scorso. È della seconda metà del Novecento, infatti, la dittatura trentennale operata dai Duvalier, padre e figlio, che ha lasciato un forte vuoto di democrazia. E già in quegli anni gruppi paramilitari, affiliati ai dittatori, si occupavano di estirpare con ogni mezzo la dissidenza al regime. Anche il terremoto del 2010, di magnitudo 7 e che fece oltre 220mila morti e rase al suolo buona parte della capitale, ha certamente minato l’andamento economico del Paese e, di conseguenza, la sua stabilità socio-politica.

La formazione di un Governo e l’indizione di elezioni democratiche a stretto giro potrebbero essere l’inizio del tentativo di ripresa di Haiti: in questo stallo prendono piede figure criminali. Le stesse figure che, ottenute le dimissioni di Henry, hanno cominciato a parlare di amnistia rispetto alle violenze d questi anni: che stiano maturando l’idea di un ruolo nel futuro tessuto politico della Nazione?

Articolo a cura di Sara Gullace

Immagine di copertina via rawpixel.com

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