La storia delle Coppe dei vincitori del Campionato di calcio italiano
Uno studio diacronico dei trofei messi in palio dalla FIGC per il vincitore della Serie A: un viaggio tra mistero, arte e passione.
STORIA DEI TROFEI DELLA FIGC – Carissimi lettori, bentrovati! Stiamo per intraprendere insieme un affascinante viaggio plurisecolare tra coppe, trofei, medaglie, targhe, distintivi, croci, stelle, spille ed altre decorazioni onorifiche che hanno caratterizzato la storia del nostro amato Campionato di calcio italiano. Un percorso che si prospetta essere davvero interessante, in quanto intriso di una serie di elementi storici, culturali, artistici e passionali. Oggigiorno, siamo abituati ad assistere alla tv live (ossia in diretta) all’imperdibile e, ormai, famoso spettacolo della cerimonia ufficiale della premiazione del club laureatosi “Campione d’Italia”, al quale viene consegnata la tanto agognata «Coppa dei Campioni d’Italia». Generalmente, tale prestigioso rito viene officiato dalle massime cariche del movimento calcistico nazionale, eventualmente coadiuvate da varie autorità politiche e civili di spicco. Ad ogni buon conto, l’attuale «Coppa dei Campioni d’Italia» rappresenta soltanto l’ultima “gemma” di una lunga e scintillante lista di pregiati “gioielli trofeosi” concepiti per commemorare degnamente la vittoria della Serie A. E qui comincia la “storia infinita” che desideriamo raccontarvi…perciò “allacciatevi le cinture e preparatevi al decollo!”
DAL 1898 AL 1900: LA “COPPA DUCA DEGLI ABRUZZI” – La mitica «Coppa Duca degli Abruzzi» (nota anche con le denominazioni di «Coppa d’Onore» o «Challenge Cup») rappresenta il primo trofeo attribuito al club “Campione d’Italia” da parte dell’allora F.I.F. («Federazione Italiana del Football», che nel 1909 mutò la sua denominazione in «Federazione Italiana Giuoco Calcio» o più semplicemente «F.I.G.C.», nota anche come «Federcalcio»). La «Coppa d’Onore» fu finemente progettata dall’abile orafo torinese Domenico Cravero.
La Coppa prende il nome da Sua Altezza Reale Luigi Amedeo di Savoia-Aosta (che oltre ad essere uno dei più noti membri della famiglia reale, fu anche ammiraglio, esploratore, alpinista e sportivo), il quale – insieme ad altri appassionati tifosi sportivi torinesi (sportsmen) – donò alla F.I.F. tale trofeo per omaggiare la squadra vincitrice del primo campionato nazionale di calcio. Il regolamento prevedeva che il primo club capace di vincere, anche non consecutivamente, tre edizioni del campionato si aggiudicava definitivamente la meravigliosa Coppa.
La prima edizione del campionato italiano di calcio ebbe luogo nella giornata dell’8 maggio 1898 (in concomitanza, peraltro, con il cinquantesimo anniversario che celebrava l’emanazione dello Statuto Albertino avvenuta il 4 marzo 1848) e fu vinta dal glorioso Genoa Cricket and Football Club. Si rammenta che la società rossoblù rappresenta il più antico club italiano tra quelli attualmente esistenti (fu, infatti, fondato il 7 settembre 1893 presso il consolato britannico di Genova con la denominazione sociale di “Genoa Cricket and Athletic Club”). Il Genoa vinse anche le due edizioni successive del 1899 e del 1900 maturando, quindi, il diritto di acquisire definitivamente nella propria bacheca la «Challenge Cup».
Nel 1909 il club ligure contrasse un debito (probabilmente si trattò di un prestito) nei confronti del suo ex centravanti elvetico Henri Arthur Dapples (che, in seguito, ricoprì anche i ruoli di allenatore e dirigente del Genoa). Tale esposizione debitoria costrinse, però, il club genoano a cedere in garanzia (più esattamente a “dare in pegno”) la gloriosa «Coppa Duca degli Abruzzi» a favore del suo calciatore e finanziatore Henri Arthur Dapples (questi nei primi anni del 1900 ideò e finanziò anche un altro trofeo calcistico all’epoca assai ambito che prese il suo nome: «Palla d’argento Henri Dapples»).
La «Coppa d’Onore» rimase nelle mani di Dapples fino alla sua morte (Zurigo, 9 maggio 1920). Da allora, si perse ogni traccia del trofeo, di cui non si seppe più nulla finché – dopo una serie di lunghe ricerche effettuate in tutto il globo terrestre – la Fondazione Genoa 1893 ETS (ente costituito a marzo 2006) riuscì a ritrovare negli Stati Uniti d’America (Fort Lauderdale, Florida) la storica Coppa. Nel 2018, la suddetta Fondazione riuscì ad acquisire la «Challenge Cup» che, a seguito di un’accurata e sapiente opera di restauro, è stata esposta all’interno del magnifico Museo della storia del Genoa, a decorrere dall’8 maggio 2018 (data in cui ricorreva il centoventesimo anniversario della prima edizione del campionato calcistico italiano vinto proprio dal Genoa).
E così dopo quasi un secolo di vita, il “Santo Graal” del calcio italiano è ricomparso dal nulla tornando a luccicare in bacheca e, soprattutto, a far palpitare i cuori di tutti gli sportivi italiani, i quali alla sua vista non possono far altro che contemplarne la bellezza estetica di questo cimelio che, a nostro giudizio, potremmo invece definire come il più importante «reperto archeologico e misterioso del football italico».
DAL 1901 AL 1904: LA “COPPA FAWCUS” – Una volta “ritirata” definitivamente dal Genoa nel 1900 la «Coppa Duca degli Abruzzi», quest’ultima fu sostituita da un trofeo di simili fattezze e valore, che fu denominato «Coppa Fawcus» (anche nota come «Coppa della Regina Elisabetta II»). Si tratta di un trofeo che fu donato alla F.I.F. dall’allora presidente britannico del Genoa: George Dormer Fawcus (North Shields, 20 luglio 1858 – Blonay, 14 aprile 1925). Questi in carriera ricoprì i ruoli di calciatore (attaccante) e di dirigente sportivo. La formula del torneo prevedeva che il club che per primo avesse inanellato tre vittorie consecutive o cinque complessivamente avrebbe conquistato per sempre il trofeo. La prima edizione del 1901 fu vinta dal Milan battendo in finale il Genoa. Successivamente, il grifone rossoblù trionfò nelle successive tre edizioni (1902, 1903, 1904) aggiudicandosi per sempre la «Coppa Fawcus».
Tale Coppa è stata altresì ribattezzata col nome di «Coppa della Regina Elisabetta II». Ciò è dovuto ad un evento storico-politico-diplomatico occorso nel 1980. In particolare, il 16 ottobre 1980 Sua Maestà la Regina Elisabetta II, accompagnata dal suo reale consorte il Principe Filippo di Edimburgo, venne in visita ufficiale a Genova nella sede del Comune a Palazzo Doria Tursi (detto anche Palazzo Niccolò Grimaldi), accolta dall’allora sindaco Fulvio Cerofolini e dalla moglie Ardenia Dellepiane. In quell’occasione, in segno di riconoscenza, il trofeo fu donato alla sovrana britannica: un gesto a voler simboleggiare le storiche relazioni amichevoli intercorse tra il capoluogo ligure e la comunità anglosassone nonché volto ad evocare e ringraziare l’opera della “colonia britannica” di cui facevano parte i fondatori del Genoa Cricket and Football Club. Tuttavia, la Regina Elisabetta II decise di non ritirare il suddetto cimelio sportivo. Le ragioni vanno ricercate sia nel protocollo di corte, che prevedeva la possibilità per i sovrani di accettare doni principalmente da Capi di Stato, sia nell’espressa volontà della defunta monarca che preferì non far “espatriare” il trofeo. Infatti, la Regina riteneva sufficiente la dedica del trofeo che da allora prendeva il suo nome, in aggiunta a quello originario che ricordava il primo donatore di tale Coppa. Il trofeo può essere ammirato al Museo della storia del Genoa.
DAL 1905 AL 1907: LA “COPPA SPENSLEY” – Concluso il ciclo di vita anche della «Coppa Fawcus», fu la volta della «Coppa Spensley». L’ambito premio fu offerto alla F.I.F. dal portiere britannico del Genoa James Richardson Spensley (Stoke Newington, 17 maggio 1867 – Magonza, 10 novembre 1915). Il trofeo fu realizzato dallo scultore genovese Edoardo De Albertis (Genova, 26 gennaio 1874 – Genova, 12 luglio 1950). La formula del torneo prevedeva che il club che per primo raggiungeva tre vittorie consecutive o cinque complessivamente conquistava definitivamente il trofeo. La prima edizione del 1905 andò alla Juventus, mentre le due successive furono dominate dal Milan (1906, 1907). I rossoneri, pronti all’assalto al terzo titolo consecutivo nel 1908, furono però spiazzati da una delle più dibattute delibere assembleari che la F.I.F. abbia mai preso. In dettaglio, nel corso dell’assemblea federale del 20 ottobre 1907, l’allora Presidente dell’Andrea Doria Zaccaria Oberti propose di scindere il campionato in due tornei principali: a) “Campionato Federale di Prima Categoria”, che consentiva la partecipazione anche ai calciatori stranieri affiliati alle società iscritte alla Federazione; b) “Campionato Italiano di Prima Categoria”, a cui prendevano parte solo squadre federate composte da giocatori italiani o nazionalizzati. L’obiettivo federale era quello di avviare un processo forzoso di nazionalizzazione del movimento calcistico italiano. La delibera non fu vista di buon occhio soprattutto dai numerosi Football Club esterofili ossia le c.d. “squadre spurie internazionali” (così definite per la presenza nelle loro file di molti calciatori stranieri, un aspetto questo che per la concezione del tempo era tale da farle considerare di qualità tecnica superiore e, quindi, sulla carta avvantaggiate rispetto alle compagini composte da soli giocatori italiani). Tali “squadre spurie internazionali” ritenevano loro preclusa la possibilità di fregiarsi del titolo di “Campione d’Italia”, rispetto al titolo sportivo di “Campione federale d’Italia” che fu reputato di rango inferiore per via del suo presunto minor prestigio. La rivolta fu talmente accesa che molti club finirono col boicottare entrambi i campionati. In un simile scenario, a poco valse l’escamotage provato dalla F.I.F. di etichettare il campionato federale come torneo di “maggior gara” rispetto a quello italiano, al solo scopo di conferirgli un’aura di grande blasone. Le squadre con giocatori stranieri, comunque, non placarono la loro protesta, in quanto il campionato federale era, tra le altre cose, aperto solo agli stranieri aventi una stabile residenza o dimora nella penisola italica: ciò al fine di contrastare la tendenza di grandi club di acquistare temporaneamente i servigi di giocatori stranieri – soprattutto elvetici – per disputare solo alcuni match. Inoltre, i grandi club temevano che questa politica di nazionalizzazione rappresentasse soltanto il primo passo verso la totale rimozione dalle rose dei club italiani dei calciatori stranieri. E così nel 1908, nel Belpaese si disputarono due campionati: uno federale ed uno italiano. Il Milan per protesta non partecipò a nessuno dei due campionati. La Juventus vinse quello federale del 1908, che prevedeva l’assegnazione della «Coppa Spensley». Tuttavia, i bianconeri non ricevettero alcun trofeo sia perché il campionato federale del 1908 fu disconosciuto sia perché, nel frattempo, il Milan aveva già restituito il prezioso riconoscimento al suo originario donatore britannico ossia James Richardson Spansley. Al termine del campionato del 1908, molti club cominciarono un’opera di lento e graduale rappacificamento con la F.I.F.; successivamente, in seno all’assemblea federale dell’8 novembre 1908, la F.I.F. decise di assegnare definitivamente la «Coppa Spensley» al Milan. In seguito, come sopra riferito, non essendo stata riconosciuta la vittoria della Juventus nel Campionato Federale di Prima Categoria del 1908, la Coppa Spensley» si reputa che sia stata, dunque, ufficialmente disputata e vinta tre volte da due squadre (Juventus una vittoria, Milan due vittorie). Il trofeo è ora stabilmente esposto all’interno del Museo della storia del Genoa.
IL 1908: LA “COPPA ROMOLO BRUNI” – In considerazione del “doppio” torneo calcistico nazionale (federale e italiano) scaturito dalle scelte organizzative della F.I.F. del 20 ottobre 1907 (vedi sopra), va precisato che per i vincitori del neonato Campionato Italiano di Prima Categoria era prevista l’assegnazione della stupenda «Coppa Romolo Bruni». Il trofeo fu messo in palio da Romolo Bruni (Milano 18 maggio 1871 – Milano 14 maggio 1939, che fu un’importante personalità dello sport italiano. Egli, infatti, si distinse non solo quale ciclista vincente ed affermato (pistard), ma anche come dirigente e mecenate sportivo capace tra le altre cose di fondare il 16 gennaio 1902 con Ambrogio Ferrario e Gilberto Marley l’Unione Sportiva Milanese operante dapprima nel ciclismo e, successivamente, nel calcio. A dire il vero, la Coppa era già stata messa in palio da un paio d’anni per tornei nazionali secondari la cui vittoria non conferiva il titolo sportivo di “Campione d’Italia”. Infatti, nel 1906 e nel 1907 la «Coppa Romolo Bruni» fu conquista dall’U.S. Milanese. La vittoria del trofeo in questione iniziò, invece, ad essere abbinata al titolo di “Campione d’Italia” nel 1908 allorché la F.I.F. decise di attribuire tale merito sportivo al club che si sarebbe imposto nel Campionato Italiano di Prima Categoria, nato dalla delibera della Federazione del 20 ottobre 1907 (vedi sopra). La prima edizione del Campionato Italiano di Prima Categoria valida per l’assegnazione del titolo di “Campione d’Italia” ebbe luogo nel 1908 e fu vinta dalla Pro Vercelli. La successiva ed ultima edizione del 1909 della «Coppa Romolo Bruni» vide il trionfo della Juventus, sebbene la F.I.F. non riconobbe il titolo. Ai fini dell’albo d’oro del campionato italiano, fu considerato infatti come “Campione d’Italia” la Pro Vercelli che sempre nel 1909 conquistò la vittoria nel Campionato Federale di Prima Categoria. Il motivo, come sopra accennato, è semplice: i Football Club (ossia le “squadre spurie internazionali”) decisero di manifestare il loro dissenso nei confronti della delibera della F.I.F. (che aveva istituito due tornei calcistici paralleli) partecipando in blocco al campionato federale. Così facendo la F.I.F. fu obbligata a riconoscere al Campionato Federale di Prima Categoria le “vesti” del solo ed unico campionato ufficiale, la cui vittoria garantiva il titolo di “Campione d’Italia”. Infine, la «Coppa Romolo Bruni» venne consegnata nel 1910 alla Pro Vercelli quale miglior squadra del Belpaese, che era composta esclusivamente da giocatori italiani: tuttavia, in questa circostanza il trofeo ebbe solo la valenza di semplice riconoscimento sportivo secondario e di importanza ben inferiore al titolo di “Campione d’Italia”.
DAL 1909 AL 1914: LA “COPPA ZACCARIA OBERTI” – Il Campionato Federale di Prima Categoria del 1908 fu disconosciuto dalla F.I.F. a causa del suo boicottaggio operato da molte società calcistiche italiane (vedi sopra). A partire dal 1909, la F.I.F. stabilì che la squadra vincitrice del Campionato Federale di Prima Categoria si aggiudicava il titolo di “Campione d’Italia”. La vittoria del campionato era celebrata con la consegna di un nuovo e meraviglioso trofeo: la «Coppa Zaccaria Oberti». Tale premio prese il nome dall’allora Presidente dell’Andrea Doria: Zaccaria Oberti. Come sopra accennato, la prima edizione del 1909 fu conquistata dalla Pro Vercelli. Nel 1910 la «Coppa Zaccaria Oberti» andò all’Internazionale F.C., società nata da poco meno di due anni e già capace di vincere il titolo nazionale (data di fondazione: 9 marzo 1908). Le successive tre edizioni (1911, 1912, 1913) videro il dominio incontrastato della Pro Vercelli. Nel 1914, il trofeo fu vinto dal Casale.
DAL 1924 LA COMPARSA DELLO “SCUDETTO” – L’idea dello “Scudetto” non poteva che essere figlia della mente geniale
di un grande poeta, scrittore, politico e patriota italiano: Gabriele D’Annunzio (Pescara, 12 marzo 1863 – Gardone Riviera, 1 maro 1938). Infatti, in occasione di una amichevole di una selezione militare italiana, il celebre poeta abruzzese ebbe la perspicacia di suggerire di far decorare le maglie dei giocatori appunto con uno scudetto tricolore.
Da lì a poco, nel 1924 a Torino l’assemblea della FIGC decretò ufficialmente che la squadra vincitrice del Campionato avrebbe cucito nella successiva stagione sulla maglia uno “Scudetto” tricolore. Nella sostanza, veniva applicato uno stemma sulle casacche da gioco del club campione in carica. Tale stemma consisteva in un distintivo a forma di “scudo” (da qui la parola “Scudetto”), al cui interno fossero racchiusi come ornamenti esteriori i tre colori della bandiera italiana del tempo ossia il verde, il bianco ed il rosso. Tuttavia, si fa notare che la fascia bianca del tricolore esponeva al centro lo stemma di Casa Savoia ossia una croce bianca su campo rosso. Infine, al di sopra dello scudetto era riportata la corona sabauda.
Il 10 ottobre 1924 il Genoa Cricket and Football Club fu la prima squadra italiana ad avere l’onore di scendere in campo con lo scudetto cucito sul petto delle proprie maglie.
Dal 1931–1932 fino al 1943, lo scudetto lasciò il posto allo stemma di Casa Savoia affiancato dal fascio littorio. Dopo la fine del Seconda Guerra mondiale, dalla stagione 1945–1946 i vincitori del campionato tornarono a cucirsi sulla loro maglia lo scudetto, ormai sfornito di ogni qualsivoglia riferimento allo stemma sabaudo.
DAL 1960-1961: LA “COPPA CAMPIONI D’ITALIA” – Dalla stagione 1960–1961, la F.I.G.C. decise di onorare la squadra vincitrice della Serie A mediante l’assegnazione dell’attuale «Coppa Campioni d’Italia». L’opera è stata architettata dal grande scultore e medaglista Ettore Calvelli (Treviso, 5 ottobre 1912 – Ponte di Legno, 5 gennaio 1997). La struttura della Coppa si erge su di un piedistallo in pietra sodalite blu con al centro una ghiera dorata che riproduce un’allegoria di atleti. Il trofeo ha un valore stimato pari a circa sessantamila euro. Sulla base in oro sono trascritti i nomi di tutti i club che, a partire dalla stagione sportiva 1960–1961, hanno vinto il campionato di Serie A. Originariamente, le dimensioni della «Coppa Campioni d’Italia» erano: altezza 45 cm, peso 5 kg. Successivamente, per ragioni connesse alle necessità delle riprese televisive, le misure del trofeo furono aumentate: altezza 58 cm, peso 8 kg. Fino alla stagione 2003–2004, la premiazione avveniva con una cerimonia in forma privata, che veniva celebrata nella sede della Lega Nazionale Professionisti. Questa è la principale motivazione per la quale tale trofeo era poco conosciuto. Tuttavia, dalla stagione 2004–2005, coerentemente a quanto avveniva già nei principali campionati calcistici europei, il rito della consegna della «Coppa Campioni d’Italia avviene direttamente in campo (vedi sopra). Una volta che la “matematica certezza” è tale da decretare la vittoria del campionato, la consegna della Coppa al club vincitore avviene al termine dell’ultimo match di campionato disputato in casa; qualora, invece, la conquista del campionato possa essere decisa solo all’ultima giornata di campionato, il rituale dell’assegnazione del trofeo avrà luogo nell’immediato post-partita. Il trofeo originale rimane di proprietà della Lega di Serie A ed il club vincitore lo detiene solo in custodia. Alla riconsegna alla Lega Serie A, il club vincitore riceve una replica in scala ridotta del prezioso trofeo. La Juventus fu la prima squadra ad essere premiata con questo trofeo. La Juventus fu anche la prima squadra ad essere premiata direttamente sul campo, sebbene il titolo di quella stagione – come tutti sappiamo – venne revocato a seguito delle sentenze giudiziarie connesse alle note vicende di Calciopoli (titolo che non fu oggetto di ulteriore assegnazione). Ad oggi, l’ultima «Coppa Campioni d’Italia» è stata assegnata all’Inter.
Articolo a cura di Francesco Ciavarella
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