Avere le mestruazioni durante la guerra: un disagio silenzioso
Avere le mestruazioni durante una guerra è un grande disagio. Molte associazioni umanitarie, tra cui ActionAid, denunciano condizioni igieniche precarie specialmente per le donne, sia a Gaza che in Libano, dove le malattie iniziano a proliferare.
Il disagio di viaggiare con le mestruazioni
Prima di un viaggio, una delle mie maggiori apprensioni è di dover partire con le mestruazioni. I dolori dei crampi, il dover andare più volte in bagno, il non poter lavarsi adeguatamente per un periodo prolungato, il doversi ricordare di portare i cambi, la gestione degli sbalzi di umore. Tutti fattori, questi, che mi costringono, se non a organizzare il viaggio in base alla fase del ciclo in cui mi trovo, sicuramente a consultare in modo ossessivo le statistiche della mia app di monitoraggio, invocando la dea fortuna che mi scampi da quel disagio.
Questo nonostante io abbia sempre a disposizione tutto ciò che mi serve: assorbenti monouso e prodotti riutilizzabili, B&B muniti di sanitari con acqua corrente pulita, bagni di bar e ristoranti con porte e chiavi, farmacie ultra fornite di antidolorifici. Insomma, quel delicato momento fatto di sentimenti contrastanti, che è fonte di disagio, ma che mi aiuta ad essere più dolce con me stessa, che mi induce al lamento ma anche alla gioia di essere in salute, a me è concesso di viverlo con tutta la libertà e l’intimità che necessita.
L’igiene mestruale non è la norma
Questa condizione, che dovrebbe essere la norma, anche perché vissuta dalla metà delle persone sulla terra, non lo è affatto. La Banca Mondiale stima che almeno 500 milioni di donne e ragazze nel mondo non abbiano le strutture necessarie per gestire il ciclo mestruale. Inoltre, 1,25 miliardi di donne non hanno accesso a un bagno sicuro e privato e 526 milioni non hanno servizi igienici. Alcune delle cause sono da ritrovarsi nella mancanza di risorse economiche, individuali o dello stato, nei prezzi alti dei prodotti mestruali, nelle discriminazioni sociali, nel basso tasso di educazione e negli eventi estremi dati dalla crisi climatica. Situazioni che vengono esacerbate dallo scoppio delle guerre.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, dopo i bombardamenti israeliani in Libano, più di 608.000 persone sono attualmente sfollate nel Paese. Questo significa che hanno avuto l’ordine di lasciare le proprie abitazioni, prendendo con sé pochissimi effetti personali e senza sapere quando e se torneranno nella propria casa. Non proprio una vacanza in un B&B di lusso. Di questi, circa 170.000, non avendo un altro posto dove andare, sono alla ricerca di riparo in edifici adibiti a rifugi. Più di 12.000 persone stanno vivendo in abitazioni fatiscenti, tende, parchi o per strada. Nella striscia di Gaza sono circa 1,7 milioni le persone fuggite dalle proprie case per cercare rifugio in scuole, ospedali, tunnel e tendopoli. E più della metà sono donne e ragazze che, una volta al mese, perdono sangue.
La situazione dei bagni in Libano e a Gaza
In uno scenario di guerra, il fatto di avere le mestruazioni sembrerà una questione di poco conto. Invece, uno dei maggiori problemi durante un’emergenza è proprio la mancanza dei servizi igienici, poiché accresce il disagio e aumenta le file dei morti a causa delle malattie. “Il caos delle ultime settimane ha portato shock e panico in tutto il Libano. Anche nei migliori scenari nei rifugi il rapporto è di una doccia per ogni 100 persone, rendendo davvero difficile mantenere l’igiene e la dignità personale per le donne durante il ciclo“, ha affermato in un comunicato stampa Sabine Abiaad, coordinatrice delle campagne regionali di ActionAid con sede a Beirut.
Secondo l’UNRWA, a Gaza la situazione è anche peggiore. In media, i bagni sono uno su 486 persone. Le 700.000 ragazze e donne periodicamente in mestruazione devono attendere il loro turno in coda per ore. Ore in cui il sangue continua a scorrere. Come ha documentato la giornalista palestinese Bisan Owda, che mostra su Instagram (@wizard_bisan1) immagini e video agghiaccianti sulla vita nella striscia di Gaza, le donne vivono in grande difficoltà anche per la mancanza di assorbenti. In un altro video mostra che il bagno dell’accampamento di tende di Khan Younis consiste in un cestino della spazzatura incastrato per terra.
L’acqua a Gaza prima e dopo il 7 ottobre
A Gaza, molto prima del 7 ottobre 2023, l’accesso all’acqua potabile e sicura era già limitato a causa di decenni di occupazione israeliana. Oltre 1,1 milioni di palestinesi non avevano servizi idrici e igienico-sanitari adeguati e l’82,5% dei residenti dipendeva dall’acqua fornita dai camion di associazioni umanitarie e dalle condutture che da Israele giungono a Gaza. Oggi, l’approvvigionamento idrico è del 7% rispetto ai livelli precedenti al 7 ottobre, anche perché solo il 17% dei pozzi di acqua sotterranea è operativo. Tutti gli altri sono stati distrutti o danneggiati.
Le persone, quindi, hanno accesso in media a 1,5-2 litri di acqua al giorno, al di sotto dei 3 litri necessari per la sopravvivenza di base (bere, mangiare e lavarsi le mani per evitare contaminazioni) e molto al di sotto dei 15 litri minimi a persona al giorno per coprire tutte le esigenze legate ai servizi igienici, come lavare se stessi e il luogo in cui si vive. Pensiamo che, secondo l’Istat in Italia nel 2020 sono stati erogati dai servizi idrici circa 215 litri di acqua potabile per persona al giorno.
Scarsa igiene e malattie
In aggiunta, non vi è alcun modo per garantire che la poca acqua che i palestinesi ricevono sia davvero pulita, se non quella delle bottiglie chiuse che, quando Israele lo decide, giungono di tanto in tanto dagli aiuti umanitari. Come testimonia Bisan Owda, nella striscia di Gaza le malattie della pelle e dell’intestino si stanno diffondendo molto rapidamente. Anche perché nelle tende le persone dormono tra topi, vermi e liquami senza potersi lavare con acqua pulita per settimane, come si legge nel report Addressing Period Poverty dell’organizzazione Anera.
Possiamo solo immaginare cosa significhi per le donne gazawe affrontare i giorni delle mestruazioni in queste condizioni. Come ciliegina sulla torta, gli accessori per gestire il sanguinamento ormai hanno prezzi proibitivi per mancanza di approvvigionamenti.
Il disagio delle mestruazioni in Libano
Anche in Libano vi è un grave problema di approvvigionamento di prodotti mestruali già da prima dello scoppio del conflitto. Dal 2019 il popolo libanese sta affrontando una grave crisi economica. La valuta nazionale infatti ha perso il 93% del suo valore, il che ha causato un’iperinflazione. Secondo il report di Anera, Il prezzo degli assorbenti igienici e altri prodotti per le mestruazioni è aumentato del 500%. Questo significa che, se prima una scatola di assorbenti costava in media 2 dollari, dal 2019 ne costa 21. Pertanto, più della metà delle donne libanesi non può permetterseli.
Come si legge in un report di Frontiers sulla povertà mestruale in Libano, più della metà delle donne intervistate ha dichiarato di usare lo stesso assorbente per molto tempo. Il 34% di loro evita di svolgere attività quotidiane durante il mestruo per mancanza di un supporto adeguato. Quasi la metà, infine, ha dichiarato di vergognarsi del proprio ciclo, a causa della mentalità ancora tradizionalista che domina nel paese. Tutto questo provoca numerosi episodi di ansia e stress, disagio psicologico e sociale, ma anche malattie più o meno gravi dovute alla scarsa igiene.
Le soluzioni alla povertà mestruale in Libano
Le istituzioni del Libano non hanno mai fatto molto per affrontare il problema. Per fare un esempio, il governo, composto da sette uomini, nel 2020 ha stilato una lista di 300 prodotti da sovvenzionare perché diventassero più accessibili alla popolazione. Ebbene, hanno dato priorità ai rasoi da uomo, mentre gli assorbenti non rientravano nell’elenco.
Vi sono però in Libano alcune piccole realtà che agiscono localmente. Per esempio Jeyetna, un festival sulla povertà mestruale durante il quale hanno distribuito assorbenti in tutta la nazione. Oppure associazioni come Roof and Roots, WingWoman Lebanon, Dawrati (My Period) e UNFPA, cercano di informare in modo capillare la popolazione. Infatti, molte donne libanesi ancora non sanno in cosa consista il ciclo mestruale, credono che le coppette e gli assorbenti interni tolgano la verginità e sentono vergogna a parlarne con qualcuno e quindi anche a chiedere aiuto in momenti di disagio. Frontiers ha proposto un piano su vasta scala per affrontare la povertà mestruale. Gli stakeholders, per esempio, hanno suggerito all’associazione di localizzare le aziende produttrici di articoli mestruali, evitando l’export.
Questi progetti, se non sono stati vanificati, sono sicuramente stati resi più difficili a causa dell’inizio dei bombardamenti israeliani. Con migliaia di persone senza casa, senza lavoro e senza viveri, le priorità sono cambiate.
Gestire le mestruazioni durante la guerra
Per gestire le mestruazioni in un periodo di emergenza, quindi, donne e ragazze in Libano “si costruiscono assorbenti con dei sacchi neri della spazzatura legati intorno alla vita”, spiega in un comunicato stampa l’Unione democratica delle donne libanesi (RDFL), una delle Ong partner sul campo di ActionAid. Testimoni da Gaza affermano che le donne utilizzano stracci, pezzi di pannolino e vestiti. “Talvolta le donne lavano gli assorbenti usati” ha detto al Guardian una ragazza che si sta rifugiando nella scuola dell’UNRWA nel campo di Maghazi.
La zona di Rafah, l’unica della Striscia di Gaza con rifornimenti più frequenti per la presenza di un valico ancora accessibile dagli aiuti, da quando è stata occupata dall’esercito israeliano non è più sicura e la situazione è peggiorata anche per i rifornimenti di prodotti mestruali.
ActionAid ha saputo che alcune donne sfollate che vivono a Rafah stanno tagliando piccoli pezzi delle tende su cui fanno affidamento per ripararsi dal freddo e dalla pioggia, per usarli come sostituti dei prodotti per il ciclo mestruale, rischiando così di contrarre infezioni. Il Journal of Global Health Reports nel suo report “Period Poverty”, scrive che, quando va bene, le donne ricorrono alla semplice carta assorbente da cucina nella biancheria intima. Nei peggiori casi usano vecchie coperte, piume di pollo, giornali, fango secco e persino sterco di mucca, con conseguenti rischi significativi per la salute.
Altre insidie della povertà mestruale in periodo di guerra
Queste operazioni, inoltre, dovrebbero essere svolte nei bagni, che però sono condivisi con uomini e bambini. Alcune donne, quindi, si spostano in luoghi isolati, lontani dai rifugi, esponendosi a molestie, bombardamenti o spari. Trovare un luogo privato ma sicuro è ancora più difficile per le donne e le ragazze con disabilità che stanno già affrontando complicate sfide quotidiane.
Come riportato da Linah Alsaafin e Ruwaida Amer su Al Jazeera, sotto periodo di stress le mestruazioni possono diventare molto abbondanti e sopraggiungere anche due volte nello stesso mese. Oppure, al contrario, a causa della privazione di cibo, acqua e ancora alti livelli di stress, le mestruazioni possono interrompersi. È assurdo che ci troviamo ad auspicare questa possibilità a fronte della prima, essendo entrambe condizioni di salute precaria. A questo proposito, alcune donne di Gaza usano farmaci ormonali per interrompere le mestruazioni, il che può avere effetti collaterali negativi. Sempre che riescano a reperirli nelle desolate farmacie della striscia.
“Da un lato – ha concluso Sabine Abiaad nel suo comunicato – è un altro esempio di come le donne trovino il modo di affrontare nelle emergenze condizioni inimmaginabili. Dall’altro, ricorda che i conflitti e le guerre tolgono alle donne tutto, anche la loro dignità”.
Il ruolo degli aiuti umanitari nella povertà mestruale
E gli aiuti umanitari? Come accennato precedentemente, le associazioni stanno facendo il possibile, fornendo kit igienici a donne e ragazze, che includono prodotti come sapone, assorbenti, salviette e disinfettanti. Ma le risorse economiche sono limitate e il numero di sfollati continua a crescere. UN Women stima la necessità di 10 milioni di assorbenti monouso ogni mese o 4 milioni di assorbenti igienici riutilizzabili per soddisfare le esigenze di donne e ragazze nella Striscia di Gaza. In più, gli aiuti sono molto limitati dai blocchi israeliani. Se persino gli Stati Uniti, in questo mese di ottobre 2024, hanno chiesto al premier Netanyahu di consentire l’accesso degli aiuti umanitari nella Striscia, minacciando un blocco dei rifornimenti di armi, significa che gli impedimenti perpetrati da Israele sono reali e hanno conseguenze tragiche.
L’importanza della salute mestruale
Come si legge sul report già citato della Banca Mondiale, promuovere la salute e l’igiene mestruale è un mezzo importante per salvaguardare la dignità, la privacy, l’integrità fisica delle donne. “Per questo è necessario integrare un’adeguata educazione al ciclo mestruale, sia nei ragazzi che nelle ragazze, al fine di ridurre stigmi e pregiudizi e per migliorare la condizione di salute e sociale delle donne”.
Se infatti le donne sono facilitate a entrare nel mondo dell’istruzione e del lavoro, sono anche favorite nel loro processo di emancipazione. Processo che, a quanto pare, nemmeno in Italia si ha molto a cuore. Infatti, con la nuova legge di Bilancio del 2024 la tassa sugli assorbenti è stata riportata al 10% dopo una riduzione al 5% nel 2022. Una situazione, la nostra, che in un’eventuale scenario di emergenza porterebbe le donne ad essere maggiormente danneggiate. Non diversamente da Paesi molto più lontani da noi e su cui abbiamo molti pregiudizi, come Libano e Palestina, dove i diritti mestruali (e molti altri, che non sono tema dell’articolo) non sono più considerati diritti umani.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità già nel 1948 aveva definito la salute come “uno stato di benessere fisico, mentale e sociale e non può essere considerata semplicemente una assenza di malattie o infermità”. Pertanto, un’igiene mestruale adeguata è una questione che riguarda i diritti umani e come tale dovrebbe essere trattata.
Articolo a cura di Iris Andreoni
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