Alluvione in Argentina: la crisi climatica è sempre più distruttiva

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Una nuova alluvione ha colpito l’Argentina nei primi giorni di marzo. Il presidente Milei, negazionista climatico, ha stanziato 10 miliardi di pesos per le località colpite. Sarà sufficiente?

Alluvione in Argentina assente dai media italiani

Un nuovo disastro naturale ha colpito l’Argentina. In particolare la zona di Bahia Blanca, una città di 350mila abitanti a sud della capitale Buenos Aires. Si tratta di un ennesimo tangibile effetto del cambiamento climatico, che deve essere rallentato e gestito il più velocemente possibile.

Ancora oggi, però, è visto come un fenomeno lontano, con leggeri effetti sulle nostre vite. È preoccupante la quasi totale assenza della notizia sui media italiani, colmi, anche a ragione, di notizie sulla politica europea e sul riarmo del nostro continente. È anche vero che trafiletti di gossip o sull’andamento della serie A trovano sempre ampio spazio, come se l’Italia non fosse già interessata da fenomeni naturali estremi causati dal cambiamento climatico e da una grave siccità che si protrae ormai anche nei mesi invernali. Guardare agli altri paesi come esempio, positivo o negativo, potrebbe essere una strategia preventiva efficace.

Alluvione in Argentina: le dinamiche

Vediamo quindi cosa è accaduto in Argentina. Lunedì 10 marzo una pioggia torrenziale si è abbattuta sull’area di Bahia Blanca con una forza e un’intensità con pochi precedenti. In otto ore, infatti, è caduta la quantità di pioggia che di solito cade in un anno, facendo straripare il fiume Maldonado, le cui acque hanno travolto molti quartieri della cittadina. I morti accertati sono sedici, ma ci sono ancora un centinaio di dispersi, tra cui due bambine di uno e cinque anni, che sono state strappate via dalle braccia della madre dalla corrente. Più di mille persone sono ora sfollate.

Il presidente Javier Milei ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale. Una triste ironia, visto che Milei sin dalla campagna elettorale ha seguito il filone trumpiano del contrasto alla scienza e, quindi, della negazione della crisi climatica. A febbraio il presidente argentino ha dichiarato di voler uscire dall’accordo di Parigi, definendo il cambiamento climatico una “bugia socialista”. Ha anche aggiunto che il cambiamento climatico non ha nulla a che fare con l’uomo, bensì con i cicli naturali delle temperature terrestri. Sicuramente, la Terra ha subito grandi variazioni di temperatura in passato, ma mai in così poco tempo. La concentrazione di CO2 è infatti sempre oscillata tra i 180 e 280 parti per milione (ppm), con il picco più basso durante le ere glaciali e quello più alto nei periodi più caldi. Oggi siamo a 420 ppm e nel 2024 abbiamo superato per la prima volta gli 1,5 gradi in più rispetto al periodo preindustriale. Per questo, gli ecosistemi, di cui l’essere umano fa parte, non hanno avuto la possibilità di adattarsi. Un esempio sono proprio le alluvioni, molto più frequenti, molto più improvvise e con una portata di acqua mai vista prima.

Crisi economica più urgente di quella climatica?

Nonostante i dati, Milei ha continuato a mantenere posizioni negazioniste e a dichiarare di voler sollevare il paese dalla piaga della povertà. Nulla da dire su questo punto anche perché, all’inizio del suo mandato, l’Argentina stava attraversando una delle peggiori crisi finanziarie al mondo, con un’inflazione che aveva quasi raggiunto il 300%. Milei aveva quindi dalla sua parte l’opinione pubblica. Un sondaggio Ipsos ha rilevato che solo il 4% degli argentini considerava la crisi climatica la preoccupazione principale, mentre il 49% ha citato la disoccupazione e il 45% povertà e disuguaglianza.

Il problema è il modo anacronistico in cui pensava di risollevare le sorti del paese, ovvero aumentando l’estrazione di combustibili fossili e minerali. Perciò, invece di attivare un’efficace campagna di informazione sui rischi dei cambiamenti climatici per mercati ed economia, e prendere in considerazione la transizione ecologica come alleata, una delle sue prime risoluzioni è stata quella di abbassare di grado il ministero dell’ambiente, che è diventato un sottosegretariato con meno fondi e meno potere.

La fine delle tutele ambientali

Di conseguenza, i fondi per la protezione ambientale sono diminuiti. Milei ha poi dichiarato la sua intenzione di rimuovere o allentare le leggi per la protezione delle foreste, dei parchi naturali e delle zone umide. In questo modo, si potrebbero autorizzare operazioni di deforestazione dove ora è attualmente vietata. Il fine sarebbe quello di facilitare le esplorazioni di risorse come minerali (oro, argento e rame), ma anche combustibili (gas e petrolio). In crescita in Argentina è anche l’estrazione e l’esportazione del litio, di cui il paese è ricco e che è molto richiesto per il mercato delle batterie.

Non solo. Secondo la rivista indipendente Climate Home News, Milei ha proposto di modificare la definizione di ghiacciaio, in modo che quelli più piccoli e quelli non precedentemente contabilizzati non potessero più essere considerati tali e quindi non più legalmente protetti. Il tutto, ancora una volta, perché sotto ai ghiacciai si potrebbero nascondere preziose risorse minerarie.

L’importanza dei ghiacciai in Argentina

Per capire l’entità del danno qualora si iniziasse a scavare sotto la superficie ghiacciata, bisogna sapere che l’Argentina ospita quasi 17.000 ghiacciai, il più grande dei quali, il Perito Moreno, copre una superficie di più di 250 mila km2. La presenza dei ghiacciai è importante per l’adattamento ai cambiamenti climatici. Innanzi tutto, sono una riserva di acqua potabile per persone e animali durante i sempre più lunghi periodi di siccità. Inoltre, grazie al biancore delle calotte, riflettono la luce del sole e quindi il calore, raffreddando la superficie terrestre.

Le esplorazioni nelle aree dei ghiacciai potrebbero minare la loro conservazione. Il ghiaccio, rompendosi, si scioglie più velocemente e la polvere e i residui lasciati sulla loro superficie la scuriscono, il che ridurrebbe la loro funzione di riflessione del calore. Anzi, una superficie scura assorbirebbe ancora più calore. In più ci sarebbe il rischio di contaminazione delle aree da cui hanno origine molti fiumi che portano acqua pulita a valle. Il responsabile delle campagne di protezione di foreste e ghiacciai di Greenpeace, Hernán Giardini, ha dichiarato che l’idea di poter estrarre minerali ai margini dei ghiacciai senza danneggiarli è come “togliere lo sportello del frigorifero e aspettarsi che il freezer non si sbrini”.

Alluvione in Argentina: un danno all’economia

Questa accelerazione sull’estrattivismo ha portato a una riduzione dell’inflazione, ma povertà e disoccupazione sono aumentate. Mentre l’emergenza climatica non è certo rientrata, e così nemmeno i disastri naturali e la capacità del paese di arginarli. Anzi, a fronte di tagli ai fondi per l’ambiente che avrebbero dovuto aiutare l’economia, il governo ha dovuto stanziare 10 miliardi di pesos di aiuti, sia per costruire spazi di emergenza per le persone e per dare loro da mangiare, sia per la ricostruzione. Senza contare il blocco di centinaia di attività commerciali che tenevano viva l’economia. Insomma, quel denaro “risparmiato”, ora lo stanno restituendo all’ambiente con gli interessi.

Articolo a cura di iris Andreoni

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