Narcotraffico: in Ecuador scatta l’ora della morte

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In pochi anni il Paese sudamericano è diventato un hub fondamentale per lo smistamento di sostanze stupefacenti. Il crimine organizzato sfida il Governo. E al momento sta vincendo.

Le elezioni presidenziali del 2025 si avvicinano per l’Ecuador e il presidente Daniel Noboa ha già cominciato la sua corsa al consenso cercando la riconferma. Il principale argomento delle agende elettorali è senza dubbio il contrasto al narcotraffico e alla criminalità organizzata. La scorsa settimana, infatti, Noboa ha proposto di ripristinare l’intervento militare estero sul territorio nazionale: l’ultima presenza di truppe statunitensi risale a 15 anni fa, nel porto di Manta, che ancora oggi è tra i principali teatri di scontro – così come altre città costiere quali Guayaquil e Duràn.

L’ex presidente Correa nel 2009 aveva nazionalizzato la sicurezza, ma per Noboa si trattò di un grave errore. “Sostenevano di ridare all’Ecuador la propria sovranità, ma hanno consegnato il Paese nelle mani dei narcotrafficanti. Si tratta di un conflitto transnazionale – ha spiegato – per cui c’è necessità di un sostegno anche internazionale”. Questa la posizione di Noboa a sostegno dell’iniziativa legislativa che iscriverebbe nella Costituzione il ricorso a truppe militari straniere per smantellare il narcotraffico in Ecuador – che lo vede coinvolto a livello internazionale in quanto zona di passaggio dal Sud America verso gli Stati Uniti e l’Europa.

Noboa non ha mai nascosto le sue posizioni interventiste: già lo scorso gennaio, appena insediatosi al Carondalet di Quito dopo la vittoria dell’ottobre 2023, propose una serie di modifiche costituzionali, molte delle quali proprio in ambito sicurezza – come l’estradizione negli Stati Uniti e la presenza di pattuglie militari sulle strade. La sua proposta, adesso, dovrà passare al vaglio della Corte Costituzionale per poi andare al voto del Parlamento. Se votata, sarà oggetto di referendum nazionale, come ogni legge di ratifica costituzionale.

Il narcotraffico, in Ecuador, negli ultimi anni ha letteralmente sconvolto il Paese. Secondo fonti nazionali del Ministero dell’Interno, nel 2023 si è registrato il tasso di omicidi più elevato di tutta la regione sudamericana, con 46 morti violente ogni 100.000 abitanti e un incremento del 71,5% rispetto al 2022. E per i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Delitto (UNODC), il 2023 ha registrato 8.008 morti violente contro le 4.426 dell’anno precedente – un dato che rappresenta un incremento dell’800% rispetto a solo cinque anni fa.

Un’escalation che ha visto il culmine proprio nel momento dell’entrata in scena di Noboa. Lo scorso inverno, infatti, ci furono numerose rivolte nelle carceri – già in mano alle gang – e aspri e continui scontri in molte città. Il culmine – clamoroso – fu l’assalto agli studi della TV pubblica, che finì per trasmettere in diretta l’attacco: il governo rispose dichiarando lo stato di emergenza per 2 mesi e inserendo 22 band di trafficanti nella lista dei terroristi. Anche oggi, in attesa delle novità legislative, Noboa ha previsto un regime di coprifuoco notturno per sei province, contestuale al restringimento di utilizzo della corrente elettrica. La crisi energetica, infatti, è un altro dei problemi che affligge il Paese ee anche in questo caso il Presidente intende affrontarlo a suon di restrizioni.

La linea interventista del governo, tuttavia, non ha fiaccato il crimine organizzato. Le gang, infatti, hanno alzato il tiro in diverse occasioni: a gennaio è stato ucciso Cesar Suarez, il procuratore che indagava sull’assalto alla stazione televisiva e che seguiva numerose inchieste su narcotraffico e criminalità nella provincia di Guayas. Il giornalista e candidato presidenziale Fernando Villacencio, invece, è stato assassinato in piena campagna elettorale per le promesse di un Ecuador libero da droga e corruzione.

Secondo uno studio sulle condizioni di impiego del Governo nel 2022, solamente il 34% della popolazione ha un’occupazione “adeguata” al costo della vita. Circa il 30% dei 18 milioni di abitanti del Paese sudamericano vive in povertà e l’11% si trova in condizioni di in povertà estrema. Uno scenario simile favorisce le alternative delittuose: un tempo, in Ecuador, banane, petrolio e turismo erano le industrie principali; oggi il business principale è il narcotraffico .

Ciò che desta maggior preoccupazione, per gli analisti nazionali, è la capacità delle bande di coalizzarsi contro le istituzioni. Situazione paradossale, visto che l’interesse comune prevale sulle lotte intestine per spartirsi il territorio. Indebolire il governo, infatti, è la strategia che ha trasformato l’Ecuador in un “narcostato”.

Articolo a cura di Sara Gullace

Immagine di copertina via Unsplash

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