Spagna: Pedro Sánchez non si è dimesso

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Pedro Sánchez ha dichiarato che non si dimetterà dal suo incarico di presidente del Governo. Prima delle dichiarazioni ha avuto un colloquio con il re Filippo VI.

«Ho deciso di andare avanti, con ancora più forza se possibile». Pedro Sánchez non se ne va, né si presta a una mozione di fiducia. Rimane alla Moncloa dopo 5 giorni di riflessione che hanno fatto rischiare l’infarto al Governo e al suo partito.

Il capo dell’Esecutivo e leader del PSOE ha motivato questi giorni di ritiro con la «necessità di fermarsi e riflettere», perché «l’unico modo di andare avanti è fermarsi». Nonostante il paradosso e il dramma degli ultimi giorni, Sánchez ha assicurato che «la lettera non risponde a nessun calcolo politico» ma ha riconosciuto che «poteva disorientare» e ha spiegato che rimane al potere per le «manifestazioni di solidarietà ed empatia» e «la mobilitazione sociale», nonostante le scarse 12.000 persone che si sono riunite in via Ferraz (sede del Partito Socialista Operaio Spagnolo, NdT) sabato scorso, che ha ammesso «aver influito» sulla sua disposizione d’animo.

Durante il suo intervento, sulle scalinate della Moncloa, il presidente del Governo non ha dato una sola spiegazione sulle attività della moglie ma ha chiesto di «smettere con il fango» e le «falsità intenzionali». Ha dichiarato che «costringere le vittime di tali menzogne a dover dimostrare la propria innocenza va contro la regola basilare del nostro stato di diritto» e ha accusato quanti criticano il master e la cattedra a Begoña Gómez o le sue riunioni con gli imprenditori di «voler relegare la donna in ambito domestico, dovendo sacrificare la propria carriera professionale a beneficio di quella del marito».

Cambiamenti in vista per i giudici e i media 

Sánchez ha chiesto «una riflessione collettiva che apra la strada alla correttezza, al rinnovamento, al gioco pulito» e ha annunciato «un punto e a capo». Il che lascia presumere che adotterà misure nei confronti di giudici e media che, come Libertad Digital, stanno continuando a informare sugli affari di Gómez. Il presidente del Governo ha assicurato che è «una stortura della democrazia» confondere «la libertà di espressione con la libertà di diffamazione», in linea con altre posizioni come quella del manifesto promosso da Silvia Intxaurrondo.

Non sono mancati tic da regime totalitario nel suo discorso. «Mettiamo fine a questa macchina del fango nell’unico modo possibile, con un rifiuto collettivo, sereno, democratico che io mi impegno a guidare», ha detto Sánchez chiedendo supporto per mettere fine «all’agenda conservatrice».

Cinque giorni di isolamento

Sánchez aveva adottato questa misura dopo aver pubblicato mercoledì scorso la sua lettera e essersi chiuso alla Moncloa a riflettere. In quei giorni, è rimasto con la moglie, Begoña Gómez, e le due figlie per maturare una decisione. Cinque giorni in cui ha a malapena avuto contatti con l’esterno e si è rifiutato di parlare per telefono con i suoi ministri.

Si è occupato solo di affari urgenti e, ad alcune persone di fiducia, ha risposto con l’emoji a forma di cuore. Il primo giorno, giovedì, ha chattato su WhatsApp con persone di fiducia a cui ha detto di essere devastato per le notizie sulle attività della moglie e l’apertura di procedimenti giudiziari da parte di un magistrato dopo la denuncia del sindacato Manos Limpias. Dopo di che, è tornato a un lungo e prolungato silenzio.

Si è avuta una prova del suo ermetismo nel modo in cui ha comunicato il suo messaggio. La presidenza del Governo, tramite l’ufficio preposto alle comunicazioni ufficiali, ha comunicato solo alle 8:41 che alle 12:00 il presidente avrebbe fatto una dichiarazione istituzionale senza possibilità di fare domande. Un’ora più tardi, mentre Sánchez si trovava alla Zarzuela, la Moncloa ha annunciato che sarebbe stata anticipata alle 11:00 per evitare che trapelassero indiscrezioni di qualunque tipo.

Traduzione di Valentina Cicinelli via libertaddigital.com

Immagine di copertina via YouTube – CNN en Español

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