Gina Lombroso, una donna che esce dall’ombra
Silvia Di Natale trasforma gli scritti autobiografici di Gina Lombroso in un romanzo storico e biografico, uno spaccato al tempo stesso della sua vita e della Storia d’Italia.
Un cognome a dir poco ingombrante: il padre di Gina è Cesare Lombroso, psichiatra, criminologo e antropologo famoso in tutto il mondo. Fin da giovanissima Gina Lombroso assiste il padre nella trascrizione dei suoi articoli e nella gestione della corrispondenza. Per suo padre ha un grande affetto e una grande stima ed è più mite della sorella Paola, meno ribelle, per quanto entrambe diventino presto consapevoli del ruolo-ombra ricoperto dalle donne in una società fortemente patriarcale.
Partendo dallo studio di un dattiloscritto presente nell’archivio Vieusseux di Firenze, Silvia Di Natale in Una donna nell’ombra – pubblicato da Edizioni Clichy – ripercorre la vita di questa donna dall’intelligenza fortemente vivace che vivrà però sempre un passo indietro rispetto agli uomini con cui divide la sua esistenza. La sua devozione nei confronti del padre e poi del marito le impediranno di abbracciare fino in fondo i propri interessi e le proprie inclinazioni, di affermare in totale autonomia la propria voce.
La magia della scrittrice sta nel trasformare degli appunti inediti in romanzo storico, in affascinante affresco di una vita e di un’epoca, alternando i fatti della vita, i pensieri e le emozioni della protagonista al quadro degli eventi di un’intensa epoca di rivolgimenti.
Così come nella copertina i tratti di Gina Lombroso si disegnano chiari sul fondo azzurro, nella scrittura di Silvia Di Natale la sua persona emerge lentamente dall’ombra.
Cesare Lombroso è figlio del suo tempo. Nuotando nelle acque del determinismo e del positivismo, leggeva l’umanità attraverso rapporti necessari di macchinale causalità e trascinava tutto nel campo di azione della scienza esatta, la psicologia, l’antropologia, la sociologia.
Gina è riflessiva, si pone interrogativi, si fa molte domande ad esempio sugli effetti del progresso tecnologico, sulla diffusione delle macchine e sulle conseguenze che questa espansione su larga scala può avere sul lavoro dell’uomo.
Cesare è un uomo di certezze, di leggi. Quando si tratta di esaminare la natura della donna, la pone “scientificamente” uno scalino sotto rispetto all’uomo, perché meno intelligente, meno stabile emotivamente. Eppure, a sentire Gina, il tratto dell’intuizione e della fantasia caratterizzano parecchio il sistema paterno.
Frequentano la casa paterna Filippo Turati e Anna Kulishoff: entrano in circolo le idee del socialismo, che attraggono fortemente le sorelle Lombroso, in special modo Paola. Gina ha un animo più mite di quello della sorella. Nonostante gli interrogativi e i dubbi che magmaticamente si muovono in lei, tende sempre a rispettare il ruolo a lei prescritto, attenendosi prima al dovere di figlia, come poi a quello di moglie.
Gina di fatto è una figlia della borghesia ed è refrattaria a una nozione come quella della lotta di classe. Eppure ha dei tentennamenti, si pone domande, dubita. Sente che qualcosa non va, che la società dovrebbe essere più giusta. Nota subito le contraddizioni. Vedendo l’appartamento in cui vivevano Turati e Kulishoff, riflette: “a me che su tutto meditavo e continuamente cercavo gli oscuri legami e le contraddizioni tra le cose, il fatto che quel luogo signorile fosse la sede della ‘Critica sociale’, l’espressione del neonato partito socialista, pareva un’incongruenza” (p. 113).
Pian piano lo slancio di interesse verso il partito socialista si affievolisce: “A che cosa serve un partito che voglia migliorare le condizioni sociali, se gli uomini che ne fanno parte non sono moralmente migliori?” (p. 149). Più avanti lo sdegno: “il partito al quale avevamo aderito con tanto entusiasmo non era migliore degli altri, ma faceva parte del fitto sistema che pervadeva tutta l’Italia. Guai a chi non aveva una cricca alle spalle!” (p. 163). Dinamiche che ci sembra di conoscere anche oggi. Gina Lombroso ha dentro di sé un grande senso della morale e una coscienza sociale vivace. Insieme con la sorella mette su un doposcuola per il figli delle famiglie bisognose. Non solo: le viene in mente di condurre un’inchiesta sul quartiere torinese operaio della Crocetta, che la porterà a pubblicare un articolo su La Riforma Sociale intitolato “Sulle condizioni sociali degli operai” (p. 153).
Gina Lombroso ha una vocazione scientifica, ma, per non contrariare i genitori, si iscrive alla facoltà di lettere. La vocazione, però, è talmente forte che dopo gli studi di lettere otterrà di iscriversi alla facoltà di medicina, per quanto poi non eserciterà molto la professione. Il suo percorso di donna sarà abbastanza lineare e aderente ai canoni dell’epoca (solo dell’epoca?). Dalla devozione filiale per il padre passa a quella per il marito, Guglielmo Ferrero, conosciuto in quanto collaboratore e assistente del padre. Un matrimonio mite, senza grandi passioni, un sodalizio perlopiù intellettuale, che doveva essere collaborazione, studio e lavoro condiviso, ma che di fatto non fu proprio così: il ruolo di lei doveva essere, poteva essere, solo secondario, di supporto – in ombra – e non di collaborazione alla pari.
Oltre che moglie, diventa poi anche madre, altro ruolo che richiede prettamente alla donna devozione e impegno. Il saggio sul macchinismo è continuamente rimandato. Lo spazio per sé mai totalmente conquistato. Eppure – siamo nel primo Novecento – la società sta cambiando: c’è un’aria di fermento sociale, di rivolgimenti. E forse quest’aria favorisce e stimola un moto di autonomia: “Quell’atmosfera torbida e ardente accelerò il processo di assestamento dentro di me” (p. 286).
Il romanzo di Silvia Di Natale ci permette di seguire questo percorso di presa di coscienza, non scevro da complessità e contraddizioni, inquadrandolo all’interno di un’epoca in subbuglio. Nonostante lo scarto temporale che ci separa da queste vicende, le domande, i dubbi e le riflessioni che animano la mente di Gina Lombroso non possono che risuonare anche dentro chi legge. Per quanto permeate dal velo positivista ereditato dal padre, le sue riflessioni sull’“anima della donna” denotano un desiderio di indagare la differenza tra maschile e femminile. E il suo interesse per la questione sociale, per le conseguenze del progresso e dell’industrializzazione mostrano l’intento di studiare la realtà e cercare risposte a interrogativi fondamentali.
Una donna nell’ombra. Le memorie di Gina Lombroso
Silvia Di Natale
Edizioni Clichy
pp. 360, euro 18,50
Recensione a cura di Sara Concato